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06 Aprile 2025 - 00:15
La sindone
Il tempo non cancella. A volte copre, ma non dimentica. E quando una comunità si ferma, si raccoglie, e tende l’orecchio alla propria storia, il passato si fa presente. Così accade a Lanzo Torinese, dove nei giorni 16 e 17 aprile una riproduzione a grandezza naturale della Sacra Sindone sarà accolta con rispetto, emozione, e forse anche un pizzico di quel pudore che si ha davanti a qualcosa di troppo grande per essere compreso appieno.
Lanzo non è una tappa qualunque. Non lo è per il progetto internazionale Ostensione Diffusa, promosso dall’Università Pontificia Regina Apostolorum e da Othonia in occasione del Giubileo 2025, e non lo è per chi conosce davvero la storia della Sindone. Perché fu proprio da qui, nel 1535, che il Sacro Lino passò nel suo viaggio da Chambéry a Torino, scortato dai Duchi di Savoia attraverso le Valli di Lanzo, allora parte delle “Terre di Margherita”, dominio nobiliare e cuore spirituale di un Piemonte ancora in cammino verso la sua identità.
Quel passaggio, annotato nei documenti storici, non fu una semplice traslazione. Fu un vero e proprio pellegrinaggio collettivo, segnato dalla devozione popolare e dalla consapevolezza che quel telo — straziato, misterioso, silenzioso — portava con sé qualcosa di unico: il volto del dolore, e forse della resurrezione.
A far sì che Lanzo possa oggi rivivere quella pagina straordinaria è l’associazione di volontariato ChaTo ETS, nata nel 2013 per ridare voce e volto ai Percorsi Sindonici. ChaTo sta per Chambéry-Torino, il tragitto simbolico e storico lungo il quale la Sindone viaggiò più volte tra il XV e il XVIII secolo, a volte per scelta spirituale, altre per necessità politica, sempre con una forte valenza simbolica. L’associazione, iscritta al RUNTS, è da anni impegnata nel promuovere la cultura del territorio, in particolare delle Valli di Lanzo, valorizzando cammini, sentieri, memorie e tradizioni che rischierebbero altrimenti di perdersi nella polvere degli archivi o nell’indifferenza dei tempi.
L’appuntamento lanzese del 16 e 17 aprile è carico di significati. La riproduzione della Sindone verrà esposta nella scuola media “Federico Albert”, intitolata a uno dei grandi educatori piemontesi, che da Lanzo partì per una vita interamente spesa al servizio dei più deboli. Proprio qui, gli studenti hanno partecipato al contest “Io la Sindone la vedo così”, promosso da ChaTo in memoria del socio fondatore Franco Giusti, artista e pellegrino, che dedicò la propria vita al racconto visivo della fede. I ragazzi, armati di pennarelli, immagini, parole e sensibilità, hanno provato a restituire con occhi nuovi il senso di un oggetto che appartiene a tutti, ma parla in modo diverso a ciascuno.
Il secondo giorno, la Sindone si sposterà nel saccello delle suore, luogo di silenzio e preghiera, per un’esposizione aperta alla cittadinanza, fatta di raccoglimento e meditazione. Sarà presente anche il professor Baima Bollone, medico legale e sindonologo, una delle voci più autorevoli al mondo sul tema. Il suo sguardo scientifico, accanto alla sensibilità spirituale del progetto, offrirà ai presenti un’occasione preziosa per riflettere sul valore della Sindone, che San Giovanni Paolo II definì “provocazione all’intelligenza”, e che il cardinale Roberto Repole ha recentemente chiamato “il calco della Resurrezione”.
Il progetto Ostensione Diffusa nasce proprio da qui: dal desiderio di rendere la Sindone accessibile, portandola là dove non arriva normalmente. Nelle scuole, nei paesi, nelle parrocchie di montagna, nei piccoli centri dimenticati. Dove la fede è spesso più tenace della struttura, e dove una copia della Sindone può diventare molto più di un’immagine: può diventare incontro, conforto, occasione di senso.
Il cammino non finisce a Lanzo. Dopo queste due giornate, la Sindone raggiungerà il Sacro Monte di Belmonte, dove rimarrà esposta dal 18 al 28 aprile, per poi proseguire verso Ciriè, Monforte d’Alba, Bene Vagienna, la Val di Viù e altre tappe in Piemonte, in un viaggio che intreccia spiritualità e territorio. Ogni tappa sarà diversa, ogni comunità la interpreterà a modo proprio. Ma Lanzo resta speciale, perché è memoria viva, luogo autentico di passaggio, crocevia di storia e devozione.
ChaTo ETS accompagna ogni passo di questo cammino con attenzione, rigore e passione. L’associazione non si limita a esporre: organizza conferenze, escursioni, stampa materiali informativi, raccoglie testimonianze, cataloga percorsi. Ha pubblicato libri, come Pellegrinaggio d’autore (anche in edizione inglese), La lunga trama e, in collaborazione con il professor Bollone, La notte della prova. Ha ideato le credenziali del pellegrino, piccoli passaporti spirituali su cui apporre timbri lungo il cammino, ed è stata promotrice della prima Festa Internazionale della Sindone (anche in edizione online durante il Covid). È una realtà che lavora nel silenzio, ma lascia il segno.
