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Dibattito politico

La crociata di Chiantore contro i giornali e contro le chiacchiere...

Dai titoli alle accuse, passando per l’accoltellamento "non accoltellamento": a Ivrea il vero problema è la marginalità… o forse no.

Matteo Chiantore

Matteo Chiantore

Non di sole chiacchiere vive l’uomo. Ci sono anche i titoli di giornali, e l’altra sera, in consiglio comunale, il sindaco Matteo Chiantore ha sostenuto che certi redattori stanno esagerando.

“Hanno scritto ‘Movicentro presidiato dai carabinieri’ e ‘Controlli a tappeto, sequestrata una pistola’. Poi vai a leggere e la pistola era una scacciacani e non c’entrava nulla con il Movicentro. Il testo dava poi conto di una serie di controlli fino a Chivasso…”

E poi sugli pseudo giornalisti che scrivono su La Voce (che, peraltro, sono entrati in sostituzione di altri tre che oggi siedono in giunta), sui giornali che cercano di vendere qualche copia in più (ci mancherebbe ancora...) e sull’accoltellamento che non era un accoltellamento. E questo a lui glielo ha detto il comandante. Boh! Sarà…

La verità è che sull’accoltellamento, utilizzando proprio quella parola lì, la città ha cominciato a parlarne fin da sabato. E noi ne abbiamo scritto per la prima volta quattro giorni dopo, quando la notizia, in via Arduino e via Palestro, era già di dominio pubblico, peraltro corredata di tutti i particolari, con nomi, cognomi, indirizzi e numeri di telefono.

“Perché non ne parlate? Perché non ne scrivete?”, “Come mai non esce nulla?”

Da qui in avanti, gli approfondimenti e la verifica che cinque punti su una gamba e tre sull’altra non potevano essere stati provocati da un calcio o da una bottiglia.

“Accoltellamento” perché era la parola sulla bocca di tutti, compresa quella dell’accoltellato. Ne avessimo utilizzata un'altra non saremmo stati credibili. Fine delle spiegazioni al sindaco. Non gli sta bene? Pazienza. Ha una teoria sulle ferite? Ce la dica! Non ce l'ha... Vabbè!

L'Eco della dora baltea

“Un filone monotematico dei consiglieri di minoranza, ma tra un po’ i giornalisti si stuferanno” - ha insistito Chiantore, puntando il dito su un’opposizione che tenta di cavalcare l’onda - “Il problema non è la criminalità, ma i casi sociali e la marginalità…”.

E di nuovo "boh?", che davvero non si capisce che cosa debba fare un'opposizione se non questo.

E alla mente tornano Maurizio Perinetti, Alberto Tognoli, Francesco Comotto, Massimo Fresc, giusto per citarne alcuni, che seduti tra i banchi dell'Opposizione cavalcavano la cronaca e non sono quella, con i sindaci fermi come punchball a prendersele ad ogni assise. Si dirà: Chiantore non è Sertoli e non è Della Pepa. Perfetto! E con questo, detto tutto…?

Neanche per idea, perchè ci sa tanto che al consiglio comunale dell’altra sera, si è davvero toccato lo stadio più basso del dibattito politico. E ci concentriamo sulle chiacchiere e sull'accusa rivolta dal sindaco ai consiglieri di opposizione.

Senza di esse (le chiacchiere), infatti, la politica locale non avrebbe né colore né calore. Sarebbe un grigio deserto di decisioni tecniche e votazioni lampo.

E chi lo vuole, un Consiglio che funziona come una multinazionale?
Davvero Chiantore vuole giudicare negativamente le chiacchiere? Senza di loro, cosa resterebbe? Un elenco di delibere lette in silenzio? Lui che inonda le redazioni di comunicati stampa sulle inaugurazioni e sui festival. Lui che brinda, lui che applaude, lui che taglia i nastri, lui che gira per le strade e per cantieri, lui che troneggia sul calesse a San Savino, lui che ci guarda dal balcone di piazza di città... 

Non son forse queste scene di un'altra epoca? Toc!Toc! C'è ancora qualcuno nel Pd? Sono ancora capaci quelli del Pd di dire qualcosa di sinistra alla destra o di sinistra e basta? E o non è questo frutto di un post-ideologismo da avanspettacolo?

