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06 Marzo 2025 - 15:05
Terre rare
La corsa ai metalli strategici arriva fino alle alte valli torinesi, ma incontra un muro di resistenza da parte della popolazione locale. Cobalto e nichel, preziosi per l’industria tecnologica e le batterie al litio, si nasconderebbero nel sottosuolo della Val d’Ala, e la possibilità di sfruttarli sta già scatenando polemiche e preoccupazioni.
La questione è finita sotto i riflettori di La7, con un servizio della trasmissione L’aria che tira che ha raggiunto Balmeper raccogliere umori e reazioni. Qui, tra borgate di montagna e paesaggi incontaminati, l’idea di perforazioni e miniere ad alta quota suona come un campanello d’allarme. Il timore è che si tratti di un’operazione di puro sfruttamento, con impatti devastanti su ambiente, turismo e risorse idriche.
Il progetto di ricerca mineraria non è nuovo: la multinazionale australiana Alta Zinc Ltd, tramite la controllata Strategic Minerals Italia Srl, aveva già avanzato richieste di esplorazione per individuare giacimenti a Punta Corna, nel comune di Usseglio. Successivamente, le domande sono state estese anche ai territori di Balme, Lemie e Ala di Stura. Le amministrazioni locali si sono trovate divise tra l’attrattiva di un possibile sviluppo economico e il rischio di un danno irreversibile all’ecosistema montano.
A Balme, però, la posizione è stata chiara sin dall’inizio: nessuna perforazione, nessun esperimento sul territorio. Il Comune ha adottato una delibera di ferma opposizione, preoccupato soprattutto per la possibile contaminazione delle falde acquifere e per l’impatto sulla fragile economia turistica locale, che ha puntato sulla valorizzazione dell’ambiente e della sostenibilità. Il timore è che l’arrivo delle trivelle possa cancellare decenni di lavoro e trasformare la valle in un cantiere a cielo aperto, con benefici tutti da dimostrare per gli abitanti.
Mentre la battaglia per il futuro della Val d’Ala si fa sempre più accesa, resta una speranza per chi si oppone alle estrazioni: che i filoni di cobalto non siano così consistenti da rendere economicamente vantaggiosa la loro estrazione. Perché quando a decidere è il profitto, il rischio è che le voci delle comunità locali finiscano sepolte sotto le macerie del progresso.
Le Valli di Lanzo vantano una lunga tradizione mineraria che risale al XIII secolo. Storicamente, in queste valli si estraevano minerali come ferro, rame e argento. In particolare, nella Val Grande, furono aperti scavi minerari nei territori di Usseglio, Cantoira, Ala e Groscavallo.
Un minerale di particolare interesse è la piemontite, scoperta nel 1853 e così denominata in onore del Piemonte. Questo minerale si presenta in aggregati di colore rosso-violaceo o rosso-bruno e si forma prevalentemente in rocce metamorfiche. Nelle Valli di Lanzo, la piemontite è stata rinvenuta a Ceres.
Recentemente, l'attenzione si è focalizzata su Punta Corna, dove si trovano miniere dismesse che in passato erano sfruttate per l'estrazione di cobalto, oggi richiesto per la produzione di batterie per veicoli elettrici. Le società Alta Zinc e Alligator-KEC hanno ottenuto permessi per esplorare la zona e valutare la fattibilità di nuove estrazioni.
Tuttavia, la possibile riattivazione delle attività estrattive ha generato preoccupazioni tra le comunità locali e le associazioni ambientaliste, che temono un impatto significativo sull’ecosistema e sul turismo sostenibile, risorsa fondamentale per la regione.
Alta Zinc opera in Italia tramite la controllata Energia Minerals (Italia) Srl, con sede a Milano. Tra i suoi progetti spicca il Gorno Zinc Project in Lombardia, mirato alla riattivazione di una miniera di zinco. In Piemonte ha ottenuto permessi per l’esplorazione di cobalto e nichel tra Usseglio e Balme.
Alligator Energy, in collaborazione con KEC Exploration Pty Ltd, ha costituito la joint venture Ivrea Age Srl, con sede a Torino, per operare in Piemonte. Questa partnership ha ottenuto permessi per la ricerca di nichel, cobalto e argento in diverse zone della regione, tra cui Borgosesia, Quarona, Varallo e Vocca.
Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici fondamentali per l’industria tecnologica e la transizione energetica. Comprendono metalli come neodimio, lantanio e cerio, utilizzati nella produzione di magneti, batterie e componenti elettronici. Pur non essendo parte di questo gruppo, il cobalto è spesso associato alle terre rare per il suo ruolo chiave nella produzione di batterie e superleghe. La loro estrazione, però, solleva questioni ambientali e geopolitiche, poiché i giacimenti si trovano in aree spesso sottoposte a sfruttamento intensivo e instabilità politica.
