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24 Marzo 2025 - 16:38
Il cartonato
In un’epoca in cui la politica si misura in video-selfie e comunicati-lampo, la Regione Piemonte non poteva certo restare indietro. E infatti, a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale, è appena andato in scena il primo Consiglio aumentato della storia. No, non aumentato nel senso di “partecipato”. Né di “produttivo”. Aumentato nel senso più tecnologico del termine: al posto dell’assessore, un cartonato.
Non è una metafora. È successo davvero.
Stanchi di aspettare invano l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, i gruppi di opposizione hanno deciso di portarselo da casa. In versione bidimensionale, certo, ma pur sempre presente. Una sagoma a grandezza naturale ha preso posto tra i banchi della Commissione IV. Silenziosa, ma comunque più presente dell’originale, che – a detta delle opposizioni – non si vede da oltre un mese né in aula né in Commissione.
L'effetto? Un mix perfetto tra happening teatrale, installazione artistica e denuncia politica.
“Non ci resta che una sua sagoma”, “La sanità è ai blocchi di partenza”, dichiarano Gianna Pentenero (Pd), Alice Ravinale (AVS), Sarah Disabato (M5S) e Vittoria Nallo (Stati Uniti d’Europa).
E mentre l’assessore continua a promettere discussioni mai partite e piani mai presentati, il cartonato fa la sua figura. Immobile, in posa fissa, ma – diciamolo – coerente con la situazione sanitaria del Piemonte.
Eppure, il vero Riboldi non ci sta. Non ci sta fisicamente in Commissione, ma ci sta digitalmente, e anche piuttosto reattivo. Tempo di stampare il comunicato delle opposizioni, ed ecco che sui social compare un video di risposta. Un video che più che una replica sembra un trailer: Riboldi inquadra il viso, l’ufficio, e soprattutto – protagonista assoluta – l’email della segreteria della Commissione che, secondo lui, dimostrerebbe l’avvenuto spostamento della seduta al 31 marzo.
Fine della polemica? Neanche per idea. Perché, mentre lui agita l’allegato come fosse un certificato di esonero, il Piano Socio Sanitario resta ancora in sala d’attesa. Di concreto non c’è nulla. Il confronto promesso in aula per febbraio? Rimandato. I temi da affrontare con sindaci, consorzi, sindacati? Mai affrontati. Le Case di Comunità? Un mistero burocratico più fitto del nuovo “True Detective”.
Nel frattempo, la Giunta Cirio, sempre più specializzata nella politica del rinvio, ha già cancellato le Commissioni del lunedì mattina – perché disturbano la riunione di Giunta – e ora riesce a dare forfait anche a quelle fissate in altri orari, su richiesta propria. Il risultato? Un calendario svuotato, un’aula silenziosa e una democrazia ridotta a un teatrino a ranghi ridotti, dove chi dovrebbe esserci non c’è, e chi c’è non può fare nulla.
Ma torniamo alla strategia comunicativa riboldiana. Al video segue il comunicato: “Non ho mai saltato una Commissione alla quale sono stato convocato”, dichiara l’assessore. Peccato che la convocazione l’avessero chiesta proprio le opposizioni, e che l’assenza, seppur “autorizzata”, resti un’assenza. Perché la politica, in teoria, è anche una questione di confronto. Ma se si preferisce parlare solo agli eventi di Fratelli d’Italia, tra applausi assicurati e domande preconcordate, allora viene il sospetto che la Commissione serva solo come sfondo per qualche foto da curriculum.
Del resto, Riboldi è impegnatissimo: il 24 marzo era tutto preso dall’organizzazione di un Hackathon sulla logistica sanitaria, insieme al direttore di Azienda Zero. Un evento nobilissimo, per carità. Ma difficile pensare che un confronto sul futuro della sanità regionale possa essere messo in secondo piano per un pomeriggio di brainstorming da open space.
Insomma, la Regione Piemonte sembra aver preso sul serio la transizione digitale. Non nei servizi ai cittadini, ma nel modo di fare politica. L’assessore diventa contenuto multimediale. Le email, argomento di dibattito. Le sagome, strumenti di protesta. E il Consiglio? Un luogo dove il vero confronto è rimandato a data da destinarsi, magari dopo Pasqua, o forse dopo le prossime elezioni.
Nel frattempo, i cittadini e il personale sanitario, i sindacati e gli amministratori locali, possono anche farsene una ragione: il Piano Socio Sanitario non è cosa loro. È materia per pochi eletti, per appuntamenti chiusi, per cerchie ristrette. E chi osa chiederne conto in sede istituzionale viene tacciato di fare “sceneggiate”.
Ma forse hanno ragione le opposizioni: se la Regione vuole fare teatro, allora almeno che sia dichiarato.
Così si potrà fare richiesta al FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo. Magari con la speranza che – nel prossimo bilancio – qualcosa resti anche per ospedali, distretti e cittadini reali, quelli che, a differenza dei cartonati, non si possono piegare e riporre a fine seduta.
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