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04 Marzo 2025 - 14:23
Zelensky e Trump
La Russia e solo la Russia è l’aggressore. L’Ucraina è l’aggredito. E’ bene ricordarlo SEMPRE!
Gli Stati Uniti sinora sono stati, con l’Unione Europea e l’Inghilterra, partner essenziali per la difesa dall’invasione russa e non è vero che nei primi mesi della guerra non sia stato tentato in tutti i modi il dialogo per fermare gli invasori e ripristinare la pace, ma Putin non ha voluto sentir parola, certo di arrivare a Kiev in poco tempo.
Sono passati oltre tre anni durante i quali Putin ha ammazzato e trucidato migliaia e migliaia di cittadini ucraini e ha fatto morire centinaia di migliaia di soldati russi (e nordcoreani). Ora, però, con il ritorno di Trump, l’America viene schierata a favore di Putin l’invasore.
Perché questo cambio di rotta, così radicale? Perché a The Donald dell’Ucraina e dell’Europa, soprattutto quella “Unita”, non gliene può fregar di meno, anzi ci vede come un ostacolo al suo progetto: ritornare al “FAR WEST”, che oggi è rappresentato dall’Oceano Pacifico, non certo quello Atlantico, quindi non l’Europa. L’unica sfida per Trump è quella con la Cina, e per raggiungere questo scopo si allea anche con Putin. Una politica suicida!
“God bless America” – Iddio benedica l’America. Ma l’America che abbiamo conosciuto, quella del “Lend Lease Act”di Franklin Delano Roosevelt del 1941, quella del Piano Marshall del 1947, quella della “Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act” di Biden del 2022; non quella di Herbert Hoover del 1931, né tanto meno quella odierna di Trump-Vance-Musk e di Scott Bessent – il segretario al Tesoro americano – che si è presentato a Kiev chiedendo a Zelensky di firmare su due piedi un foglio in cui il Presidente cedeva diritti minerari ucraini per centinaia di miliardi di dollari, molto più di quanto gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina. Non l’America che annunciano le truci parole di Trump.
Zelensky e Re Carlo
E’ sin troppo ovvio che il problema non è Zelensky: il problema vero rimane esclusivamente negli aggressori, nella Russia, in Putin.
Ma allora, tutto questo, perché?
Il tallone d’Achille dell’America di Trump – come ci ricordava Federico Fubini qualche giorno fa sul Corsera-Economia – è dato dall’enorme e crescente deficit pubblico, che obbliga gli Stati Uniti a trovare ogni anno compratori di titoli del Tesoro per almeno duemila miliardi di dollari in più, che si sommano al nuovo debito delle agenzie semi-pubbliche, arrivando così a circa tremila miliardi in più rispetto all’anno precedente, sperando di non dover aumentare gli interessi offerti per attrarre investimenti.
Se Trump non riuscisse ad assicurare il finanziamento, fallirebbe la sua promessa elettorale, quello del taglio delle tasse per le imprese e portarle al 15%. Ecco perché ha deciso di assaltare l’Europa e intimidire altri Paesi – alleati o no – con minacce e misure sui dazi. Trump sta cercando di mettere l’Europa davanti a una brutale alternativa, comprare più debito americano.
È anche la ragione che lo spinge ad accelerare sulle monete digitali, non solo e non tanto le criptovalute ma soprattutto gli stablecoin (le valute digitali private sostenute da depositi, per lo più in dollari, di valore equivalente). La sua vulnerabilità sta spingendo Trump verso un attacco alla sovranità europea, sapendo che 800 miliardi di debito americano sono in mano cinesi, 1.100 miliardi in mano giapponesi, che oggi ha ben altri problemi da affrontare.
È plausibile che l’area euro aumenti la sottoscrizione di debito a stelle e strisce, rischiando di subire i costi di una probabile svalutazione futura del dollaro proprio a causa degli squilibri americani?
Eccoci alle minacce dei dazi punitivi. A descrivere questo progetto ricattatorio è il nuovo presidente del “Council of Economic Advisors” della Casa Bianca, Stephen Miran.
Sono, però, convinto che questo disegno criminale di Trump e dei suoi tirapiedi sia destinato a fallire. L’esito più probabile è una svalutazione non pilotata del dollaro, con tutte le conseguenze che ne derivano, anche per l’Europa.
“La storia insegna cosa aspettarci: per ora un’America più sola, alla lunga più fragile anche finanziariamente e più debole sul piano strategico. Tocca all’Europa incarnare l’America del 21° secolo, sempre che lo voglia e ci riesca”.
Per rimanere in Italia, oggi non lo vedo certamente nelle parole di Elly Schlein, nella sua relazione alla segreteria del Pd, di giovedì scorso, quando ha dichiarato:
“Non siamo con Trump e il finto pacifismo e non saremo con l’Europa per continuare la guerra”.
Insomma: “né di qua né di là”. Eccoci al galleggiamento, alla titubanza, alla rincorsa di Giuseppi Conte.
Ciò che è ancora più grave è che la relazione della segretaria dem è stata approvata all’unanimità, anche se qualcuno (Gori) l’ha criticata, ma poi è scappato via prima per non votare.
Non parliamo poi di Bonelli e Fratoianni, i pacifisti da salotto, mentre Putin invadeva l’Ucraina e continua ad ammazzare e trucidare migliaia di soldati ucraini che stanno solo difendendo il loro Paese e con esso la loro e nostra LIBERTÀ E DEMOCRAZIA!
Oggi lo vedo solo nelle parole di Mario Draghi.
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