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23 Dicembre 2024 - 12:07
Londra, con le sue strade illuminate a festa, i mercatini profumati di vin brulé e le sue imponenti cattedrali, è per molti il simbolo dello spirito natalizio. Trafalgar Square accoglie il gigantesco albero di Natale donato dalla Norvegia, mentre le vetrine di Regent Street sfoggiano decorazioni scintillanti. Eppure, dietro questo spettacolo che richiama milioni di turisti ogni anno, si nasconde una contraddizione sempre più evidente: il Natale, con il suo significato profondo, sembra essere stato cancellato.
Siamo entrati nell’era della Holiday Season, un’espressione tanto neutrale quanto insapore, che cerca di rimpiazzare Christmas. Gli addobbi ci sono, le luci brillano più che mai, ma non dite "Merry Christmas": potrebbe sembrare offensivo. Meglio un generico "Happy Holidays", un augurio che non scontenta nessuno e, allo stesso tempo, non significa nulla.
Non sono stati i cittadini, né le comunità di altre religioni a volere tutto questo. Comunità musulmane, induiste ed ebraiche hanno più volte ribadito di non sentirsi affatto offese dal Natale cristiano. E allora perché questa insistenza nel voler eliminare ogni riferimento a Cristo? La risposta sembra risiedere in un’élite burocratica e aziendale che, in nome di un’inclusività non richiesta, si impegna a camuffare le radici cristiane della festività.
Non è la prima volta che il Regno Unito si trova al centro di questo dibattito. Il caso più famoso rimane quello di Birmingham, dove anni fa il termine Christmas fu sostituito con Winterval, un festival invernale pensato per essere "inclusivo". Un’operazione di marketing malriuscita che suscitò l’indignazione dei cittadini, tanto da diventare un simbolo del tentativo di annacquare le tradizioni.
Ma Birmingham non è sola. In molte altre città britanniche, presepi e rappresentazioni della Natività sono stati banditi dagli uffici pubblici. Le scuole, che un tempo organizzavano recite natalizie incentrate sulla nascita di Cristo, oggi optano per spettacoli più "neutri". Auguri di Merry Christmas sono sostituiti da un più anodino Happy Holidays. Tutto per paura di "offendere" qualcuno, anche se nessuno sembra essersi mai lamentato.
In un’epoca in cui si celebra ogni tipo di diversità, è paradossale che il cristianesimo, che ha plasmato la cultura europea per secoli, venga messo da parte. Questa cancel culture, travestita da rispetto per le differenze, si rivela un boomerang: cancella l’identità di un popolo senza creare un vero senso di inclusione.
Il risultato è un Natale sterile, trasformato in una festa puramente commerciale. Le strade sono addobbate, le vetrine sono scintillanti, ma il significato profondo svanisce. È un Natale senza Cristo, ridotto a un’occasione per vendere più regali e attirare turisti.
Cattedrali come St. Paul e Westminster Abbey, simboli di una tradizione cristiana millenaria, fanno da sfondo a una città che oggi sembra incapace di pronunciare il nome della festività. Il Merry Christmas che un tempo risuonava ovunque è ormai un ricordo, sostituito da formule che cercano di non urtare la sensibilità di nessuno. Ma questa ossessione per il politically correct non rende il Natale più accogliente: lo rende più vuoto.
Il problema non è il rischio di offendere, ma l’incapacità di riconoscere e rispettare le proprie radici. Il Natale, con tutto il suo carico di tradizioni, non è solo una celebrazione religiosa: è un momento di unione, di riflessione, di comunità. E cancellarne il nome, o peggio, il significato, non lo rende più inclusivo. Lo rende solo più anonimo.
Anche leader di altre fedi hanno più volte difeso il Natale cristiano. Come ha sottolineato un portavoce musulmano: "Il Natale è una festività cristiana, e va rispettata come tale. Non siamo noi a volerlo cambiare."
Insomma, mentre Londra si prepara a celebrare un Natale senza nome, quello che manca non sono le luci o gli alberi, ma il coraggio di affermare ciò che ci appartiene. Forse è il momento di riscoprire il significato di questa festa, e di tornare a dire, con orgoglio: Merry Christmas.
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