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07 Aprile 2025 - 22:06
Alfredo Ghella
Dall’eco potente dell’oratoria, capace di coinvolgere emotivamente il popolo, si è passati al sussurro invisibile dell’intelligenza artificiale. Quest’ultima, fatta di algoritmi, profilazioni e sistemi predittivi, agisce silenziosamente nel subconscio dei singoli individui. Oggi, l’informazione non è più una narrazione collettiva, ma un flusso costante di dati privati forniti inconsapevolmente dagli utenti. Una materia prima preziosa, che solo pochi soggetti riescono ad acquisire e sfruttare per esercitare un controllo sempre più capillare. I dati residui, invece, sono oggetto di competizione tra Stati e grandi potenze.
È partendo da questa riflessione che sabato 5 aprile, presso il salone della sede SPI CGIL di Caluso, in via Bettoia 80, si è tenuta una conferenza pubblica che ha visto protagonisti Alberto Artioli, responsabile cultura dello SPI CGIL Torino, Igor Piotto, segretario della Camera del Lavoro di Torino, e il giornalista, scrittore e divulgatore scientifico Piero Bianucci. L'incontro ha voluto affrontare un tema delicato: come l’informazione, un tempo patrimonio collettivo, sia oggi sempre più nelle mani di pochi soggetti capaci di orientare la percezione del mondo.
Dopo una breve introduzione di Alfredo Ghella, segretario CGIL di Caluso e Ivrea, che ha sottolineato il valore dell’iniziativa, Alberto Artioli ha aperto il dibattito con un’interessante panoramica storica sulla trasformazione della comunicazione politica: dall’epoca di Augusto, imperatore capace di costruire un’immagine di sé idealizzata e potente, fino alle più recenti strategie digitali della cosiddetta “Bestia” di Matteo Salvini, una macchina comunicativa spietata e organizzata, capace di dettare l’agenda politica nazionale e conquistare l’attenzione di una parte dell’elettorato deluso.
“Le strategie comunicative cambiano costantemente e non sono sempre pulite e trasparenti, perché rispecchiano la fragilità del momento”, ha dichiarato Artioli. “Basti pensare a Salvini, ai suoi tweet mattutini con cui, anche solo scrivendo ‘oggi sono stanco, perché stanotte…’, riusciva a costruire attorno a sé un’identità politica e umana, dettando allo stesso tempo ordini politici mascherati da confidenze”.
Riprendendo il filo dell’antichità, Artioli ha ricordato come sia servito quasi un secolo perché il bibliotecario dell’imperatore Adriano potesse rivelare la vera identità di Augusto: un governante tutt’altro che idealizzato, stratega spietato capace di far eliminare i propri consoli per ragioni personali. “La storia spesso è scritta dai vincitori, e solo il tempo svela le verità nascoste”, ha aggiunto.
A destra Piero Bianucci, al centro Igor Piotto e a sinistra Alberto Artioli
Tra le varie slide, il professor Bianucci ha voluto riflettere sulle figure al centro del potere comunicativo
Il valore dei dati come lettura della realtà
Il valore che possiamo avere per riavere padronanza delle nostre identità intellettive su quelle tecnologiche
Un salto temporale ci porta alle campagne elettorali più recenti, come quella di Barack Obama, costruita con il contributo del consulente Alec Ross, allora senior advisor di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato. Una strategia incentrata sul protagonismo giovanile, capace di catalizzare entusiasmo e coinvolgimento diffuso. L’evoluzione tecnologica ha dunque amplificato e accelerato il potere di chi controlla l’informazione, rendendo la comunicazione più fluida ma anche più pervasiva.
“Oggi è fondamentale non restare ancorati a linguaggi ridondanti: chi vuole parlare davvero alla società deve continuamente evolversi, cercando nuovi strumenti per raggiungere le persone”, ha ammonito Artioli. Che ha poi introdotto un’altra riflessione chiave: “Il modello capitalistico, nella sua versione attuale, mira a impadronirsi dei beni comuni, stringendone l’uso e trasformandoli in merci”.
