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22 Marzo 2025 - 16:04
Mustafà Fedda
Per la prima volta dopo anni, la raccolta alimentare del Centro islamico di Ivrea per i detenuti musulmani della casa circondariale è stata respinta. Un gesto di solidarietà che si ripeteva puntualmente ogni Ramadan rischia di sparire, bloccato da una doppia porta chiusa: quella della burocrazia e quella della prudenza istituzionale.
Due le richieste inoltrate dal Centro nelle scorse settimane, entrambe respinte dalla direttrice Alessia Aguglia. La prima, inviata a metà febbraio, è stata rigettata per presunti motivi legati ai tempi troppo stretti per esaminare l’autorizzazione. La seconda, inoltrata con anticipo, è stata stoppata per ragioni di sicurezza: “i prodotti non sarebbero facilmente ispezionabili”, questa la motivazione comunicata.
Un colpo al cuore per la comunità islamica eporediese, che da anni organizza questa iniziativa coinvolgendo decine di fedeli. La raccolta – simbolo di condivisione e inclusione – consiste in una lunga lista di alimenti specifici per la rottura del digiuno: datteri, tè, latte, lenticchie, biscotti, spezie, zucchero, caffè. Tutto comprato con le offerte e sistemato in bauli capienti, poi consegnato in carcere.
Fino a qualche anno fa, la distribuzione era diretta: i volontari portavano i pacchi ai detenuti. Più di recente, per motivi organizzativi, gli alimenti venivano depositati in cucina e poi distribuiti dal personale penitenziario. Quest’anno, però, la macchina della solidarietà si è fermata.
A occuparsi personalmente della consegna, come confermato da più fonti, sarebbe stato l’imam Mustapha Fedda, guida spirituale della comunità musulmana eporediese e punto di riferimento per i circa ottanta detenuti di fede islamica presenti nella struttura. “Non si tratta di un semplice gesto materiale, ma di un atto religioso e umano”, sottolineano dal Centro.
L’assenza di un dialogo successivo ha lasciato l’amaro in bocca. Dopo i due rifiuti, la direzione non avrebbe più cercato un contatto per provare a sbloccare la situazione. Una chiusura che pesa, soprattutto nel mese sacro, quando il senso della comunità e la condivisione del cibo sono elementi centrali nella vita spirituale dei musulmani.
Il garante comunale per i diritti delle persone detenute, Raffaele Orso Giacone, è stato informato e avrebbe avviato un tentativo di mediazione con la direzione. Anche l’assessora Gabriella Colosso, impegnata da anni su progetti che coinvolgono la popolazione carceraria, è stata messa a conoscenza della vicenda.
Al momento, però, tutto tace. E la sensazione è che, almeno per quest’anno, non ci sarà alcuna consegna.
Il Ramadan è il nono mese del calendario islamico, periodo sacro per i musulmani. Dall’alba al tramonto i fedeli si astengono da cibo, bevande, fumo, rapporti sessuali e comportamenti negativi. Il digiuno (sawm) è uno dei cinque pilastri dell’Islam.
Nel 2025, il Ramadan è iniziato il 28 febbraio e terminerà il 30 marzo con l’Eid al-Fitr, la festa di interruzione del digiuno. Per chi si trova in carcere, come per chi è libero, il Ramadan è un momento di riflessione, preghiera e connessione con la comunità. Il pasto serale, iftar, è il momento più atteso e simbolico della giornata: è lì che la solidarietà diventa concreta.
Senza i prodotti raccolti dal Centro islamico – cibi tradizionali, speziati, nutrienti, preparati per l’occasione – molti detenuti rischiano di non riuscire a osservare correttamente i riti religiosi. E soprattutto di sentirsi isolati, dimenticati, tagliati fuori da un gesto che negli anni ha unito fede e umanità. Quest’anno, quel ponte si è spezzato.
LA VOCE DEL CANAVESE
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