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11 Aprile 2025 - 22:37
"Me lo hanno ammazzato": la lettera straziante di Antonella al Presidente Mattarella
“Signor Presidente, me lo hanno ammazzato”.
Così scrive Antonella Argentini, sorella di Alessandro, il 56enne trovato morto nella sua abitazione di via Basso a Chivasso il 24 gennaio scorso. Una tragedia che ha il sapore amaro della vergogna e dell’impotenza. Alessandro, ex dipendente oggi disoccupato, era caduto nella trappola dei truffatori del web. Una di quelle frodi che iniziano con un messaggio rassicurante e finiscono col toglierti tutto: i risparmi, la dignità, e alla fine anche la voglia di vivere.
Ma Antonella non ci sta. Non vuole che tutto venga archiviato come l’ennesimo “caso di cronaca” e basta. Non vuole che il nome di suo fratello venga dimenticato. Non accetta che chi l’ha rovinato se la cavi con un click. “Mi aiuti, La prego. Fermiamo questa criminalità che è organizzatissima, fortissima e saldamente barricata dietro un cellulare”, scrive al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una lunga lettera pubblicata da ACTA (Associazione contro le truffe agli anziani e vulnerabili), dove racconta senza filtri il dolore e l’ingiustizia.
E che non sia un caso isolato, lo dicono i numeri e i nomi. Oltre ad Alessandro, c’è Katia Palagi, morta a novembre a Lucca per le stesse ragioni. Ci sono Francesco, che oggi non ha più neppure i soldi per mangiare, e Marisa, che ha visto la sorella spegnersi lentamente. Truffe online che fanno leva sulle fragilità, sulle solitudini, sulle ferite aperte. “Non ci cadi – scrive Antonella – ti ci fanno cadere. Ti studiano, ti agganciano, ti persuadono”. La dinamica è sempre la stessa: finti broker, contatti dall’estero, promesse di rendite altissime. E poi il nulla. Il vuoto. Il silenzio.
Alessandro aveva perso la madre da pochi mesi. Aveva perso il lavoro. E nel tentativo di rialzarsi, si è affidato a sconosciuti che gli hanno tolto tutto. Ha versato fino a 150mila euro, spostati su conti intestati a nomi mai visti: Ghizlane K. a San Donato Milanese, Luana P. sul Lago di Como. I suoi interlocutori? Uomini con nomi comuni, “Lorenzo M.”, “Pascali”, che usavano parole chiave come “Francoforte” per far sembrare tutto reale, tutto professionale.
Quando Antonella ha trovato il telefono del fratello, è andata dai Carabinieri. Ha lasciato il dispositivo in caserma, ha chiesto di poter denunciare a suo nome. Ha rilasciato interviste, è andata in TV, ha parlato a “Chi l’ha visto?”, ha cercato altri testimoni. E li ha trovati. Tantissimi. Gente che ha perso tutto. Gente che ci sta pensando. Gente che ogni giorno combatte non solo con la mancanza di denaro, ma con la vergogna. “Perché chi viene truffato viene giudicato”, dice Antonella. E nel frattempo, quei criminali – perché tali sono – continuano a mandare messaggi di scherno alle loro vittime. Bullismo digitale. Umiliazione come arma di controllo.
Oltre alla ferita insanabile della morte, oggi la famiglia Argentini deve affrontare anche i debiti. Quelli lasciati da Alessandro, intestati a lui ma volati via nelle tasche di sconosciuti.
Dietro tutto questo c’è un messaggio forte. Un grido. Una preghiera. “Signor Presidente, mi tenda una mano. Facciamo in modo che mio fratello sia l’ultimo”. Perché Alessandro, come Katia, come tanti altri, non sono solo vittime. Sono martiri di un sistema che non tutela abbastanza. Di una rete che intrappola e uccide. E che spesso, troppo spesso, lascia impuniti i carnefici.
Perché – come scrive Antonella – “solo perché non hanno premuto un grilletto, non vuol dire che siano innocenti”.
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