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30 Marzo 2025 - 11:47
In lacrime
C’è una data che la famiglia Di Monte non dimenticherà mai: 13 ottobre 2023. Non era un giorno speciale. Era una sera come tante. Fino a quando, in un attimo, il cielo sopra via Carpi a Rondissone si è tinto di rosso. Non era il tramonto. Era fuoco. Fiamme alte, fameliche, che si sono divorate tutto: la loro azienda, i loro mezzi, i loro sogni.
“In una sola notte siamo passati da cento a zero”, racconta oggi Morena Samu, moglie di uno dei titolari della Di Monte Demolizione, con una voce che sa di battaglia, ma anche di amore. Di quello che ti fa resistere quando sarebbe più facile mollare.
L’autodemolizione, costruita giorno dopo giorno, tra sacrifici, sudore e tanta passione, è stata completamente distrutta da un incendio che non ha lasciato scampo. Un evento devastante, ancora oggi avvolto dal mistero: nessuna telecamera, nessun testimone. Solo fumo e silenzio.
Le fiamme hanno ridotto in cenere tutto ciò che permetteva all’azienda di lavorare: camion, bisarche, veicoli speciali, attrezzature. Mezzi fondamentali, impossibili da sostituire senza un investimento enorme. E subito dopo, un’altra doccia fredda: il Comune ha dichiarato l’intera area inagibile.
Per quasi due anni, la famiglia è rimasta ferma, chiusa, ferita. Ma non abbattuta.
“Siamo una bella famiglia, con quattro meravigliosi bambini. Fino a due anni fa avevamo un’attività che ci rendeva davvero felici. Qualcuno ha deciso di spegnere quella felicità, dando fuoco a tutto”, ha scritto Morena in un toccante messaggio pubblicato a gennaio, per spiegare il senso profondo di ciò che è accaduto.
In quel fuoco non sono andati perduti solo dei mezzi, ma una vita intera costruita con le mani e col cuore.
E mentre la struttura restava inagibile, le spese no. Quelle hanno continuato ad arrivare, puntuali come sempre. Affitti, bollette, tasse: tutto è rimasto sulle loro spalle. Tutto, tranne il lavoro.
Ma loro non si sono lasciati schiacciare.
Hanno resistito.
Hanno lottato.
Hanno fatto fronte a ogni difficoltà, senza mai chiedere niente a nessuno.
Con pazienza e forza d’animo, hanno affrontato un lunghissimo processo di bonifica, pagato tutto di tasca propria, affrontando sopralluoghi, verifiche strutturali, consulenze tecniche. Giorno dopo giorno, metro dopo metro, hanno riportato in vita la loro azienda.
E oggi, dopo quasi due anni, finalmente il capannone è di nuovo agibile. Una buona notizia, certo. Ma solo il primo passo. Perché per ripartire davvero serve altro. Serve un mezzo di trasporto, almeno uno, per tornare a lavorare. Per tornare a portare il pane a casa.
“Ci serve un mezzo e costa davvero molto”, scrive Morena con umiltà e coraggio.
“Vi chiediamo condivisione e, perché no, magari un po’ di collaborazione. Perché sì, anche un solo euro, per noi, può essere l’inizio di una nuova speranza”.
Non c’è retorica in queste parole. Solo verità. Una verità nuda, semplice, potente. Quella di una famiglia che ha perso tutto, ma non la dignità. Che ha visto andare in fumo anni di sacrifici, ma che non ha mai smesso di crederci. Che non ha mai chiesto pietà, solo una possibilità.
E ora, quella possibilità passa da un appello alla solidarietà.
Un gesto, una condivisione, una donazione – anche piccola – può diventare un mattone per ricostruire, un segno concreto che questo Paese non è fatto solo di burocrazia e silenzi, ma anche di persone capaci di ascoltare, di tendere la mano, di aiutare davvero.
Perché dietro la storia della Di Monte Demolizione c’è qualcosa che riguarda tutti noi: la forza della famiglia, la dignità del lavoro, la bellezza di non arrendersi.
E ogni euro donato è una scintilla che non brucia, ma accende la speranza.
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