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Il Movimento 5 Stelle ha un nuovo leader: si chiama Juan Domingo Peron

Ucraina, Putin e la retorica del Movimento 5 Stelle: una riflessione controcorrente

Il Movimento 5 Stelle ha un nuovo leader: si chiama Juan Domingo Peron

Il Movimento 5 Stelle ha un nuovo leader: si chiama Juan Domingo Peron

Una decina di giorni fa su questo giornale ho abbozzato qualche piccolo commento sulla manifestazione “per la pace” organizzata dal Movimento 5 Stelle sabato 5 aprile a Roma. L’ho definita una manifestazione non per la pace, ma di ferocia verso l’Ucraina.

È vero che il Movimento lancia un appello di carattere generale “no al riarmo”. Ma il suo interesse per la questione delle armi è cominciato quando nel febbraio 2022 le forze armate della Federazione Russa hanno aggredito l’Ucraina. Fu allora che il Movimento si mostrò contrario ad aiutare militarmente il paese aggredito. Tutto comincia da lì, dall’Ucraina: gira gira il Movimento 5 Stelle continua a non volere che l’Italia aiuti gli ucraini a difendersi con le armi. Vinca pure l’autocrate Putin, purché gli ucraini la smettano di affliggerci con le loro fastidiose richieste di aiuto, che ci fanno andare di traverso l’aperitivo prima di cena. Niente di nuovo.

Da tempo il Movimento 5 Stelle è il Partito Russo d’Italia, in concorrenza con la Lega di Salvini. Un curioso partito del “campo progressista” che in politica internazionale si fila l’estremista di destra Putin.

Contrariato dai miei commenti, un sostenitore chivassese del Movimento 5 Stelle mi ha mandato su Facebook il video dell’intervento svolto dal professor Alessandro Barbero ai manifestanti di Roma. Il tono dell’attivista era di quello di chi la sa lunga e più o meno mi sollecita: “Ascolta e impara!”. L’argomento del discorso di Barbero potremmo riassumerlo con queste parole: “Per quale follia i politici europei ci stanno portando verso la guerra?”.

Il professor Barbero è veramente titolato a impartirci una lezione di storia contemporanea? Barbero è uno specialista dell’Europa medioevale, non dell’Europa contemporanea: le specializzazioni non si inventano, richiedono anni di studio. I 5Stelle sono di bocca buona e per loro va bene tutto: anche un medievista invitato a parlare delle guerre del Novecento. Assomigliano ad uno col mal di denti che si rivolge al dermatologo.

Ma non è nemmeno questo il punto. A Roma Barbero non parlava da studioso, ma da politico. Teneva un comizio davanti a una folla di militanti. Uno studioso cerca qualcosa che possa avvicinarsi alla verità, qualunque cosa intenda per verità, mentre il politico fa un altro mestiere: il politico cerca di persuadere. E per persuadere qualche volta è serio, ma spesso non lo è, e ricorre agli espedienti classici. Uno è semplicemente mentire, cioè dire il falso. Un altro è occultare, cioè nascondere la verità. Un terzo è di parlare d’altro: è stata questa la scelta di Barbero.

Il professore ha infatti paragonato il momento attuale al periodo precedente la Prima guerra mondiale. Un periodo interpretato all’incirca in questo modo: dei folli, sia popoli sia governanti, scivolano, passo dopo passo, quasi senza accorgersene, verso la catastrofe della guerra del 1914-1918. Nessuno di loro scrisse da qualche parte di volere la guerra. Ma tutti – i “sonnambuli” come li ha definiti uno storico – lentamente vi caddero dentro. Proprio come adesso, osserva il professor Barbero, adesso che i governanti europei incapaci e impazziti non sanno quello che fanno e “sonnambulisticamente” ci portano alla Terza guerra mondiale. Naturalmente, come al solito, e come vuole sentirsi dire il popolo del Partito Russo d’Italia, la colpa è dell’“Europa”, guidata da incapaci e da storditi.

Basta un manuale liceale di storia per comprendere che non è quello – gli anni anteriori alla Prima guerra mondiale – il periodo che più assomiglia a quello attuale. Quello che vi assomiglia è caso mai il tempo che precedette la Seconda guerra mondiale. Allora Adolf Hitler avvertì esplicitamente che cosa intendeva fare. Già nel Mein Kampf, pubblicato nel 1924, espose le sue intenzioni: sterminare gli ebrei, ridurre in schiavitù gli “slavi” a cominciare dai russi, e così via. Pochi lo presero sul serio. Ma quando arrivò al potere ce la mise tutta per realizzare il suo programma: e fu la Seconda guerra mondiale, con i suoi 50 o 60 milioni di morti, fra i quali sei milioni di ebrei.

Oggi, Vladimir Putin dice e scrive apertamente ciò che vuol fare, e che sta effettivamente facendo. Lo dice e scrive almeno dal 2007, dal discorso famoso pronunciato alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco, fino ai più recenti interventi: il saggio “Sull’unità storica dei Russi e degli Ucraini”, del luglio 2021, che preludeva all’invasione del febbraio successivo, cioè al tentativo tuttora in corso di “unificare” con i carri armati Russia e Ucraina. Poi lo strano articolo a firma Pëtr Akopov, comparso su Ria Novosti solo per poche ore due giorni dopo l’inizio dell’invasione, nel quale erano chiaramente indicati tre obiettivi: la riunificazione dell’immenso spazio occupato fino al 1991 dall’Unione Sovietica, compresa l’Ucraina; la difesa della patria russa dal minaccioso “Occidente”, poi ridefinito “Occidente collettivo”; la costruzione dell’ordine multipolare che affosserà la “globalizzazione all’anglosassone”. Infine il discorso dell’ottobre 2022 al “Valdai Club”.

Tutto messo nero su bianco. Però, al pari di Hitler, anche Putin non è stato preso sul serio. Non si voleva credere che veramente intendesse attuare ciò che annunciava. Invece lo attuò, invase l’Ucraina, e ricatta e minaccia l’Europa. Non gli occorre arrivare a Lisbona con i carri armati: gli basta, con le minacce, influire considerevolmente sulla politica dei paesi europei. Ma i creduloni della piazza romana dei 5Stelle ascoltano a bocca aperta Barbero. Credono che sia l’Europa a fomentare la guerra. Putin, si sa, ha qualche buona ragione… mentre i governanti europei sono pazzi e incoscienti e vogliono fare guerra alla Russia.

Da Roma i militanti del Movimento 5 Stelle hanno pubblicato sui social le immagini della propria folla festante non si sa bene perché. Si bevono Barbero, e questo ancora ancora è comprensibile perché il professore è in gamba e sa incantare. Ma si bevono pure Giuseppe Conte, che sta assumendo le pose da capopopolo peronista, da populista latinoamericano.

Ci mancava un Peron italiano. Credere fideisticamente a Conte è già un po’ più grave di farsi istruire da Barbero, perché mostra l’incapacità dei militanti 5Stelle di comprendere dove il loro leader li sta portando: eppure basterebbe notare la sua compiacenza verso Putin (non una parola di condanna per il massacro di Sumy), ora anche di Trump, e prima ancora di Xi. Non lo comprendono e si rifiutano di comprendere: sono il Partito Russo d’Italia. E al “partito” i fedeli credono ciecamente.

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