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Per chi suona la campana
13 Aprile 2025 - 07:09
Monsignor Luigi Bettazzi
L’apologia e l’agiografia non solo sono pregevoli generi letterari, ma costituiscono anche un’opera buona e meritevole. Fare storia, però, è un’altra cosa: significa esercitare la critica (non certo la denigrazione o il vilipendio), fosse pure nei confronti di un vescovo o di un papa; significa cogliere, di un personaggio, qualità e limiti.
Nel 1994, dopo che per anni – e già in vita – si stava monumentalizzando la figura e l’opera del cardinale Michele Pellegrino (1903-1986), lo storico e docente alla Facoltà Teologica, monsignor Renzo Savarino, pubblicò sulla Rivista del Clero Italiano due saggi dal titolo: «Il post Concilio a Torino», che furono il primo tentativo – sempre provvisorio – di leggere per la prima volta, in modo rigoroso e appunto critico, la figura e l’opera di un protagonista della Chiesa italiana.
Mal gliene incolse, perché il povero autore fu sommerso da una colluvie di anatemi e anche di insulti, senza contraddittorio, con una campagna condotta con furore giacobino da parte progressista. Chi oggi, a distanza di vent’anni, rilegga quei saggi, fatica a credere che avessero suscitato tanto sdegno. Che cosa aveva fatto il mite don Renzo per attirarsi tanti e tali strali? Molto semplice: lavorando da vero storico, aveva fatto uscire il cardinale Pellegrino dal mito che i suoi presunti seguaci gli avevano costruito intorno, offuscandone la figura.
Ieri si è svolto a Ivrea l’ennesimo convegno su monsignor Luigi Bettazzi (1923-2023), che prosegue – come avvenne per il cardinale Pellegrino – quell’opera di monumentalizzazione, che però per il vescovo di Ivrea era già iniziata in vita. Tolta la relazione di Daniele Menozzi – molto ideologica e sulla quale ritorneremo nel merito in altro post – pareva di ritrovarsi, per certi aspetti, a un raduno di nostalgiche vedove inconsolabili.
Anche l’annunciata presenza dei cardinali Miglio e Zuppi... siamo certi che si saranno limitati a cantare la solita messa cantata. Al convegno ha partecipato anche don Piero Agrano, che forma – insieme a don Gianni Giachino – il collegio dei cappellani della Casa della Madia di Albiano d’Ivrea, dove fratel Enzo Bianchi, anch’egli presente e pontificante, ha ricostituito – dopo esserne stato cacciato da un provvedimento della Santa Sede – la comunità di Bose.
Padre Enzo Bianchi
Il guru di Albiano ci ha intanto comunicato che terrà le omelie durante le prossime celebrazioni della Settimana Santa, cosa che, a tutt’oggi, è preclusa ai laici come lui.
Dicevamo di don Agrano, che ebbe la malaugurata idea di chiedere conto a papa Francesco dei motivi per cui non si decideva a fare cardinale monsignor Bettazzi. Il quale papa, pur abbozzando un sorriso, la prese malissimo e chiese il giorno dopo al foglizzese cardinale Giuseppe Bertello chi fosse mai quell’impertinente di prete che aveva osato tanto. Va detto tuttavia, a discolpa dell’incauto don Piero, che egli ignorava del tutto il caratterino di papa Bergoglio e del suo stile peronista.
A lui – e a tutti i lettori – consigliamo, per saperne di più, il libro di un grande studioso della Chiesa argentina: Loris Zanatta, «Bergoglio. Una biografia politica», Laterza, 2024.
In ogni caso, non certo da parte degli organizzatori, ma sicuramente da parte di qualcuno, il convegno è stato un chiaro segnale inviato al nuovo vescovo, affinché non osi discostarsi troppo dalla narrazione e dal mainstream dominante a Ivrea da mezzo secolo. Operazione, questa, perfettamente riuscita – Bettazzi vivente e incombente – con il predecessore monsignor Edoardo Cerrato, che dovette confrontarsi per tutto il suo episcopato, fino alla paralisi, con il verbo promanante dal castello di Albiano, considerato la seconda Curia, e al quale gran parte del clero continuava a fare riferimento.
Il tempo per superare, con metodo storico, un profilo non strumentalmente mitico di monsignor Bettazzi non è ancora arrivato. Ma arriverà, stiamone certi, perché la storia, come diceva Benedetto Croce, non è giustiziera ma giustificatrice.
Per un arcano disegno della Provvidenza, nello stesso giorno si è svolto a Genova un convegno su di un altro protagonista assoluto della Chiesa italiana: il cardinale Giuseppe Siri (1906-1989). Su di lui, il percorso è stato inverso: demonizzazione in vita e in morte, saggi unilateralmente critici e livorosi. Solo adesso se ne stanno riscoprendo – con pubblicazioni e convegni – le rare qualità e la sua figura, che, più passa il tempo, più grandeggia.
Perché in campo storico il distacco temporale è fondamentale e indispensabile per un giudizio obiettivo.
Una delle relazioni genovesi si intitola: «Il profeta inascoltato». Quello che egli fu.
* Frà Martino
Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen
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