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Ivrea
17 Aprile 2025 - 10:59
Ai Navigli
Tutto previsto, tutto evitabile. E invece, puntualmente, è successo. La legna tagliata e accatastata lungo le rive della Dora Baltea tra Banchette e Ivrea, dopo giorni di pioggia incessante, è finita tutta nei Navigli di Ivrea, trasportata dalla corrente impetuosa e trasformata in un tappo che ora minaccia seriamente l’argine. Uno scenario che un tempo sarebbe stato definito “naturale”, ma che oggi ha un solo colpevole: l’intervento umano.
Perché quegli alberi – è bene precisarlo – non sono stati sradicati dalla piena, non si tratta di arbusti trascinati via dalla forza del fiume. Quelle che ora si ammucchiano come bastoni da Mikado ai Navigli, alle spalle di piazza del Rondolino, nei pressi del ponte passerella, sono tutte piante tagliate con la motosega, tronchi recisi con precisione chirurgica e poi abbandonati in riva al fiume come legna da ardere in attesa di miglior fortuna. Il destino ha voluto che quella “fortuna” fosse una piena. E il risultato è che l’acqua, ora, non defluisce più regolarmente: preme, si accumula, erode. E l’argine si sgretola.
Un disastro costruito a tavolino, letteralmente. Qualcuno ha deciso di tagliare, qualcun altro ha autorizzato, e nessuno ha vigilato sullo sgombero delle cataste. È così che la manutenzione diventa sabotaggio. E il rischio idrogeologico, già altissimo per natura, viene elevato all’ennesima potenza dalla mano dell’uomo.
UN CITTADINO non usa mezzi termini: “Spero che la Procura apra un fascicolo quantomeno per appropriazione indebita da parte del Comune di Ivrea, che si è presa tutta la legna di Banchette”.
Una frase che, nella sua ironia amarissima, fotografa un cortocircuito amministrativo: chi taglia, chi lascia, chi prende, chi tace. E poi chi paga: i cittadini.
Intanto i Navigli sono ostruiti, il livello dell’acqua sale, i residenti iniziano a preoccuparsi, e l’argine, già fragile, mostra i primi segni di cedimento. Con le immagini che rimbalzano sui social, il sospetto diventa certezza: non è stata la natura, è stata l’incuria.
E mentre si cercano i colpevoli – tra silenzi, rimpalli e uffici tecnici – la Dora continua a scorrere. Ma stavolta non solo porta con sé fango e rami, trascina anche la responsabilità di un sistema che ha perso il controllo persino del buon senso.
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