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Ombre su Torino

Un negozio di bambole e una tragedia in due atti

Il Pupeide di piazza Statuto e una lunga scia di sangue

Un negozio di bambole e una tragedia in due atti.

Un negozio di bambole e una tragedia in due atti

23 ottobre 1979.

Giuseppe Giarrusso è il titolare di Pupeide un negozio al numero 1 di piazza Statuto, in pieno centro a Torino. Lo gestisce insieme a un ventottenne che si chiama Bruno Russo e al suo interno vengono venduti pezzi d’antiquariato, vestiti, lampade e, soprattutto, centinaia di bambole di porcellana.

Intorno alle 8 del mattino, non vedendo il suo socio arrivare ad aprire la bottega, Giarrusso decide di recarsi all’appartamento di Russo del quale ha anche le chiavi. Salito al secondo piano di un palazzo diroccato in via Medail 42, l’uomo entra in un due camere e cucina molto piccolo e modesto ma curato nei minimi dettagli. Tantissimi oggetti, tende ornamentali, vasi, tappeti; cose di poco valore molto sceniche e appariscenti.

Cose che sono state sparse dappertutto, per terra, fuori da cassetti perché qualcuno ha rivoltato da cima a fondo l’abitazione. Qualcuno che non può essere il padrone di casa: Bruno Russo, 28 anni, è cadavere vicino al letto, morto per strangolamento.

Chi lo ha ucciso stava cercando qualcosa e, dopo non averlo trovato nell’alloggio, si è impossessato delle chiavi del negozio e ha messo a soqquadro pure quello. Nonostante una dinamica da rapina finita male, e scartata l’ipotesi di traffici illeciti con il bazar a fare da copertura, le indagini su “l’uomo delle bambole” vertono subito sulla sua vita privata. La vittima era “gay” (con le virgolette come sui giornali dell’epoca) frequentava locali per “soli uomini” e travestiti e spesso lo si poteva vedere vestito da donna, nome d’arte Bettina.

La sera prima del suo ritrovamento era andato a cena con Giarrusso e, intorno alle 22, era tornato a casa dove aveva appuntamento con una persona. Doveva incontrarsi con un ragazzo di 19 anni che era passato quella mattina al Pupeide e che aveva conosciuto qualche giorno prima al Taboga di corso Brescia: il suo nome è Giovanni Battista Prinzi. Sospettato fin dal primo giorno di essere l’autore materiale dell’omicidio, il giovane era arrivato da due settimane dalla Sicilia, stabilendosi in una modesta pensione in via Nizza.

Qui, quando la polizia lo va a cercare, il suo letto viene trovato vuoto ma viene fermato il suo compagno di stanza Vincenzo Ciappa. Messo sotto torchio, Ciappa parla. Racconta di avere conosciuto Russo in un locale insieme al suo coinquilino e che quell’uomo così “ambiguo” ma pieno di gioielli e con un Rolex al polso sembrava il bersaglio ideale per una rapina. La sera dell’omicidio era con Prinzi, il quale sarebbe salito da solo dalla vittima lasciandolo in un bar vicino. Tornato a prenderlo, gli avrebbe riferito che aveva ucciso Russo e rubato appena 20 mila lire ma che si sarebbero rifatti col negozio. Dopo due giorni di latitanza, Prinzi si costituisce e la sua “verità” ribalta tutto. Era in quella casa per una prestazione sessuale a pagamento ma Russo avrebbe rifiutato di corrispondergli quanto pattuito, 20 mila lire. A quel punto, dopo un breve ma acceso litigio, Prinzi avrebbe chiesto al complice di raggiungerlo e quest’ultimo avrebbe compiuto l’omicidio.

Viste le numerosissime versioni dell’accaduto che i due daranno nel tempo (e sempre accusandosi l’un l’altro) le indagini dureranno quasi due anni. A processo la linea del PM sarà quella di collocarsi nel mezzo, sostenendo che avrebbero entrambi aggredito Russo e rovistato in casa e negozio ma che a strozzare “l’uomo delle bambole” sarebbe stato il solo Prinzi.

Accolta tale tesi dai giudici, il 9 giugno 1982 Ciappa viene condannato a 18 anni e Prinzi a 25. Quest’ultimo in galera rimarrà appena 5 giorni: si suicida il 14 giugno nel carcere di Saluzzo, impiccandosi con un lenzuolo.

Fine.

O forse no.

4 agosto 1984, ore 13.

Il Pupeide ha da qualche anno un nuovo comproprietario. Insieme a Giarrusso, infatti, a vendere bambole c’è ora un trentaduenne che si chiama Pino Muccio. Quell’uomo, anch’egli gay e compagno di Giarrusso, alle 13 di solito chiude bottega e va a pranzare fuori ma non quel giorno. La sera sarebbe dovuto partire per il mare e, per risparmiare tempo, ha deciso di stirare delle camicie al lavoro per poter avere le valigie pronte a chiusura e mettersi subito in viaggio.

Qualcuno molto informato, però, ha deciso di rovinargli i piani. È una persona che sa di trovarlo lì a quell’ora e che senza indugio entra e lo inchioda all’asse da stiro con tre pallottole sparate a distanza ravvicinata. Una persona o per meglio dire un fantasma perché, dopo aver arrestato e scagionato Giarrusso (reo di avere depistato le indagini raccontando della sparizione di una scatola contenente un milione di lire, avallando quindi l’ipotesi della rapina andata male) l’assassino di Muccio non verrà mai trovato.

L’ultima postilla a questa storia arriva quando, nel 1995, un trans, Cosimo Andriani (in arte Valentina) viene uccisa da un certo Umberto Prinzi, che a sua volta, finirà ammazzato.

Abbiamo già raccontato questa storia (qui: https://tinyurl.com/3nyvkv8d) e anche in quella c’è un omicidio, un uomo a cui piace travestirsi e un killer che di cognome fa Prinzi. Serve specificare che Giovanni Battista ed Umberto fossero fratelli?

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