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INPS a Chivasso, si festeggia il minimo sindacale

Si festeggia un mezzo ritorno. Ma una volta l'INPS a Chivasso era una certezza, non un evento straordinario

Chivasso

La firma della convenzione tra Comune ed INPS

Toglieteci tutto, ma non la retorica della “prossimità”. Da oggi – giovedì 3 aprile – a Chivasso riapre ufficialmente il Punto INPS all’interno di Palazzo Einaudi. Ma attenzione: non si tratta di una sede, non di un ufficio permanente, e nemmeno di un ritorno alla normalità. È un punto. E sarà aperto due mattine alla settimana, su prenotazione obbligatoria. Dalle 8.30 alle 12.30, martedì e giovedì. Poco più di un miraggio.

Eppure oggi tutti applaudono. Si scomodano parole come accessibilità, inclusività, rete tra le istituzioni. Si parla di “grande soddisfazione”, si ringrazia l’INPS, si battono le mani al sindaco Claudio Castello, che rivendica il risultato come un traguardo dell’amministrazione. Ma a pensarci bene, siamo davvero di fronte a un successo?

Una volta l’INPS a Chivasso era un presidio fisso, con sportelli in via Demetrio Cosola. Una presenza concreta, quotidiana, senza bisogno di prenotazioni online o numeri verdi. Era lì, punto. Poi arrivò la chiusura – sotto l’amministrazione Ciuffreda, con Castello assessore – e cominciò la sfilata dei rimpiazzi: sportellini a tempo, convenzioni costose, servizi dimezzati e code infinite per chi era costretto a rivolgersi a Torino Nord per ogni minima pratica.

Nel 2018 si era addirittura parlato di un ritorno “vero”, con uffici nuovi nei locali dell’ex Ascom. Ma tra annunci, speranze e rinvii, siamo arrivati al 2025 con lo stesso risultato di anni fa: due mattine a settimana. Poco, pochissimo, per una città come Chivasso e per tutto il territorio che le gravita intorno.

La riapertura dell'INPS a Chivasso

“Riaprire il Punto INPS a Chivasso è motivo di soddisfazione perché offre un servizio di prossimità soprattutto ai cittadini più fragili”, ha dichiarato oggi il sindaco Castello. “Siamo fiduciosi che i servizi potranno essere implementati”, aggiunge. Bene. Ma la domanda resta: era davvero necessario chiudere tutto, per poi tornare con l’orologio dimezzato?

La verità è che il servizio di oggi è il risultato di una battaglia difensiva. Si festeggia perché abbiamo recuperato un pezzetto di quello che avevamo già. Si applaude perché siamo tornati al minimo sindacale. E questo, più che un successo, è la fotografia di un’Italia che si accontenta di ciò che resta.

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