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Occupati col trucco: il Piemonte conta i lavoretti e ci chiama sviluppo

Boom di assunzioni? Macché: contratti usa e getta, pensionati obbligati a lavorare e numeri gonfiati. Il PD smaschera la propaganda della giunta Cirio e dell’assessora Chiorino

Occupati col trucco: il Piemonte conta i lavoretti e ci chiama sviluppo

Elena Chiorino

Altro che piena occupazione: in Piemonte siamo tutti occupati, sì… a sopravvivere con lavoretti precari, contratti a ore e pensioni che si allontanano come miraggi.

Lo dicono i numeri? Certo, ma quali numeri?

Quelli snocciolati con enfasi dall’assessora al Lavoro e vicepresidente della Regione Elena Chiorino, che – come fosse Angela Merkel in pieno boom tedesco – ha annunciato su tutti i social tre dati da standing ovation: tasso di occupazione al 69%, disoccupazione al 5,4%, 1.854.000 occupati in Piemonte. Il tutto condito con la consueta retorica del “merito delle nostre politiche attive”.

Peccato che, dietro la facciata, il Palazzo sembri festeggiare il nulla. O, peggio, un'emergenza mascherata da miracolo. A spegnere i coriandoli e le trombette dell’assessorato ci hanno pensato Monica Canalis, Maria Grazia Grippo e Massimo Tamiatti del Partito Democratico, che con una nota al vetriolo hanno riportato tutti con i piedi per terra. Il punto? “La destra festeggia il lavoro povero e i dati gonfiati”.

Già, perché secondo loro (e secondo l’ISTAT, a onor del vero), in quei numeri c’è dentro di tutto: i lavoretti saltuari, i contratti da due ore a settimana, le partite IVA costrette, gli over 60 che non possono andare in pensione perché la legge li costringe a restare, e magari anche qualche tirocinante pagato con un buono pasto.

Il trucchetto è semplice: basta allargare la definizione di “occupato” e puff! La statistica fa miracoli. Ma nella vita reale non si mangiano i grafici a torta. “Un aumento del tasso di occupazione non equivale automaticamente a nuovi posti di lavoro”, denunciano Canalis & Co, “soprattutto se a crescere sono le forme di impiego più precarie e sottopagate”.

E poi c’è la questione dei working poor, i lavoratori poveri. Una categoria che non compare nei titoli trionfali, ma che – se solo avesse voce – racconta una realtà fatta di stipendi insufficienti, contratti a termine e carriere a pezzi. Altro che Piemonte locomotiva del Nord.

Certo, i numeri sono “migliori” rispetto a quelli – disastrosi – del 2008, 2013 e 2020. Ma crescita non significa benessere. E soprattutto, come fa notare il PD, il tasso di occupazione piemontese resta inferiore a quello di quasi tutte le regioni del Centro-Nord. Altro che eccellenza.

“Chiorino dovrebbe fornirci i dati disaggregati”, chiedono i tre esponenti dem: “vogliamo sapere quanti sono i contratti stabili, quanti i precari, la distribuzione per età e per genere. E, soprattutto, vogliamo confronti reali con le altre regioni, non slogan da campagna elettorale”.

Eh già, perché nel frattempo c’è da chiedersi: quanto pesa davvero il lavoro dignitoso, stabile, tutelato, in questa corsa al primato numerico? Per ora, di certo, sappiamo che i poveri restano poveri, anche se vengono magicamente catalogati come “occupati”.

E mentre la destra si autoincensa con i report Unioncamere e si scatta selfie coi grafici, la sinistra prova a ricordare che i diritti sul lavoro non sono percentuali da piazzare nei post, ma vite da migliorare. Sempre che qualcuno, lassù in Regione, abbia ancora voglia di guardarle in faccia.

il post di Chioino

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