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11 Gennaio 2025 - 16:26
Nella foto Marco Liccione
E' stata annullata a Torino la proiezione del documentario 'Maidan: la strada verso la guerra', in programma il 18 gennaio allo Sporting Dora. Una decisione che ha sollevato un dibattito acceso, con prese di posizione opposte e fortemente polarizzate. La vicenda, che si inserisce nel più ampio contesto della propaganda russa e della guerra in Ucraina, evidenzia tensioni sul delicato equilibrio tra libertà di espressione e protezione dell’informazione.
La segnalazione è arrivata da Silvio Viale, consigliere comunale di Più Europa, che due giorni fa ha sollevato il caso in Sala Rossa tramite un question time.
Viale ha denunciato quella che ha definito una chiara operazione di “propaganda russa”, sottolineando come il documentario, prodotto da RT (Russia Today), rappresenti un tentativo di diffondere una narrazione distorta degli eventi legati al conflitto in Ucraina.
La denuncia di Silvio Viale è stata sostenuta dall’Associazione Culturale Ucraina Libera, che ha inviato una lettera formale allo Sporting Dora, esprimendo preoccupazione per i contenuti del documentario.
Secondo l’associazione, la proiezione sarebbe stata un atto di disinformazione, potenzialmente lesivo per la comunità ucraina e non in linea con i principi democratici. La lettera ha contribuito alla decisione di annullare l’evento, mettendo in luce la sensibilità di un tema che coinvolge direttamente migliaia di cittadini ucraini residenti in Italia.
Sul fronte opposto, il comitato 'La Variante Torinese', noto per le sue battaglie contro le restrizioni sanitarie e il Green Pass durante la pandemia, ha reagito duramente. In una nota, il gruppo ha definito la decisione “scandalosa”, sostenendo che sia stata giustificata impropriamente dalle norme europee che vietano i contenuti di RT.
"Penso che sentire e vedere immagini di una sola parte, e non del resto del mondo, sia dittatura. Le persone devono essere libere di sentire e vedere immagini da più fronti e poi valutare la realtà dei fatti" ha stigmatizzato Marco Liccione, presidente del comitato La Variante Torinese. "Stiamo donando milioni di euro dei cittadini italiani - ha aggiunto - a uno Stato non europeo: ricordiamocelo, quando vediamo le immagini della fila di fronte alla Caritas.".
“Ci accusano di disinformazione,” si legge nel comunicato, “ma cosa c'è di più ipocrita di chi impone un pensiero unico e decide arbitrariamente? Il dibattito viene soffocato. La censura è la loro unica risposta.”
Il comitato ha inoltre annunciato che “la proiezione è solo rinviata” e ha promesso di continuare la battaglia per il diritto di diffondere opinioni alternative, definendo le attuali restrizioni “una dittatura mascherata da difesa democratica”.
La vicenda dello Sporting Dora si inserisce in un contesto più ampio, dove la disinformazione è diventata uno strumento centrale nelle strategie di guerra ibrida. Dal 2022, con l'inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, la Federazione Russa ha intensificato la diffusione di contenuti propagandistici attraverso media come RT e Sputnik. Questi canali, sotto il controllo diretto del Cremlino, non operano secondo i principi di indipendenza giornalistica, ma fungono da piattaforme di manipolazione, giustificando l’aggressione russa e destabilizzando l’opinione pubblica internazionale.
L'Unione Europea, per contrastare tali operazioni, ha adottato misure restrittive che limitano la diffusione di contenuti prodotti da RT e Sputnik in tutto il territorio comunitario. Sul sito del Consiglio Europeo si legge che queste restrizioni rimarranno in vigore “fino a quando la Federazione Russa e i suoi canali associati non cesseranno di condurre azioni di disinformazione e manipolazione delle informazioni contro l’Ue e i suoi Stati membri”.
Critiche come quelle avanzate da 'La Variante Torinese' sollevano interrogativi importanti: dove finisce la protezione dell’informazione e inizia la censura? La risposta risiede nel contesto e negli obiettivi delle misure adottate. In una guerra ibrida, la manipolazione delle informazioni diventa un’arma strategica per giustificare atti ostili e destabilizzare democrazie. Pertanto, limitare la diffusione di contenuti falsi o volutamente distorti è considerato un atto necessario per tutelare i valori democratici.
Insomma, il caso del documentario 'Maidan: la strada verso la guerra' evidenzia la complessità di un dibattito che va oltre i confini di Torino. La cancellazione della proiezione, se da un lato rappresenta un atto di tutela contro la propaganda, dall’altro mette in discussione il ruolo delle istituzioni nel bilanciare la libertà d’espressione con la necessità di proteggere l’opinione pubblica. Il dibattito è tutt’altro che chiuso e continuerà a essere un banco di prova per le democrazie moderne.
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