Artioli ha così individuato tre categorie fondamentali di beni comuni da tutelare: i beni collettivi naturali (boschi, pascoli, biodiversità, diritti d’uso collettivi), i beni globali (clima, atmosfera, oceani, sicurezza alimentare), e infine i servizi pubblici essenziali. Tutti ambiti esposti alla pressione dei grandi interessi privati e della concentrazione del potere informativo.
Anche Internet, ha sottolineato, è un bene comune, ma l’uso che ne viene fatto è spesso finalizzato a raccogliere dati per orientare scelte, consumi e opinioni. In questo contesto si è inserito il contributo di Igor Piotto, che ha inquadrato la dinamica attuale all’interno di quella che alcuni studiosi definiscono “tecno-feudalesimo”: un sistema in cui la produzione di valore non viene più solo sottratta nel rapporto tra capitale e lavoro, ma anche nel flusso quotidiano di dati che ciascun cittadino cede gratuitamente alle grandi aziende tecnologiche.
“Produco valore che non mi viene restituito”, ha spiegato Piotto. “Esattamente come accade nel mondo del lavoro, dove il lavoratore riceve una retribuzione inferiore a ciò che produce. Il parallelismo nel mondo digitale è evidente: in cambio di servizi ‘gratuiti’, diamo via i nostri dati senza sapere come verranno usati”.
Secondo Piotto, è possibile invertire la tendenza solo sviluppando maggiore consapevolezza e controllo collettivo sull’Intelligenza Artificiale. “L’idea di creare un CERN dell’Intelligenza Artificiale in Europa, pubblico e sotto controllo statale, rappresenterebbe un baluardo a difesa dei beni comuni digitali”, ha proposto, sottolineando l’opportunità di candidare anche Torino come sede del progetto. Ha poi aggiunto, con realismo: “Al momento, siamo riusciti solo a ottenere una prima regolamentazione delle piattaforme per il lavoro dei rider”.
In chiusura, il professor Piero Bianucci ha sintetizzato le riflessioni storiche e attuali, mostrando come le tecnologie della comunicazione possano potenzialmente controllare l’intero pianeta, gestendo l’informazione a ogni livello. Ha citato il Trattato sulla Luna del 1979, entrato in vigore nel 1984 e firmato anche dall’ex Unione Sovietica, che regolamentava l’uso dello spazio come bene pubblico. Ma oggi, ha avvertito, quello stesso spazio è diventato il terreno di conquista di nuovi oligarchi tecnologici: “Da Elon Musk, che domina l’orbita bassa con i suoi satelliti Starlink, a Jeff Bezos, Richard Branson e Mark Zuckerberg, i nuovi egemoni dello spazio”.
Nell’orbita geostazionaria (GEO), teoricamente più adatta a un controllo centralizzato, sono presenti meno strumenti, ma anche qui il potere si concentra nelle mani di pochi. “Firmiamo moduli per proteggere la nostra privacy, eppure quei dati potrebbero essere ceduti gratuitamente. I veri dati sensibili sono quelli richiesti dai cookies, che ci obbligano a cedere informazioni in cambio dell’accesso ai contenuti”, ha spiegato Bianucci.
Per il futuro, la sfida è chiara: diventare cittadini più consapevoli, in grado di gestire gli strumenti digitali e non di esserne dominati. Secondo Piotto, l’Europa ha le potenzialità per liberarsi dalla dipendenza dalle multinazionali americane, soprattutto in ambito tecnologico. E Artioli ha riconosciuto che, almeno in alcuni ambiti, l’Unione Europea si è dimostrata previdente, evitando che l’intelligenza artificiale possa arrivare a influenzare il giudizio sociale su ogni singolo individuo.
A concludere, ancora Piero Bianucci: “La via d’uscita da questo controllo pervasivo dell’informazione passa solo attraverso la conoscenza. Dibattiti pubblici, convegni, divulgazione: solo così possiamo formare cittadini capaci di orientare le proprie opinioni, evitando di essere manipolati nella quotidianità”.
Prendiamoci in mano gli strumenti di produzione. Non diventiamo i prodotti sotto il controllo di altri.
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