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30 Marzo 2025 - 12:08
Hadja Lahbib
Contanti, torcia, radiolina a pile, documenti, medicinali, coltellino svizzero. No, non è la lista per un weekend in campeggio negli anni ’80, ma il contenuto del “kit di sopravvivenza” mostrato al mondo da Hadja Lahbib, commissaria europea per la Gestione delle Crisi. Un video-tutorial pubblicato con disinvoltura sui social, come fosse una ricetta di cucina. Peccato che al posto del ragù ci siano bombe, blackout e magari pure un’escalation nucleare.
“Cosa c’è nella mia borsa? Edizione sopravvivenza”, dice Lahbib con il sorriso un po’ tirato di chi forse si rende conto che sta giocando con la paura. Ma in fondo, si sa: nulla mobilita l’opinione pubblica come un pizzico di ansia ben confezionata. E allora giù di consigli, tra l’ironico e l’agghiacciante, su come superare le prime 72 ore in caso di guerra o catastrofe. Tre giorni in autonomia, come se bastassero a schivare il disastro.
C’è chi l’ha presa a ridere, chi ha condiviso il video con l’emoji del popcorn, chi ha detto “finalmente qualcuno ci prepara”, e chi invece – giustamente – ha iniziato a preoccuparsi. Perché se un’alta funzionaria europea si mette a fare video su come sopravvivere a un conflitto, forse non è solo una simpatica idea comunicativa. Forse è il segnale che l’aria, in Europa, sta cambiando. E non in meglio.
Siamo passati dai discorsi sulla pace ai tutorial su come rifugiarsi in cantina. Dai piani Marshall per la ricostruzione a quelli per la sopravvivenza fai-da-te. Non si parla più di diplomazia, ma di “resilienza individuale”. Ovvero: arrangiatevi. Mentre i grandi si preparano alla guerra, al popolo si consiglia di tenere una pila in casa e una scatoletta di tonno nello zaino. Il tutto condito da una radiolina, così potremo ascoltare le notizie mentre saltiamo i blackout.
Ma la vera domanda è: siamo diventati pazzi?
Stiamo davvero normalizzando l’idea che la guerra sia dietro l’angolo e che la soluzione sia portarsi dietro una bottiglietta d’acqua e qualche banconota? Ci parlano di “strategie di preparazione”, ma intanto si smette di parlare di trattative. Si taglia sulla sanità, si spende in armi, si censura chi osa dire che forse – forse – la guerra non è inevitabile.
E mentre Hadja Lahbib sistema i suoi occhiali da vista nel borsone della fine del mondo, a milioni di cittadini viene l’amaro sospetto: che ci stiano abituando al peggio. Che invece di fare tutto il possibile per evitare i conflitti, ci stiano lentamente addestrando ad accettarli.
Insomma, benvenuti nella nuova Europa. Quella dove si sventolano bandiere della pace solo a tempo perso, mentre si insegna alla popolazione come cavarsela da sola sotto le macerie. Ma tranquilli: con un coltellino svizzero, pare che si possa affrontare di tutto. Anche la fine del buon senso.
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