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13 Marzo 2025 - 10:48
Maria Luisa Bassignana con Giovanni
E' il 21 maggio 2024, una data che per molti non ha un significato particolare, ma che per Giovanni, 78 anni, segna l’inizio di un percorso che ha cambiato profondamente la sua esistenza. Uomo autosufficiente, con una lunga storia di problemi di salute alle spalle, Giovanni ha imparato a convivere con le sue patologie, con quel senso di precarietà che solo chi affronta quotidianamente la fragilità del proprio corpo può comprendere. Ma c’era qualcosa di diverso, quella volta. Una nuova difficoltà che non poteva essere ignorata e che lo metteva di fronte a una scelta difficile.
A entrare nella sua vita quel giorno è stata Maria Luisa Bassignana, un’Infermiera di Famiglia e di Comunità che lo ha preso in carico nell’ambito del progetto Strategia Aree Interne per le Valli di Lanzo dell’ASL TO4. Non era un’assistenza tradizionale, non un intervento fugace e impersonale, ma un rapporto basato sulla fiducia, sul dialogo, sull’ascolto attento di chi sa che dietro ogni paziente non c’è solo una cartella clinica, ma una persona con le sue paure, i suoi limiti, le sue speranze.
Giovanni vive nelle Valli di Lanzo, un territorio straordinario, ma dove l’accesso ai servizi sanitari può trasformarsi in un percorso a ostacoli. Qui, dove le distanze si misurano in tempi di percorrenza più che in chilometri, la sanità territoriale assume un valore inestimabile. Maria Luisa Bassignana sa bene che il suo compito non è solo quello di monitorare parametri e somministrare cure, ma di costruire un ponte tra il paziente e un sistema sanitario spesso percepito come lontano, frammentato, dispersivo.
Dopo un primo periodo di osservazione, l’infermiera nota qualcosa che la preoccupa: una lesione cutanea sospetta, qualcosa che avrebbe richiesto un approfondimento specialistico. Ma Giovanni non vuole saperne. Troppo stanco di visite, di appuntamenti, di viaggi per esami e controlli. "No, grazie, preferisco lasciar perdere." Parole che risuonano di un’insofferenza comprensibile, di una resistenza radicata nel vissuto di chi ha già attraversato troppe stanze d’ospedale.
Maria Luisa Bassignana, però, non si arrende. Non impone nulla, non insiste con la durezza che spesso accompagna il linguaggio medico.
Fa qualcosa di più difficile: ascolta. "Capisco la sua stanchezza, signor Giovanni, ma questa visita potrebbe fare la differenza."
Un dialogo sincero, fatto di piccoli passi, di spiegazioni pazienti, di uno sguardo che non giudicava ma accoglieva. Giovanni, lentamente, si convince. Accetta di sottoporsi a una visita dermatologica e il verdetto è chiaro: la lesione va rimossa al più presto. Un intervento che sembra la fine del problema, ma che invece è solo l’inizio.
Dopo l’asportazione della neoformazione, arriva una seconda diagnosi: serve un altro intervento, per ampliare i margini ed evitare il rischio di recidive.
E' come ricevere un colpo al petto. "Basta, non voglio più farlo."
La stanchezza prende il sopravvento, la paura lo immobilizza.
Ancora una volta, è Maria Luisa a fare la differenza. Non gli dice che deve operarsi, non lo spinge con pressioni o minacce velate. Gli parla. Lo accompagna in questo nuovo tratto di strada, lo aiuta a dare un nome alle sue paure.
"Non è solo un intervento, signor Giovanni. È la sua vita che merita di essere protetta."
Un patto silenzioso si stringe tra i due. Non è più solo un paziente e un’infermiera, ma due persone che si sostengono a vicenda in una battaglia comune. Giovanni accetta un colloquio con i chirurghi, ma con una condizione: Maria Luisa deve accompagnarlo. E così è. La sua presenza, quel giorno, fa la differenza. Perché non è più solo davanti a termini medici incomprensibili, non è più solo di fronte a decisioni che gli sembrano schiaccianti. Qualcuno è lì per lui. Qualcuno che non lo avrebbe lasciato andare alla deriva.
L’intervento si svolge con successo e oggi Giovanni segue con scrupolo i controlli post-operatori. Il legame con Maria Luisa non si è spezzato: lei continua a monitorare il suo stato di salute, a passare a trovarlo, a fare in modo che non si senta mai più solo di fronte alla malattia.
Ma la storia di Giovanni non è solo la storia di un uomo. È la storia di una sanità territoriale che funziona, che non si limita a curare, ma a prendersi cura. Grazie alla Strategia Aree Interne per le Valli di Lanzo, la presenza degli Infermieri di Famiglia e di Comunità sta cambiando il volto dell’assistenza nelle zone più remote. Nel 2024, solo nelle Valli di Lanzo, sono state effettuate 636 prestazioni, tra monitoraggi, visite e consulenze. Numeri che raccontano di vite toccate, di solitudini alleviate, di paure trasformate in speranza.
"L’infermiere di famiglia non è solo un operatore sanitario, ma un punto di riferimento, un volto amico, un ponte tra la medicina e la vita quotidiana delle persone." spiega Clara Occhiena, Responsabile della Direzione delle Professioni Sanitarie dell’ASL TO4. "Il nostro obiettivo è essere presenti prima che il problema diventi emergenza, accompagnare, ascoltare, prevenire. Solo così possiamo fare la differenza."
Anche l’assessore alla Sanità del Piemonte, Federico Riboldi, sottolinea l’importanza di un modello sanitario che sappia essere vicino alle persone. "Il futuro della sanità è nella prossimità, nella capacità di costruire relazioni, di portare l’assistenza dove c’è bisogno e non aspettare che il paziente arrivi all’ospedale. La storia di Giovanni dimostra che la strada intrapresa è quella giusta."
Oggi, Giovanni sta meglio. Ma non è solo la cicatrice sul suo corpo a raccontare il suo percorso. Ciò che lo ha davvero salvato non è stato solo un bisturi, ma uno sguardo che lo ha accolto, una voce che lo ha rassicurato, una mano che ha saputo stringere la sua nel momento più difficile. Perché, a volte, la medicina più potente è sapere di non essere soli.
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