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Punto Rosso

Consiglio comunale in crisi. E se tornassimo indietro?

Tra assenze strategiche e tensioni crescenti, l’amministrazione si trova a fare i conti con un Consiglio comunale paralizzato. È tempo di ripensare al passato per costruire un futuro?

Consiglio comunale

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In questo momento in cui emerge una crisi generale del Consiglio comunale eporediese, ma non è il solo, è opportuno fare una riflessione sulle conseguenze della legge 81 del 1993 sulla elezione diretta dei Sindaci. Dopo il ’93 il sindaco non viene più eletto all’interno del consiglio comunale, ma direttamente dai cittadini. Si tratta di una legge che ha svuotato i consigli comunali e ha segnato la fine della democrazia rappresentativa nei comuni, facendo anche da battistrada per il sistema maggioritario nelle elezioni nazionali. Con la legge 81/93 il principio della “democrazia rappresentativa” viene dunque negato da una “rappresentanza elettiva” che non risponde più proporzionalmente al voto delle cittadine e dei cittadini.

Lucio Magri

Lucio Magri

Rifondazione Comunista, al tempo, si oppose radicalmente a questa proposta di legge, cogliendone immediatamente la pericolosità. Il gruppo parlamentare di Rifondazione Comunista alla Camera, di cui Lucio Magri era capogruppo, così intervenne:
"La prima ragione che muove la nostra opposizione radicale a questa riforma è legata al fatto che essa è molto di più di una nuova legge elettorale per i Comuni. È il primo, decisivo passo di una mutazione profonda dell’intero sistema politico e istituzionale, rivolta ad affrontare e risolvere la crisi che attualmente lo investe attraverso una forte concentrazione del potere, un deperimento della democrazia partecipata e organizzata che ha caratterizzato la storia dell’Italia antifascista, e l’assunzione di un’altra ipotesi di sistema politico, quello comunemente definito presidenzialista …”

Oggi, a più di 30 anni dalla sua entrata in vigore, possiamo dire che quella legge ha fallito i suoi scopi. Le intenzioni dichiarate della riforma erano quelle di sanare la situazione di instabilità amministrativa nella quale si trovavano molti comuni italiani e anche andare in soccorso al crollo di credibilità dei partiti dopo le inchieste di Tangentopoli. Aveva poi l’ambizione di contrastare l’astensione, le forze politiche favorevoli alla riforma credevano che l’elezione diretta del Sindaco riavvicinasse i cittadini alla politica.

In realtà ha probabilmente scongiurato alcune crisi di giunta, perché un sindaco sfiduciato vuol dire tornare alle urne (mentre prima del ’93 si tornava al Consiglio comunale), ma per quanto riguarda il contrasto all’astensionismo, i dati dimostrano che è stato ininfluente se non negativo. L’accentramento di ampi poteri sul sindaco, tra i quali nominare e revocare gli assessori, le nomine delle figure apicali in Enti, Fondazioni, Società consortili, Partecipate, anche queste ormai in gran parte di competenza del Sindaco, ha assegnato alla figura del primo cittadino sproporzionati poteri senza controbilanciamenti. In conseguenza di ciò abbiamo avuto almeno due effetti collaterali molto severi: il depotenziamento del consiglio comunale e l’apertura ad una gestione di tipo manageriale delle amministrazioni comunali.

Queste rappresentazioni sono utili per ricordare perché oggi ci troviamo di fronte ad una crisi di partecipazione, conseguenza della sostituzione del valore della rappresentanza, ovvero del diritto di tutte le cittadine e di tutti i cittadini di essere rappresentati nei Comuni e nel Parlamento (uno vale uno), al valore antidemocratico ed effimero della “governabilità”.

Ma come muoversi anche all’interno di una legge, a nostro parere sbagliata ma comunque legge, per garantire partecipazione e scambio reciproco (cittadini-amministrazione) e ridare valore e pari diritti al Consiglio Comunale affinché non sia solo un ratificatore di decisioni prese dalla Giunta? Prima di tutto ci vuole la volontà di farlo. Di certo è una necessità ridare centralità al Consiglio Comunale che deve essere il referente di tutte le istanze territoriali in quanto organo di confronto democratico e decisionale.

Lo svolgimento degli ultimi consigli comunali eporediesi possiamo dire invece che non sia stato edificante.
È dunque questo il momento per fermarsi a riflettere – maggioranza e minoranza - su quale Consiglio Comunale ha bisogno la città. Le provocazioni e speculazioni politiche, come l’ultima della Lega eporediese che assegna al Sindaco tutta la colpa per i problemi di sicurezza urbana e gli chiede di fare “un passo indietro”, sono irricevibili e irresponsabili.

È un errore infatti pensare che la politica la possano fare tutti, ci va studio, preparazione, doti e capacità precise, in particolare quando si ricoprono ruoli delicati.

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