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Punto Rosso
01 Aprile 2025 - 07:46
Andrea Cantoni
Leggendo della mossa del consigliere comunale Andrea Cantoni, già candidato sindaco per FdI, FI e Lega, di scalzare dal ruolo di capigruppo la collega Vinciguerra subentrata al dimissionario Garino, mi è subito venuta in mente quella canzone degli anni ’70, le cui origini sono probabilmente più antiche, che faceva “e qui comando io e questa è casa mia, ogni dì voglio sapere chi viene e chi va”, un testo che stigmatizzava l’atteggiamento dispotico del marito-padrone che vuole sapere sempre dove la moglie va, chi frequenta e chi entra e chi esce da casa sua.
Se sostituiamo “marito-padrone” con “politico-padrone” la citazione casca precisa.
Ricordiamo come è andata. Dalla costituzione del Consiglio comunale nel giugno 2023 la minoranza che faceva capo al candidato sindaco Cantoni, poteva contare su due gruppi consigliari: “Eporedia Futura - Lega - Forza Italia - Forza Ivrea”, con capogruppo Cantoni, e “Fratelli d’Italia” con capogruppo Garino. Alle dimissioni di Garino, subentra la candidata della stessa lista che ha preso più voti, Marzia Vinciguerra. Tutto normale, Vinciguerra dovrebbe subentrare anche come capogruppo. Invece no, perché Cantoni pensa bene di inglobare il gruppo di FdI nel “suo”gruppo e già che c’era di rinominarlo “Giorgia Meloni per Cantoni Sindaco, Fratelli d’Italia”, cancellando in un sol colpo i suoi alleati.
Ben tafazziana mossa perché lo capisce anche un bambino che è meglio non schiaffeggiare gli “amici” e che nella capigruppo conviene essere in due dalla stessa parte per portare quanta più acqua possibile al proprio mulino. Ma questo aspetto masochistico, non mi tange, è solo un problema “loro”, e francamente se si scontrano, se si indeboliscono, evviva, così la si smette di dire che solo a sinistra si litiga…
Non sfuggirà però un altro aspetto, ben più grave perché riguarda tutte e tutti noi; parlo dell’olezzo di sessismo politicoche aleggia attorno a quella scelta. Fino a quando gli sedeva accanto il maschio collega Garino, Cantoni mai si sarebbe sognato di dirgli “Sai che c’è? Qui comando io e questa è casa mia”, torni ad essere consigliere “semplice”. Arriva la collega donna e invece si sente legittimato a tutto potere. Non la vuole come capogruppo, rimescola i gruppi, vuole essere “uomo solo al comando”.
Certo con il consenso della consigliera, si legge. Ma la conosciamo la storia. La storia dei consensi delle donne. Talvolta estorti, talvolta indotti, talvolta inconsapevoli.
Per questo plaudo alla consigliera Elisabetta Piccoli che ha abbandonato l’aula del consiglio comunale indignata per “atto di prepotenza antidemocratico consumato alle spalle di una donna consigliera”. Perché questo è stato prima di tutto la decisione del capogruppo di FdI, tutto il resto sono piccole beghe tutte interne al FdI, Lega e FI eporediesi.
La nostra società è permeata dal sessismo, dal maschilismo, dal patriarcato, una realtà vissuta quotidianamente dalle donne. Di conseguenza, è inevitabile che tali dinamiche si manifestino anche all’interno della politica, riflettendo la cultura nazionale. Nei partiti e in ogni campo sono dinamiche che donne, e uomini, liberi devono rifiutare e condannare. Anche partendo da piccoli gesti, come non stare al gioco, come alzarsi indignate.
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