Balme e la Val d’Ala si trovano al centro di una partita complessa, in cui si intrecciano interessi economici, protezione ambientale e il diritto delle comunità locali a decidere il futuro del proprio territorio. Una sfida aperta, che vedrà nei prossimi mesi nuovi sviluppi e, forse, nuove battaglie.
Le Valli di Lanzo, situate nelle Alpi Graie piemontesi, conservano una lunga e affascinante storia mineraria che affonda le radici nel Medioevo. Sin dal XIII secolo, queste valli furono teatro di intense attività estrattive, che hanno lasciato un segno indelebile sul territorio e sulle comunità locali. Le prime notizie documentate sulle miniere delle Valli di Lanzo risalgono alla seconda metà del Duecento, con l’estrazione di ferro, rame e argento. Nel 1267, in diversi comuni come Lemie, Chialamberto e Groscavallo, erano già attivi forni fusori destinati alla lavorazione dei metalli. L’argento, particolarmente presente nella Val Grande, divenne un’importante risorsa economica e strategica per le comunità locali e per i signori feudali dell’epoca.
L’attività estrattiva si sviluppò ulteriormente nei secoli successivi, con un’economia mineraria che coinvolgeva non solo gli abitanti delle valli, ma anche investitori provenienti da altre regioni. La lavorazione dei minerali avveniva spesso in loco, con la costruzione di mulini e fucine lungo i torrenti montani, sfruttando la forza dell’acqua per la frantumazione dei minerali grezzi. Uno degli esempi più significativi della tradizione mineraria locale è la Miniera Brunetta, situata sopra la frazione Vru di Cantoira. Attiva dai primi anni del Novecento, questa miniera fu utilizzata principalmente per l’estrazione di talco, un minerale largamente impiegato nell’industria tessile e cartaria. Il sito minerario comprendeva diverse cave, tra cui quelle di Cugni, Rivet e Alpe Brunetta, situate a quote comprese tra i 1600 e i 1700 metri. La miniera divenne uno dei centri estrattivi più importanti della regione fino alla sua chiusura nel secondo dopoguerra. Oggi, la Miniera Brunetta è stata riconvertita in un ecomuseo, visitabile grazie all’impegno della sezione locale del Club Alpino Italiano (CAI), che ne preserva la memoria e il valore storico.
Altra importante area mineraria delle Valli di Lanzo è l’Uja di Calcante, una montagna alta 1614 metri, situata tra la Val d'Ala e la Valle di Viù. Qui, nel corso dell’Ottocento, si estraevano magnetite e calcopirite, minerali ferrosi destinati alla produzione di utensili e strumenti per la lavorazione del metallo. I resti di questa antica attività estrattiva sono ancora visibili oggi: lungo i sentieri della zona si trovano alcuni pozzi minerari e le tracce delle mulattiere che servivano per trasportare i minerali a valle. Un’altra pagina poco nota della storia mineraria delle Valli di Lanzoriguarda le miniere d’argento della regione dell’Inverso, nei pressi del Turrione. Si racconta che questa miniera fosse attiva fino al 1670, sebbene le fonti siano scarse. L’estrazione dell’argento, seppur meno documentata rispetto ad altre attività minerarie, rappresentò una risorsa di grande valore per l’economia locale fino al declino dell’industria mineraria nel corso del XVII secolo.
A partire dal XIX secolo, con l’avvento dell’industrializzazione e l’introduzione di nuove tecnologie, molte delle antiche miniere delle Valli di Lanzo furono progressivamente abbandonate. La concorrenza di altri centri estrattivi più moderni e la difficoltà di accesso a siti montani impervi segnarono il declino di questa storica attività economica. Oggi, l’eredità mineraria delle Valli di Lanzo sopravvive attraverso le testimonianze storiche e alcuni siti riconvertiti in percorsi museali. La Miniera Brunetta rappresenta un esempio di come la memoria di queste attività possa essere preservata e valorizzata, permettendo alle nuove generazioni di scoprire un capitolo fondamentale della storia locale. Le montagne delle Valli di Lanzo, con i loro giacimenti ormai in disuso, ci ricordano un passato di duro lavoro e ingegno, in cui l’uomo ha saputo trarre risorse preziose dal sottosuolo per il progresso delle proprie comunità. Un passato che oggi rivive nei racconti, nei resti delle antiche strutture minerarie e nelle ricerche di storici e appassionati che continuano a indagare sulle tracce lasciate da secoli di estrazioni minerarie.
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