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22 Marzo 2025 - 15:09
“L’ultimo dei Grandi Maestri”. Vittorio Sgarbi e il silenzio della mente. La toccante lettera del suo storico agente
Vittorio Sgarbi è sempre stato una voce potente, capace di scuotere, dividere, affascinare. Ma oggi quella voce si è fatta più flebile, coperta da un silenzio profondo, quello che la depressione sa imporre anche a chi, come lui, ha fatto dell’arte e della parola la propria missione. In una recente intervista, il critico d’arte ha ammesso con lucidità e coraggio di attraversare un momento buio. “Mi sembra di essere un treno fermo in una stazione sconosciuta” ha detto, descrivendo con un’immagine poetica e dolorosa quel senso di smarrimento che solo chi conosce il male dell’anima può comprendere.
A 71 anni, dopo una vita trascorsa a difendere la bellezza, a portare Caravaggio tra la gente e Pasolini tra i muri dei borghi dimenticati, Sgarbi si ritrova oggi a lottare con se stesso, con un corpo che si fa più fragile, con una mente che chiede tregua. Chi gli è stato accanto negli anni sa quanto la sua energia fosse inarrestabile, quanto ogni giornata fosse scandita da incontri, conferenze, libri, viaggi, mostre, interventi accesi, polemiche, provocazioni e genialità. Per questo la sua assenza oggi pesa, sorprende, interroga. E commuove profondamente la lettera che il suo storico agente, Salvo Nugnes, gli ha dedicato, un gesto che va oltre il rispetto professionale: è un tributo sincero da parte di chi ha conosciuto Vittorio nel profondo.
Caro Vittorio,
sono passati più di quarant’anni da quando la tua voce ha iniziato a risuonare nel panorama culturale italiano con forza, chiarezza e soprattutto passione. In tutto questo tempo non sei mai stato un semplice critico d’arte: sei stato un interprete, un custode, un combattente. E oggi, in un’epoca che sembra dimenticare troppo in fretta, possiamo dire con gratitudine che sei l’ultimo dei grandi Maestri, di quelli che non si sono mai stancati di dire che l’arte è una cosa viva, urgente, necessaria.
Ricordo con molto piacere gli anni trascorsi assieme a lavorare, una decade intensa, e quanto ho imparato da te. Anni in cui, giorno dopo giorno, ho cambiato il mio punto di vista, ho affinato lo sguardo, fino a potermi formare e forgiare una vera e propria passione per l’arte. Una passione che oggi è parte viva della mia identità, e che ti devo.
Ci hai insegnato che l’arte non si guarda soltanto: si vive. Che non si può relegare nei musei come in mausolei del passato, ma che va portata nelle strade, nei dibattiti, nei cuori delle persone. La tua visione ha superato ogni confine accademico o elitario: l’arte, hai sempre detto, non è riservata a pochi eletti, ma appartiene a tutti, e ognuno ha il diritto e il dovere di fruirne, difenderla, goderne. In tutti i modi possibili.
Hai riportato l’arte alla sua funzione originaria: servire la vita. L’arte che consola, che scuote, che provoca. L’arte che ci fa pensare, sognare, reagire. Hai riportato Caravaggio, Pasolini e diversi altri tra la gente comune, hai risvegliato l’Italia più bella, quella nascosta nei piccoli musei, nelle chiese dimenticate, nei borghi lontani dai riflettori. E hai sempre fatto tutto questo con la passione travolgente di chi crede davvero in ciò che dice.
Spero tanto finisca presto questo surreale periodo complicato. È urgente restituirti la libertà piena di essere dove devi essere: tra le persone, a parlare, scrivere, raccontare. Perché sono in tanti, siamo in tantissimi, ad aspettarti. I tuoi estimatori vogliono tornare ad ascoltarti, leggerti, seguirti nelle tue imprese. Perché nessuno, come te, ha mai fatto vincere l’arte nel quotidiano della gente. Nessuno ha saputo renderla così necessaria, così concreta, così nostra.
Sei stato e sei ancora voce scomoda, pungente, irrinunciabile. E proprio per questo necessaria. In un tempo in cui tutto si consuma in fretta, tu sei rimasto saldo, coerente nella tua missione: educare, provocare, ricordare. A noi, e soprattutto ai giovani, che l’arte è memoria, libertà, identità.
Oggi ti scrivo con riconoscenza profonda. Perché attraverso di te abbiamo imparato a guardare con occhi nuovi, a riconoscere la bellezza anche dove altri non la vedevano. Abbiamo capito che un quadro, una scultura, un monumento, non sono solo oggetti, ma frammenti della nostra storia e del nostro futuro.
Sei l’ultimo dei Grandi Maestri. Ma anche il primo, in un certo senso, dei veri appassionati. E per questo ti dobbiamo molto.
Con stima, ammirazione e affetto,
Salvo Nugnes
Oggi Vittorio Sgarbi non sta bene, ma questa lettera, insieme ai messaggi di chi gli vuole bene, dimostra che non è solo. La depressione è una condizione reale, profonda, che non guarda titoli, successi o notorietà. Ma è anche una sfida che si può affrontare, con il giusto tempo, il giusto aiuto e, soprattutto, con il calore di chi non smette di credere nel valore di una persona. In attesa di rivedere Sgarbi di nuovo sul palco, in tv o tra le sale dei musei, resta vivo il suo insegnamento: l’arte è vita, e ci salva. Anche nei giorni più bui.
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