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Sbam! Il risveglio che parte dal basso e adesso coinvolge anche l'Amministrazione comunale

Nel cuore ferito del centro storico, un gruppo di commercianti ha deciso di non abbassare la saracinesca dei sogni. Con feste, colori e ostinazione, l’associazione Sbam riaccende le vie dimenticate di Ivrea. E ora anche il Comune prova a seguirli.

Lorena Borsetti

Lorena Borsetti

Ivrea, centro storico. Non quello da cartolina, ma quello reale. Con le sue contraddizioni, la sua bellezza stropicciata, il suo passato glorioso e un presente che fatica a prendere fiato. Qui, tra via Arduino, piazza Maretta e il Borghetto, ci sono giorni in cui il silenzio pesa più del traffico.

Per anni, quel silenzio è stato vissuto come un destino inevitabile. La desertificazione commerciale avanzava senza opposizione, con ogni serranda abbassata che pareva dire: “Non ce l’abbiamo fatta. Ci spiace. E' così che è andata”.

Ad un certo punto qualcosa è cambiato. Silenziosamente, ma con decisione. Sbam.

Un nome, un suono, una sveglia. Un'associazione nata per scuotere, per muovere l’aria, per dire che no, il centro storico di Ivrea non è finito. E non deve diventarlo. A fondarla è stata Lorena Borsetti, titolare del negozio Momilla, che non si è limitata a continuare ad aprire la sua bottega svogliatamente tutte le mattine, ma ha costruito attorno a sé un’idea di comunità. Quella che manca nei documenti ufficiali ma che tiene in piedi le città.

Sbam è un acronimo ma anche una dichiarazione d’intenti. "S" come socialità, speranza, solidarietà. "B" per Borghetto, "A" per Arduino, "M" per Maretta. Tre luoghi che in troppi avevano dato per persi, ma che oggi respirano di nuovo.

Accanto a Lorena, un gruppo affiatato e instancabile: Scirley Cordisco (Shirley Graphic), Michela Brescacin(L’angolo conSfuso), Fabrizio Bison (Duja d’Or), Rosella Cavallero (Foravia), Paolo Diane (Casa del cuoio) e Andrea Mazzone. Persone prima che ruoli, ciascuno con una visione e un pezzo di energia da mettere a disposizione.

suoni

sbam

Ogni mese, una domenica di festa cambia volto alla città. Non un evento calato dall’alto, ma qualcosa che nasce dalla base: artigiani, musica, colori, giochi per bambini, degustazioni. Una volta sono le streghe, un’altra Halloween, poi la primavera, il vintage, gli anni '50, i burattini. Ogni tema è un pretesto per riaccendere le luci, far vibrare le strade, restituire senso di appartenenza.

E funziona. Funziona davvero. Le vie   per un giorno si riempiono di passi, sorrisi, parole. Gente che si ferma, che compra, che scopre, che racconta. È come se Ivrea si ricordasse, per qualche ora, di avere ancora un cuore.

In queste giornate quando entri in via Arduino o cammini tra le case basse del Borghetto, ti sembra di essere finito in un’altra città. L’aria è diversa. Sa di mercato londinese, di Grafton Street a Dublino, di Montmartre. Non un luogo che si accontenta di esistere, ma pretende di vivere.

Oggi, anche il Comune sembra essersene accorto. E prova a fare la sua parte. È stato annunciato un piano di rilancio della parte alta della città, con 120 mila euro a fondo perduto per favorire l’apertura di nuove attività. Un gesto importante, a cui si affianca uno studio di riqualificazione urbana affidato alla società Arecom, già attiva in altre realtà piemontesi.

Si parla di nuova illuminazione, eventi strutturati, riduzione degli oneri di urbanizzazione, chiusure temporanee di alcune vie per trasformarle in piazze a cielo aperto. Persino l’ipotesi – ancora timida – di semplificare le norme comunali per favorire chi vuole fare impresa qui.

Ma il punto è un altro: non si parte da zero. Perché chi in questi luoghi ha resistito e investito quando tutto sembrava perduto, ha già cominciato a cambiare le cose.

Sbam, in questo, non è solo un’associazione: è un simbolo. Di coraggio, di perseveranza, di amore per la città.

Anche via del Castellazzo entra nel piano di rinascita, con un sopralluogo dei tecnici incaricati e una riflessione sulla possibilità di coinvolgere i privati per l’arredo urbano e l’illuminazione.

Della partita anche Confesercenti, pronta a intercettare risorse dalla Camera di Commercio per rafforzare l’intervento pubblico.

Certo, nessuno si illude che basti un bando per cambiare tutto. Ma se anche solo cinque nuove attività dovessero nascere, sarebbe un segnale forte. Un primo passo concreto verso un quartiere che, nonostante tutto, non ha mai smesso di lottare per tornare vivo.

Resta una ferita aperta: il cantiere dell’elettrificazione ferroviaria che da mesi penalizza i negozi della zona. I ristori promessi da RFI sono stati esigui, quasi simbolici.

Il Comune ha annunciato 30 mila euro di sostegno, più qualche misura compensativa: come i buoni parcheggio per i clienti delle attività colpite. Ma è chiaro che non basta. Servono visione, azioni costanti e il coraggio di credere fino in fondo nella rinascita.

Del Borghetto, di piazza Maretta, di via Arduino se n'era parlato circa un anno fa in consiglio comunale grazie ad una mozione presentata dal consigliere comunale Massimiliano De Stefano. Sul tavolo un’altra Ivrea: una Ivrea degli artisti di strada. Non per un giorno all’anno, ma per 365. Con mimi, giocolieri, musicisti, saltimbanchi, ritrattisti, skater, writer, danzatori e chiunque sappia trasformare una piazza in spettacolo.

De Stefano aveva citato la legge regionale del 15 luglio 2003 che tutela queste attività, e l’articolo 24 del Regolamento di Polizia Urbana di Ivrea, che riconosce l’arte di strada come libera, purché contenuta nello spazio e nel tempo.  

Da qui la proposta: plateatici gratuiti tutto l’anno, colonnine di corrente, permessi semplificati, campagne di comunicazione, festival diffusi, una mappa di spazi autorizzati. Tutto già sperimentato a Torino, dove la web app Arthecity consente agli artisti di prenotare gli spazi per esibirsi, rendendo compatibili creatività e quiete urbana.

La mozione era stata approvata all'unanimità impegnando sindaco e assessore a muoversi.

"Ivrea - aveva sentenziato De Stefano - ha le carte in regola per fare il salto. Ma serve coraggio politico, visione culturale e, soprattutto, continuità...".

Perché – e questo lo sanno bene i commercianti di Sbam – non si cambia una città in un giorno.

Ma si può cominciare da un angolo. Da una vetrina. Da una domenica al mese.

E da una parola che, ormai, è diventata più di un suono. Sbam.

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