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Tagli dell’erba, atto secondo. A Settimo si riparte col prato alla gola (e le api in prima linea)

Dopo il disastro del 2024, tra parchi-jungla e panchine scomparse, il Comune ci riprova. Stesso appalto, stessa narrazione, e il ritorno trionfale degli impollinatori, diventati ormai la scusa perfetta per non tagliare l’erba.

Tagli dell’erba, atto secondo. A Settimo si riparte col prato alla gola (e le api in prima linea)

l'assessore Raso

È tornato aprile, è tornata la primavera, e a Settimo Torinese è tornata anche la promessa dei tagli dell’erba. Ma se l’anno scorso i cittadini si muovevano nei parchi con il machete, quest’anno si parte con un misto di rassegnazione e ironia. Perché tutti, sotto sotto, temono il sequel.

Nel 2024 l’Amministrazione si era già esibita in un taglio... netto alle aspettative: aiuole fuori controllo, giochi per bambini sommersi, panchine introvabili e foto dei parchi finiti persino in TV. Una débâcle verde, con tanto di giustificazioni poetiche. La più memorabile? Gli insetti impollinatori.

Fu proprio l’assessore Alessandro Raso, ribattezzato sui social “quello che non rasa”, a lanciare l’argomento che oggi è leggenda urbana: non tagliamo troppo perché disturbiamo gli insetti impollinatori. Una frase che fece ridere mezza città, condivisa, memata e commentata come se fosse uscita da una sceneggiatura di Crozza.

Ebbene, era il 2024. Ora siamo nel 2025. E il Comune, anziché cambiare spartito, ha deciso di rilanciare. Stavolta non è neppure Raso a dirlo a voce: la tutela degli impollinatori è scritta nero su bianco nel comunicato ufficiale. Proprio così. Il rispetto per bombi e farfalle è diventato una linea politica. Una linea…verde, ovviamente.

Mentre i cittadini ancora ricordano le settimane passate a cercare il marciapiede sotto le ortiche, il Comune assicura che quest’anno sarà diverso. Quattro squadre, quattro quadranti, tagli differenziati a seconda della frequentazione. E un cronoprogramma: 15-20 giorni per finire il primo giro. A patto che non piova, non faccia caldo, non ci sia vento, non sia luna crescente e – ovviamente – a patto che le api siano d’accordo.

Tutto questo sotto l’ombrello di un appalto da oltre 814mila euro l’anno, valido fino a marzo 2026. Un bando a cui aveva risposto solo l’ATI composta da La Nuova Cooperativa e Stranaidea. Nessuna concorrenza, nessun ballottaggio. Una corsa solitaria verso la gestione del verde pubblico. Una gara europea con un solo spettatore: l’ape regina.

Il contratto prevede tutto: sfalci, diserbi, cigli stradali, spollonature e persino misteriose “attività extra”, nel caso l’erba decidesse di crescere a sorpresa, come succede regolarmente da anni. Ma al netto dei tecnicismi, la paura vera è che anche quest’anno si riviva lo stesso copione: l’erba cresce, le squadre arrancano, e il Comune risponde parlando di ecosistema.

Già nel 2024, il balletto delle giustificazioni aveva raggiunto vette liriche: le piogge torrenziali, il caldo improvviso, la siccità, le direttive europee sulla fauna minore, e – ovviamente – il bombus terrestris, ormai assurto al ruolo di assessore onorario.

E mentre oggi il Comune cerca di ripartire con lo stesso contratto, gli stessi attori e le stesse promesse, i cittadini osservano e aspettano. In silenzio, ma con il cellulare in mano, pronti a fotografare il primo cespuglio che inghiottirà la pista ciclabile.

In città ci sono quasi 3 milioni di metri quadri di verde pubblico. Una ricchezza, sì, ma anche una responsabilità. Perché qui non è il verde il problema: è l’abbandono mascherato da ecologia, la retorica zuccherosa che trasforma ogni disservizio in una favola per adulti.

E allora, via ai tagli. O almeno ai tentativi. Con una città intera che spera di non ritrovarsi di nuovo con le scarpe bagnate di rugiada, gli occhi pieni di erba e le orecchie piene di giustificazioni.

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