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Lavorare meno, guadagnare uguale: il Museo del Cinema rompe il tabù delle 40 ore

Dal 2025 i dipendenti del Museo Nazionale del Cinema lavoreranno 37,5 ore settimanali a parità di stipendio. Una rivoluzione o un'eccezione destinata a restare isolata?

Museo Nazionale del Cinema

Museo Nazionale del Cinema

Dal primo gennaio 2025 il Museo Nazionale del Cinema abbatterà un muro che in Italia sembrava incrollabile: quello delle 40 ore settimanali. Grazie a un accordo siglato il 27 novembre tra la Direzione del Museo e le organizzazioni sindacali SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL, l’orario di lavoro sarà ridotto a 37,5 ore settimanali senza alcuna decurtazione dello stipendio. L’intesa è stata sottoposta all’Assemblea dei Lavoratori e rappresenta un importante precedente in un Paese in cui la riduzione dell’orario, pur essendo al centro di dibattiti e studi, non ha mai trovato reali applicazioni su larga scala.

L’idea di lavorare meno e vivere meglio non è certo nuova. A inizio Novecento, le mondine del vercellese cantavano "Se otto ore vi sembran poche", lottando per un diritto che oggi diamo per scontato: la giornata lavorativa di otto ore. Un secolo dopo, il tema torna d’attualità, con una sfida ancora aperta: ridurre ulteriormente l’orario settimanale senza intaccare il salario, aumentando al contempo il benessere dei lavoratori e la loro produttività. Il modello "otto ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore di riposo" ha segnato la vita lavorativa di intere generazioni, ma gli scenari economici e sociali sono cambiati, e il concetto stesso di produttività sta subendo una rivoluzione. Studi e sperimentazioni in diversi Paesi hanno dimostrato che ridurre l’orario non significa ridurre l’efficienza, anzi: lavoratori meno stressati e più soddisfatti tendono ad essere più produttivi.

In Europa, la riduzione dell’orario di lavoro è già una realtà in diversi Paesi. In Francia, la settimana di 35 ore è in vigore dal 2000 e, sebbene in alcuni settori si sia tornati a modelli più flessibili, resta un punto fermo nel diritto del lavoro. La Germania ha sperimentato la settimana corta in numerosi settori, con aziende che hanno ridotto le ore senza perdita di stipendio per i dipendenti. In Islanda, un esperimento su larga scala ha dimostrato che ridurre l’orario settimanale aumenta la produttività e la qualità della vita dei lavoratori, portando molte aziende a rendere strutturale la settimana lavorativa più corta. Il dibattito è aperto anche in Spagna e Regno Unito, dove imprese private e pubbliche hanno testato la riduzione dell’orario con risultati incoraggianti.

Museo Nazionale del Cinema

In Italia, l’idea della settimana corta è stata per anni un tema di discussione, ma senza mai tradursi in una vera e propria riforma. Le resistenze sono molte, soprattutto da parte delle imprese che temono un calo della produttività e un aumento dei costi. Tuttavia, l’accordo raggiunto al Museo del Cinema di Torino rappresenta un primo esperimento concreto che potrebbe aprire la strada a nuove sperimentazioni. La riduzione dell’orario a parità di salario permetterà ai lavoratori di guadagnare 120 ore annue di tempo libero in più, con evidenti benefici sul benessere personale e familiare.

Se questa decisione resterà un caso isolato o diventerà un modello replicabile anche in altri settori è ancora presto per dirlo. Quel che è certo è che il Museo del Cinema si pone come un laboratorio di innovazione sociale in un Paese che fatica a superare il tradizionale paradigma delle 40 ore settimanali. La domanda che resta aperta è se questa sperimentazione potrà diventare il primo passo di un cambiamento più ampio o se resterà un episodio isolato. In un mercato del lavoro sempre più flessibile e in un contesto in cui la qualità della vita dei lavoratori è un tema sempre più centrale, la risposta potrebbe arrivare molto prima del previsto.

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