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Quando il giornalismo si affida al naso: il Carnevale di Ivrea e l'overdose olfattiva

Se La Stampa non fosse media partner, cosa avrebbe scritto sulla Battaglia delle Arance? Forse un'inchiesta sugli sprechi alimentari o un'analisi sulla crisi della filiera ortofrutticola. E invece ci troviamo davanti a un delirio aromatico che trasforma il Carnevale in un’installazione olfattiva degna di un profumiere d’alta classe

Quando il giornalismo si affida al naso: il Carnevale di Ivrea e l'overdose olfattiva

Titolo: “ La polpa sulla pelle, il succo e lo sterco Battaglia delle arance, un'ode all'olfatto.

Domanda: Se non fosse stato media partner, cosa avrebbe scritto il quotidiano La Stampa sul Carnevale di Ivrea?

Forse che la Battaglia delle Arance è una barbaria, uno scempio alimentare, una rissa autorizzata?

E invece, eccoci qui, immersi in un delirio olfattivo che nemmeno una pubblicità di profumi in prima serata.

Il collega Gianluigi Ricuperati ci regala un articolo che sembra uscito da un catalogo di Camurati, un'ode alle narici sopraffine e ai nasi nobili, quelli capaci di percepire sfumature che il popolino, impegnato a scansare le arance in faccia, probabilmente non avrebbe mai potuto cogliere.

agrumi

battaglia

Ora, immaginiamo per un attimo se la stessa linea fosse adottata per altre manifestazioni storiche.

Il Palio di Siena? Non una corsa di cavalli, ma una sinfonia di sudore equino, polvere e panforte.

La corsa dei tori a Pamplona? Un'avventura sensoriale tra l'odore del terrore umano e il sentore metallico del sangue.

E le Olimpiadi? Ah, che tripudio di ascelle, cloro e magnesite. 

E così, mentre a Ivrea i carri entrano in piazza e gli aranceri si lanciano in battaglia, La Stampa ci porta per mano, sul numero in edicola il 3 marzo, in un viaggio tra profumi d’antan, in compagnia di un’esperta di fragranze, che con piglio quasi mistico ci spiega che sì, il primo impatto è sempre l’odore.

E certo, perché chi di noi non si ferma, prima di essere colpito da un'arancia a inspirare profondamente e cogliere le note di "freschezza esperidata e violenza giocosa..."? 

E poi, tra un sentore di bombardino e una sfumatura di stallatico, il giornalista ci regala una perla ineguagliabile: il Carnevale di Ivrea come preambolo dell’Apocalisse.

Sullo sfondo delle battaglie a Kiev e del bullismo geopolitico a Washington, ecco il nostro dramma eporediese, dove il vero protagonista non è la tradizione, non è la partecipazione popolare, ma la disfatta.

Un parallelo ardito, certo, ma forse inevitabile quando il fiuto giornalistico è tanto acuto.

E allora la domanda resta: se La Stampa non fosse stata media partner, cosa avremmo letto? Una riflessione sulla crisi della filiera ortofrutticola? Una denuncia per disastro ecologico? Un attacco animalista in difesa del cavallo? Un comunicato sindacale sui poveri addetti alla nettezza urbana?

Al diavolo una manifestazione che non odorando di incenso e pretese artistiche, lascia a terra solo tanta passione...

Insomma, va bene il naso, ma qui siamo all’overdose del "naso".

Se questo è il metro, la prossima volta mandiamo al Carnevale un sommelier: magari ci spiega se il succo d’arancia sul selciato ha più note agrumate o terrigne.

La verità è che quando il giornalismo si riduce a un vezzo olfattivo, l'unica cosa che resta da annusare è la credibilità, non di un giornale del Nord-ovest (ci mancherebbe ancora), ma di un media partner scelto dalla Fondazione dello storico Carnevale presieduta da Alberto Alma, proprio perchè il Carnevale di Ivrea lo dovrebbe conoscere approfonditamente e raccontarlo al mondo. E invece è ancora lì che cerca di capirlo e di farselo raccontare. Puff!

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