La Sindone, per molti, è un mistero. Per altri, una reliquia. Per altri ancora, una semplice immagine. Ma quello che accade a Lanzo in questi giorni è qualcosa di diverso. È una comunità che ritrova se stessa attraverso il sacro. È un territorio che rilegge la propria storia senza retorica, ma con affetto. È un progetto che non ha paura di mescolare cultura, scuola, spiritualità, arte, educazione. Perché, come ci ricorda la Sindone stessa, non tutto si può spiegare. Ma tutto può essere contemplato.
E in un tempo come il nostro, che ha bisogno più che mai di senso, di gesti autentici e di cammini condivisi, il passaggio della Sindone a Lanzo non è solo un evento. È un dono. È un inizio.
La Sindone non è mai stata ferma. Come ogni cosa viva, ha viaggiato, ha attraversato montagne, confini, guerre, speranze. Ha visto le mani dei potenti e la fede del popolo. Ha lasciato tracce sulle strade e nei cuori. Ogni suo trasferimento è stato un momento cruciale, non solo per la storia della reliquia, ma per l’identità di un’intera regione, il Piemonte, e per i luoghi che l’hanno custodita e accompagnata. E in particolare per le Valli di Lanzo, cuore delle antiche Terre di Margherita, scenario privilegiato di alcuni dei suoi passaggi più intensi e meno conosciuti.
Il primo grande viaggio avviene nel XV secolo. La Sindone, allora conservata a Chambéry, capitale della Savoia, viene più volte spostata dai duchi Amedeo IX e Jolanda per motivi religiosi e politici. Tra le tappe ricorrenti troviamo Grenoble, Sisteron, Nizza Montagna, Oneglia, Caravonica, fino a toccare il Piemonte con Cherasco, Carmagnola, Pinerolo. È un pellegrinaggio tra corti e città, sempre seguito da folle in preghiera. Così accade nel 1478, nel 1488 e nel 1494. E ogni volta, la Sindone torna a Chambéry. Ma il suo destino è altrove.
Nel 1535 comincia il viaggio che lega per sempre la Sindone al Piemonte. I duchi Carlo III e Beatrice di Savoia, minacciati dalla guerra, decidono di portare il Sacro Lino al sicuro. Il percorso scelto attraversa proprio le Valli di Lanzo, in un’epoca in cui quelle valli sono dominio privato della Casa Savoia. Il tragitto è lungo e impervio: da Chambéry a Bessans, Avérole, poi la discesa attraverso la Val d’Ala, passando per Balme, Ala di Stura, Ceres, Mezzenile, Lanzo, fino a Nole e infine Torino. Da qui, la Sindone prosegue per San Mauro, Vercelli, Milano, dove il 7 maggio 1536 viene esposta al Castello Sforzesco, davanti a una folla commossa. Non è finita: ancora pochi giorni e arriva a Orzinuovi, e poi a Mantova, accolta dal marchese Federico II Gonzaga, che aveva appena ereditato il Monferrato.
Questo viaggio è storico, non solo perché segna l’arrivo della Sindone nei grandi centri italiani, ma perché tocca il cuore montano e popolare del Ducato, quegli stessi luoghi oggi riscoperti dall’associazione ChaTo ETS attraverso i Percorsi Sindonici.
La Sindone rimane a Vercelli fino al 1560, quando torna a Chambéry. Ma ormai l’attrazione verso Torino è inarrestabile.
Nel 1578, il Duca Emanuele Filiberto di Savoia, detto Testa di Ferro, prende una decisione epocale: trasferire la Sindone definitivamente a Torino, nella nuova capitale. Il motivo ufficiale è abbreviare il viaggio del cardinale Carlo Borromeo, che da Milano vuole venerarla a Chambéry. Ma è anche un gesto politico: portare il simbolo più potente del Cristianesimo nel cuore della nuova capitale del ducato. Il percorso è simile a quello del 1535, ma questa volta passa attraverso la Val di Viù, con arrivo al Castello di Lucento, poi alla Reale Chiesa di San Lorenzo, infine alla Cappella del Guarini, dove ancora oggi è conservata. Il cardinale Borromeo la venera con devozione: la Sindone è ormai “torinese”.
Ma la sua storia non è ancora finita. L’ultimo viaggio importante avviene nel 1706, durante l’assedio di Torino da parte delle truppe francesi. Per metterla in salvo, la Sindone parte ancora una volta in gran segreto: esce da Torino il 16 giugno al suono dei cannoni, diretta a Genova, scortata dalla famiglia ducale. Fa tappa a Cherasco, poi a Castelnuovo di Ceva, Ormea, Caravonica, Oneglia. Qui i Doria mettono a disposizione cinque galeoni. La Sindone attraversa il mare e arriva a Genova, dove rimane fino alla fine dell’assedio. A ottobre, la famiglia ritorna. E con essa, anche il Sacro Lino. Passa per Savona, la Val Bormida, Saliceto, Pamparato, Alba. E poi di nuovo Torino, dove da allora non ha più lasciato la sua dimora.
Oggi la Sindone è custodita con cura e venerazione. Ma non è più necessario spostarla per farla incontrare ai fedeli. È il senso dell’Ostensione Diffusa, il progetto che la porta in copia nei luoghi che l’hanno amata, custodita, attraversata. Luoghi come Lanzo, dove la sua storia non è un ricordo, ma una presenza viva. E dove ogni pietra racconta il passo di un cammino fatto di speranza, dolore, redenzione.
Perché la Sindone non è solo un oggetto sacro. È un viaggio senza fine. È la storia di un popolo in cammino verso qualcosa di più grande.
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