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09 Aprile 2025 - 21:24
Vincenzo De Luca
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la legge regionale campana che avrebbe consentito al governatore Vincenzo De Luca di ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo. Un verdetto che taglia le gambe anche a Luca Zaia in Veneto e chiude la porta a ogni interpretazione “elastica” del limite dei due mandati.
“È stata accolta una tesi strampalata, progettata in udienza, che ha fatto inorridire autorevoli costituzionalisti”, è il commento piccato del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che poi rincara: “Si dovrà infatti cancellare in tutte le sedi giudiziarie del Paese la scritta: la legge è uguale per tutti”. L’ironia amara del governatore fotografa la portata politica e giuridica della decisione assunta dalla Consulta, che di fatto boccia la norma campana e rimette ordine nel complicato rapporto tra potere centrale e autonomie regionali.
Luca Zaia
La Corte Costituzionale ha stabilito che la legge approvata dal Consiglio regionale della Campania, finalizzata a consentire un terzo mandato consecutivo al presidente della Giunta, viola l’articolo 122 della Costituzione, laddove si prevede che i principi fondamentali relativi all’elezione, alle ineleggibilità e alle incompatibilità dei presidenti regionali debbano essere stabiliti con legge della Repubblica. In altre parole: le Regioni non possono fare di testa propria, quando si tratta di regole generali per la tenuta democratica delle istituzioni.
Per la Corte, infatti, il divieto del terzo mandato è operativo in tutte le Regioni ordinarie dal momento in cui hanno scelto l’elezione diretta del presidente, introducendo una legge elettorale in conformità al proprio Statuto. E poco importa che tale limite non sia esplicitamente scritto negli Statuti regionali: vale comunque, a partire dalla legge statale n. 165 del 2004, voluta dal governo Berlusconi per normare l’autonomia degli enti territoriali.
A portare la questione davanti alla Corte era stato il governo, che ha impugnato la legge regionale campana sostenendo che la norma nazionale impone un chiaro divieto al terzo mandato consecutivo. Lo ha ribadito in aula l’Avvocato dello Stato Ruggero Di Martino, che ha parlato di “chiarezza del dato normativo”, sottolineando che “se un presidente ha già ottenuto due mandati consecutivi, non può concorrere a una terza elezione”. Una posizione rafforzata anche dal collega Eugenio De Bonis, che ha messo l’accento sul “principio di democraticità”, per il quale il ricambio fisiologico del potere è necessario per la salute delle istituzioni.
Ma la partita, come era prevedibile, è stata tutt’altro che semplice. I legali della Regione Campania – Giandomenico Falcon, Marcello Cecchetti e Aristide Police – hanno provato a smontare il castello giuridico dello Stato centrale, sostenendo che la norma del 2004 non è autosufficiente e richiede un recepimento da parte delle singole Regioni. A loro dire, il tema del limite ai mandati non attiene alla materia elettorale, bensì alla forma di governo regionale, che dovrebbe rientrare nella sfera di autonomia delle Regioni. E hanno ricordato come, durante i lavori preparatori della legge costituzionale, il divieto al terzo mandato fosse stato espunto proprio per non limitare troppo la potestà statutaria delle Regioni.
Un argomento che non ha convinto i giudici della Corte, presieduta da Giuseppe Patroni Griffi, che ha sentito entrambe le parti e confermato l’indirizzo secondo cui la legge statale è già di per sé sufficiente a impedire un terzo mandato consecutivo. Nessun bisogno di ulteriori leggi regionali, né di riforme costituzionali.
I riflessi della sentenza, come già accennato, non riguardano solo De Luca, ma anche altri presidenti in carica alle prese con la scadenza del secondo mandato. Su tutti, Luca Zaia, governatore del Veneto dal 2010, già al suo terzo mandato grazie a un’interpretazione “estensiva” delle norme, che ora rischia di non poter correre ancora.
È l’epilogo di una lunga battaglia che ha visto contrapporsi due visioni opposte dello Stato: da una parte chi invoca l’autonomia regionale come leva per modellare il potere locale, dall’altra chi difende un’interpretazione rigorosa della legalità costituzionale e dei suoi limiti. Una frattura che non è solo giuridica, ma profondamente politica.
E se per De Luca questo è il trionfo dell’ipocrisia legislativa (“si difende il principio dell’alternanza solo quando fa comodo”), per i giuristi più ortodossi si tratta di un passo necessario per garantire equilibrio democratico e prevenire derive personalistiche nelle Regioni.
Insomma, il sipario si chiude: la corsa al terzo mandato viene archiviata come un colpo di mano fuori tempo massimo. E la legge, per una volta, pare davvero uguale per tutti. Almeno per ora.
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