Cerca

Cronaca

Sul tram con gli occhi chiusi: umiliato perché cieco, multata perché lo ama

Simone Gullì, artista non vedente di fama internazionale, dimentica la tessera BIP: i controllori GTT chiedono “prove della disabilità” e sanzionano la moglie che lo accompagna. Un episodio che grida vendetta contro un sistema cieco all’umanità

Un viaggio in tram si trasforma in un caso di discriminazione: la denuncia di Simone Gullì

L’11 aprile 2025, alle 18:40, un uomo non vedente sale sul tram 4 a Torino per raggiungere l’ospedale. Non è solo: al suo fianco c’è sua moglie, la persona che gli permette ogni giorno di camminare nel mondo. Per molti passeggeri è solo una scena quotidiana. Per lui, per loro, è una sfida costante contro marciapiedi sbagliati, ostacoli invisibili, e – soprattutto – contro l’arroganza di chi si sente superiore solo perché ha un tesserino, una divisa, o la vista.

L’uomo si chiama Simone Gullì. È cieco. Ma non è solo un utente del trasporto pubblico: è un artista. Un pianista, clavicembalista e cantante lirico di fama internazionale. Ha studiato con i migliori. Ha suonato per Deutsche Grammophon, ha calcato palchi in Italia e all’estero. La sua vita è musica, dedizione, resistenza. Ma nulla di tutto questo conta, quando vieni trattato come un bugiardo solo perché ti manca una tessera.

Quel giorno, Simone dimentica a casa la carta BIP. Una banale svista, in tutti i sensi. Una giacca lasciata nell’armadio per il caldo. Una dimenticanza che, a chiunque altro, verrebbe perdonata con un sorriso. Ma non a lui. Perché lui non può vedere. Perché lui ha bisogno di qualcuno. E perché quella “qualcuno” ha la pelle scura e gli occhi asiatici.

Sul tram salgono due controllori. Non c’è empatia. Non c’è nemmeno gentilezza. C’è solo la voce secca del potere che non sa vedere. Che non vuole vedere. Il tono è duro, freddo, inquisitorio. Uno di loro, racconta Simone, si comporta come un bullo in divisa. Non fa domande: accusa. Non ascolta: pretende. Non valuta la realtà: la calpesta.

Simone cerca di spiegare. Dice che è cieco, che ha dimenticato la tessera, che sua moglie è la sua accompagnatrice, come previsto dalla legge 104. Ma dall’altra parte trova solo sarcasmo. "Hai fatto denuncia?", gli viene detto, come se stesse raccontando una barzelletta. Come se essere cieco fosse una messa in scena. Una scusa.

Quando il controllore si rende conto che non può multarlo direttamente, trova un altro bersaglio. Sua moglie. Donna, straniera, silenziosa. Perfetta da colpire senza troppe spiegazioni. 37 euro di multa. Il prezzo di un gesto d’amore. Il costo per avere preso sottobraccio suo marito cieco e averlo accompagnato sull’autobus. Il prezzo di essere straniera in un paese che predica l’inclusione ma pratica l’umiliazione.

Nessuno, su quel tram, alza la voce. Nessuno prende le parti della coppia. La paura è più forte della solidarietà. E allora Simone fa quello che pochi hanno il coraggio di fare: parla. Scrive. Denuncia. Urla con la dignità di chi è stato ferito non nel corpo, ma nell’anima.

Non chiede pietà. Chiede giustizia. Chiede rispetto. Chiede che i controllori non diventino giudici. Che la burocrazia non diventi un manganello. Che l’indifferenza non venga scambiata per imparzialità. Chiede corsi di formazione, sanzioni per chi umilia, canali di ascolto veri. Chiede che questo Paese si guardi allo specchio e si chieda che fine abbia fatto la sua umanità.

Simone non è solo un passeggero. È la voce di tutti quelli che non parlano più. Degli anziani zittiti nei pronto soccorso. Degli stranieri guardati con sospetto. Dei disabili che devono giustificare ogni movimento, ogni presenza. Dei figli che accompagnano genitori ciechi, dei mariti che sostengono mogli fragili, delle donne che ogni giorno vengono giudicate per come parlano, da dove vengono, o per chi amano.

Questa è la storia di un Paese che punisce l’amore e premia l’ottusità.
Che chiude gli occhi davanti alla sofferenza, mentre pretende che tu tenga aperti i tuoi, anche se non li hai mai potuti usare.

Simone non si arrende. Non ha mai camminato da solo. E adesso, chiede a tutti noi di camminare con lui.
Perché la vera cecità non è nel corpo. È nella coscienza.
E chi resta in silenzio, è complice.

COSA DICE LA LEGGE 104/92

La Legge 104/92, che regola l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità, stabilisce che:

  • Le persone con disabilità hanno diritto alla mobilità gratuita o agevolata sui mezzi pubblici, se in possesso di apposita documentazione.

  • Questo diritto si estende anche all’accompagnatore, quando previsto dal riconoscimento di invalidità o cecità.

  • L’obiettivo della norma è abbattere le barriere, non crearne di nuove.

  • L’applicazione delle agevolazioni non può prescindere dal buon senso, dall’umanità e dal riconoscimento della condizione visibile del passeggero.


APPELLO ALLA CITTÀ: NON RESTARE IN SILENZIO

Hai assistito all’episodio sul tram 4 l’11 aprile alle 18:40?
Se eri lì, o se hai vissuto situazioni simili: racconta. Testimonia. Denuncia.

Scrivi a sanzioniamministrative@gtt.to.it per chiedere l’annullamento della multa e un intervento immediato.
Condividi la storia di Simone con l’hashtag #GTTVergogna
Pretendi che GTT formi davvero il proprio personale. Non sulla carta, ma nella coscienza.

Il silenzio protegge solo chi ha torto.
Simone non può vedere. Ma ha visto tutto.
Adesso, tocca a noi.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori