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05 Aprile 2025 - 18:48
Beatrice Orlandi
Nel tempo dei social che azzerano la memoria e moltiplicano l’effimero, due diciannovenni piemontesi hanno compiuto qualcosa di profondamente raro: hanno scelto di non pensare solo a sé stessi. Tommaso Caligari, nato il 20 marzo 2006 a Cressa, in provincia di Novara, e Beatrice Orlandi, nata il 23 gennaio 2006 ad Asti, sono tra i 29 giovanissimi italiani nominati Alfieri della Repubblica dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un riconoscimento che non celebra il successo individuale, la corsa al voto alto o alla medaglia sportiva, ma qualcosa di infinitamente più potente: il bene che si fa in silenzio.
Tommaso, appassionato di tecnologia e scienza fin da bambino, ha saputo trasformare una ferita familiare in un atto di speranza collettiva. Ha visto il nonno lottare contro il Parkinson, ha vissuto l’impotenza di fronte al decadimento fisico e cognitivo di una persona amata. E invece di arrendersi o voltarsi dall’altra parte, ha iniziato a studiare. Ore sui libri, tentativi, errori, esperimenti. E poi l’intuizione: realizzare un sistema basato sull’intelligenza artificiale capace di diagnosticare in modo precoce il morbo di Parkinson. Non ha brevettato la sua invenzione per ricavarne un profitto, non ha cercato sponsor o fondi da investitori. Ha deciso di donare il suo lavoro, rendendolo accessibile gratuitamente, perché la sua priorità non era far carriera, ma salvare vite. “L’ho fatto per mio nonno e per tutte le persone come lui. La scienza deve servire a questo”, ha detto. A 19 anni ha già capito tutto.
Beatrice, che studia musica, suona l’arpa e il pianoforte, ha scelto di portare la sua arte in ospedale, dove la musica non è decorazione ma conforto. Entra nel reparto di oncologia del “Cardinal Massaia” di Asti senza paura, sedendosi accanto ai pazienti sottoposti a terapie pesanti, portando con sé brani delicati, antichi e nuovi, vibrazioni che sciolgono le tensioni, placano l’ansia, fanno scivolare via – anche solo per qualche minuto – il peso del male. “La musica può arrivare dove le parole non riescono”, racconta con semplicità. E non è un modo di dire: i medici parlano di effetti concreti, di pazienti più sereni, di familiari riconoscenti. Beatrice non lo fa per gloria o curriculum, ma perché crede nel potere curativo della bellezza, perché non le basta suonare bene: vuole suonare per qualcuno.
Non sono influencer, non sono campioni sportivi, non hanno followers a sei zeri. Eppure oggi sono un esempio. L’Italia ha bisogno di questi ragazzi, non solo perché fanno cose straordinarie, ma perché lo fanno senza rumore, senza retorica, senza aspettarsi nulla in cambio. Il gesto di Sergio Mattarella, che ha consegnato loro l’attestato d’onore, è un segnale forte: ci sono giovani che valgono, che sanno pensare in grande senza dimenticare gli altri. In mezzo a una quotidianità in cui l’indifferenza sembra normalità, in cui il merito è spesso soffocato da logiche opache e stanche, i volti di Tommaso e Beatrice raccontano una storia diversa.
Non è solo la storia di due studenti modello, ma di due cittadini che si sono messi in gioco per migliorare il mondo che li circonda. Non con slogan, ma con azioni. Non aspettando che qualcuno li autorizzasse, ma prendendosi la responsabilità di agire. Conoscere i loro nomi oggi significa crederci un po’ di più, significa non arrendersi all’idea che il futuro sia già scritto. Sono giovani, eppure ci insegnano cosa vuol dire essere adulti.
Nel tempo dei selfie, loro hanno scelto di guardare gli altri. E per questo meritano tutto il nostro rispetto.
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