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Cronaca

L’ultimo abbraccio sotto la pioggia: Settimo piange Giuseppe Valsania

In centinaia, con gli occhi lucidi e gli ombrelli aperti, per dire addio a un uomo che ha donato tutto alla sua comunità. Il feretro accolto dagli Alpini nella sede di via Palestro, poi il saluto commosso nella chiesa di San Pietro in Vincoli

L’ultimo abbraccio sotto la pioggia: Settimo piange Giuseppe Valsania

Giuseppe Valsania

Le gocce di pioggia, cadute lente e insistenti, non hanno fermato l’affetto. Né lo hanno nascosto. Si sono confuse con le lacrime, sulle guance e tra le pieghe delle divise delle penne nere che, in silenzio, si sono disposte per l’ultimo picchetto d’onore. La città ha salutato questa mattina Giuseppe Valsania, uomo mite e generoso, simbolo di un impegno che non ha mai cercato riflettori.

FOTO TANCREDI PISTAMIGLIO

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Il corteo funebre ha fatto tappa nella sede degli Alpini di via Palestro, quella sede a cui Valsania ha dedicato anni di lavoro e passione, e che oggi ha voluto restituirgli un ultimo gesto di riconoscenza. È lì che si è fermato il feretro, davanti alla sua “casa” alpina, quella che ha visto crescere generazioni di volontari e dove ogni mattonella racconta storie di fatica condivisa.

La pioggia ha accompagnato anche il cammino verso la chiesa di San Pietro in Vincoli, dove la comunità si è raccolta per l’addio. Un saluto composto, profondo. In tanti si sono stretti attorno alla moglie Margherita, ai figli Marco e Massimo, e a tutti coloro che hanno camminato con lui lungo il sentiero del volontariato. 

Valsania, ex vigile urbano in servizio fino al 1996, non ha mai smesso di essere al servizio degli altri. Prima accanto alla moglie nell’azienda agricola di famiglia, poi nel cuore delle associazioni: dagli Alpini alla Famija Setimeisa, dalla Fidas alla Croce Rossa, dove ha prestato servizio per oltre venticinque anni. E ancora il suo ruolo di priore di Sant’Antonio Abate, le tradizioni popolari, le feste contadine, le celebrazioni religiose.

Era un uomo che, senza alzare la voce, riusciva a farsi ascoltare. Non perché imponeva, ma perché ispirava. Con la coerenza, con la presenza, con la disponibilità che non faceva rumore. Le sue medaglie, quelle al merito per il dono del sangue e per la Croce Rossa, e persino l’onorificenza da Cavaliere della Repubblica, sono simboli materiali di un’umanità concreta, fatta di piccoli gesti ripetuti nel tempo.

Chi lo ha conosciuto sa che Giuseppe Valsania non cercava gratitudine. Preferiva fare piuttosto che parlare. Preferiva esserci piuttosto che farsi notare. Per questo la sua assenza, oggi, è così ingombrante. Perché era uno di quelli su cui si poteva sempre contare. Un volto buono nelle cerimonie ufficiali, una mano operosa durante i lavori di ristrutturazione della sede Alpini, una presenza silenziosa e costante.

E mentre la pioggia continuava a cadere, i tanti che l’hanno accompagnato nel suo ultimo viaggio hanno capito che non si stava solo seppellendo un uomo. Si stava salutando un esempio. E in un tempo in cui i riferimenti sembrano svanire, la sua figura resta scolpita nella memoria collettiva. Un’eredità che non ha bisogno di parole, ma che si trasmette nei gesti.

Giuseppe Valsania lascia una città che lo ha amato e che oggi, sotto un cielo grigio ma carico di riconoscenza, lo ha abbracciato per l’ultima volta.

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