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31 Marzo 2025 - 10:44
Manifestazione in corso
La rabbia ha lasciato le scrivanie e ha invaso la strada. In corso Costantino Nigra 2, davanti alla sede di Confindustria Canavese, è in corso in questo momento un presidio gremito e determinato: sono le lavoratrici e i lavoratori del settore delle telecomunicazioni, in sciopero oggi 31 marzo 2025 per l’intera giornata.
Gridano "contratto subito", perché il loro – quello nazionale di categoria – è scaduto da più di 24 mesi. E da allora, il nulla.
Mentre il traffico rallenta, la protesta cresce. Sventolano le bandiere di SLC CGIL, FISTEL CISL e UILCOM UIL, i sindacati che hanno proclamato lo sciopero dopo l’ennesima rottura delle trattative. E tra i cartelli e i megafoni, il messaggio è chiaro: "Due anni di attesa sono troppi. Le aziende ci ignorano, il governo ci dimentica. Noi non ci stiamo più".
La manifestazione di Ivrea è una delle due piazze piemontesi della mobilitazione nazionale: l’altra è a Torino, in via Fanti 17, sotto l’Unione Industriali. Due luoghi simbolo di quel potere economico che – denunciano i sindacati – "pretende sacrifici ma non restituisce nulla". E che, sul tavolo del rinnovo contrattuale, "ha sbattuto la porta in faccia ai lavoratori".
La trattativa si è arenata a dicembre 2024, e da allora nessuno si è più fatto vivo. Le aziende – soprattutto alcune Telco – si rifiutano persino di discutere gli aumenti.
E così, in un settore strategico per la digitalizzazione del Paese, gli stipendi restano fermi mentre l’inflazione corre. I lavoratori parlano di "erosione del salario reale", di "bollette che salgono mentre la busta paga resta uguale", di una vita sempre più precaria.
Ma non è solo una questione di soldi. Il grido di Ivrea è anche quello di un’intera filiera industriale "lasciata allo sbando", stritolata da appalti al massimo ribasso e da una concorrenza che svuota di senso il lavoro. "Il settore TLC è in crisi profonda. Nessuna visione, nessun investimento, solo tagli", spiegano i rappresentanti sindacali al megafono.
Call center, tecnici, manutentori, gestori di rete, data analyst: sono loro oggi a presidiare la città di Ivrea. Non ci stanno a essere invisibili. Non accettano di essere considerati "funzionari della digitalizzazione" solo sulla carta, salvo poi essere dimenticati nei contratti e nel rispetto.
E intanto il governo? "Immobilismo totale", tuonano i sindacati. Le istituzioni non intervengono, non convocano, non prendono posizione. E nel silenzio delle stanze romane, le aziende fanno cassa: comprimono i salari, tagliano i diritti, precarizzano. Sempre a spese degli stessi: chi lavora.
È per questo che oggi, da Ivrea, si alza un messaggio forte: "O si riapre il tavolo, o sarà solo l’inizio". L’inizio di una stagione di mobilitazione dura, radicale, nazionale.
Lo dicono senza mezzi termini le segreterie piemontesi di CGIL, CISL e UIL: "Basta promesse, basta tavoli vuoti, basta giocare con la nostra pazienza. Vogliamo il contratto. Vogliamo aumenti veri. Vogliamo dignità".
E mentre la mattinata scorre tra cori, interventi e volantinaggi, una cosa è certa: questa non è una protesta silenziosa. È una protesta che chiede rispetto. E che – come promettono in molti – non ha alcuna intenzione di fermarsi.
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