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21 Dicembre 2024 - 18:30
strage di Natale
La strage del Rapido 904, tristemente nota come "la strage di Natale", è uno degli episodi più drammatici e controversi della storia italiana.
Era il 23 dicembre 1984, una domenica prenatalizia, quando, alle 19:08, un ordigno telecomandato esplose nella nona carrozza del treno rapido Napoli-Milano, mentre attraversava la Grande Galleria dell'Appennino, tra le stazioni di Vernio e San Benedetto Val di Sambro. Il bilancio fu devastante: 16 morti e 267 feriti, molte delle quali persone in viaggio per le festività natalizie.
L'attentato avvenne in una zona già teatro di tragedie, come la strage dell’Italicus nel 1974, in cui persero la vita 12 persone e 48 rimasero ferite. Gli inquirenti attribuirono rapidamente l’attacco a una matrice "terroristica mafiosa". Tra i condannati, Pippo Calò, figura chiave di Cosa Nostra, fu condannato all’ergastolo, mentre il tecnico tedesco Friedrich Schaudinn, ritenuto l’autore materiale del congegno esplosivo, ricevette una condanna a 22 anni di reclusione.
Nonostante queste certezze giudiziarie, la vicenda resta ancora aperta. A quasi quarant’anni dall’attentato, la Procura di Firenze ha riaperto le indagini per far luce su eventuali nuovi responsabili. Sono stati acquisiti documenti declassificati dai Servizi Segreti e altri materiali giudiziari, con l’obiettivo di individuare ulteriori mandanti ed esecutori. Il procuratore Filippo Spiezia ha annunciato che entro la primavera prossima è prevista una corposa relazione da parte dei ROS, che potrebbe portare nuove verità sull’accaduto.
Uno dei principali punti d’indagine è il possibile legame tra Pippo Calò, alcuni esponenti dell’estrema destra e membri dei servizi segreti. Gli inquirenti stanno anche cercando di chiarire chi abbia fornito l’esplosivo utilizzato, un materiale plastico di tipo Semtex, di produzione cecoslovacca.
Nel tempo, la strage del Rapido 904 è stata al centro di processi complessi e articolati. Nel 2011, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli emise un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Totò Riina, ritenuto uno dei mandanti dell’attentato. Il processo si concluse però nel 2015 con un’assoluzione in primo grado per insufficienza di prove, e l’appello, avviato nel 2017, si interruppe definitivamente a causa della morte di Riina.
La strage, secondo gli inquirenti, segnò un cambio di strategia da parte di Cosa Nostra, che utilizzò il terrore come strumento per destabilizzare il Paese. Fu proprio in questa occasione che si coniò il termine "terrorismo mafioso", un’espressione usata per descrivere la natura dell’attentato. L’allora procuratore nazionale antimafia, Pierluigi Vigna, sottolineò come la mafia avesse compiuto un’azione di forte valenza politica e intimidatoria.
Il Rapido 904 era partito da Napoli nel primo pomeriggio, carico di viaggiatori diretti a nord per le festività. Dopo una sosta a Roma, riprese la corsa verso Firenze, dove salì a bordo il maggior numero di passeggeri, portando il totale a 607. Proprio nella stazione di Firenze Santa Maria Novella, l’ordigno venne collocato nella nona carrozza, nascosto in due borse.
Le indagini batterono numerose piste. Inizialmente, l’attentato fu rivendicato da ben 23 gruppi di diversa matrice, tra cui organizzazioni di estrema destra e sinistra. Tuttavia, gli investigatori esclusero la responsabilità esclusivamente politica, concentrandosi invece su un possibile collegamento con le rivelazioni di Tommaso Buscetta, collaboratore di giustizia, che in quei giorni stava mettendo in seria difficoltà Cosa Nostra.
A quarant’anni di distanza, la strage del Rapido 904 resta una ferita aperta nella storia del Paese, simbolo di un’epoca segnata da violenze inaudite e intrecci oscuri tra mafia, politica e terrorismo. Le nuove indagini potrebbero finalmente portare a galla ulteriori verità, chiudendo un capitolo che ancora oggi pesa come un macigno sulla memoria collettiva.
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