Quello degli uomini del fare? Degli uomini che lavorano 24 ore al giorno? Degli uomini che non sanno più da che parte rigirarsi? Occhio che la malattia sta contagiando tutti, il sindaco, l'assessore Comotto che tutte le volte che inizia a parlare racconta del tanto lavoro che fanno gli uffici, ma anche degli assessori Massimo Fresc e Patrizia Del Santo.

E diciamocela la verità: ci hanno un pochetto stufati.

Politica si fa h24. Non è un lavoro, solo passione.  Non vi sta bene? Dimissioni e fanculo!

E le chiacchiere, come le ha chiamate Chiantore, altro che balle, sono fondamentali. Sono il cuore pulsante del Consiglio comunale. Permettono a ognuno di recitare la propria parte: chi si indigna, chi si difende, chi fa sarcasmo, chi cerca disperatamente di sembrare competente.

Certo, qualcuno potrebbe dire che le chiacchiere non risolvono i problemi. Che non fanno sparire gli accoltellamenti al Movicentro, né rendono più sicuro il parcheggio.

Ma vogliamo davvero credere che il problema sia questo? In realtà, le chiacchiere servono a gestire la percezione del problema e la "parola" percezione, toh guarda, è stata la star della serata. 

Mentre la città si agita tra degrado e spaccio, il Consiglio ci offre l’illusione che qualcosa stia accadendo. Non è magnifico?

Le chiacchiere creano anche cultura. Dove altro si potrebbe discutere di conflitti di interesse con il fervore di un processo storico?

In fondo, le chiacchiere hanno un valore profondo. Raccontano le priorità, i rapporti di forza, le strategie di ognuno. Chi vuole apparire integerrimo, chi vuole salvare il proprio orticello, chi punta a un futuro titolo di giornale. Senza di loro, non ci sarebbe vita politica, ma solo burocrazia.

Quindi sì, difendiamo le chiacchiere. Rivendichiamole come patrimonio immateriale della città.  Non risolvono problemi, certo, ma ci fanno sentire vivi, attivi, partecipi di una comunità che, almeno, parla. E chi parla, si sa, alla fine qualcosa dice. O almeno ci prova.

Che poi Chiantore avrebbe davvero bisogno di conoscere un po' la storia del giornalismo a Ivrea che è qualcosa di unico e ancora se ne intravedono dei chiari riferimenti, con noi de La Voce, con Rossetorri, con Il Risveglio e La Sentinella. L'unica città del mondo di poco più di 20 mila abitanti ad avere quattro giornali.

E tutto ricomincia con le chiacchiere di uno dei più antichi giornali d'Italia (pensa un po' te).

Si chiamava, anzi si chiama ancora (ne abbiamo registrato il nome), “L’eco della Baltea Dora”, in continuità con un giornale di quattro pagine, in lingua francese, del dipartimento Aosta-Chivasso-Ivrea, le “Journal de la Doire”.

Ed è la storia appassionante del nostro Risorgimento, di giovani pseudo-giornalisti (come li ha chiamati lui), che sono i nonni di antiche famiglie di Ivrea, di Strambino, di Agliè e di tutto il circondario. Cognomi come Baratono, Riva, Ripa, Benvenuti, Rey, Quilico, Giacosa, Demaria, Borgialli, Germanetti, Gatta, Bosio, il Conte Giuseppe Brida di Lessolo e il Marchese Federico Carandini di Modena e tanti altri.

Ed erano politici o aspiranti tali più che giornalisti (la professione non esisteva ancora). Uomini che hanno fatto, sul serio, la storia, mettendo una dietro l’altro parole dure come la pietra. Per colpire, per schiaffeggiare il potere, disarmandolo e denudandolo. Al tempo de L’Eco della Baltea Dora si sarebbe anche potuto morire - e si moriva - per dire “fango al fango e le civili mashere aborro”.

Era il 1849. Iniziò tutto in una fredda giornata di gennaio.  Lontani dalle tipografie certi scribacchini dei giorni nostri piegati ai comunicati stampa, innamorati del copia e incolla, inginocchiati davanti al potere.

Quelli che ieri come oggi non avrebbero nulla da raccontare e scrivere. Perchè sì, c’è stato un tempo in cui l’opposizione la si faceva solo sui giornali, pubblicamente, davanti a tutti i cittadini, che è un po’ il senso che abbiamo cercato di dare noi de La Voce, fin dal primo giorno della nostra giovane esistenza. Amen!

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