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16 Novembre 2024 - 16:20
Un fiume umano ha attraversato oggi il centro storico di Torino per esprimere solidarietà al popolo palestinese e libanese, e per dire no alla fornitura di armi a Israele. La manifestazione, convocata a livello regionale, ha richiamato un variegato fronte di partecipanti, dalle sigle più consolidate della sinistra radicale agli esponenti di movimenti giovanili di partiti come il Movimento 5 Stelle e i Giovani Democratici, questi ultimi protagonisti di un momento di rottura con la linea più attendista del Partito Democratico.
“Non abbiamo paura di prendere posizioni nette”, ha dichiarato uno dei rappresentanti dei Giovani Democratici, sottolineando l’urgenza di affrontare la questione con chiarezza. Tra i promotori del corteo figurano il Coordinamento Torino per Gaza e l’Associazione Palestinesi in Italia (API), ma anche realtà come Rifondazione Comunista, Sinistra Anticapitalista, Potere al Popolo, Notav, e collettivi studenteschi tra cui il Collettivo Universitario Autorganizzato e Cambiare Rotta.
Lo striscione d’apertura del corteo non ha lasciato spazio a interpretazioni: “Basta armi a Israele – fermiamo l’Occidente genocida, colonizzatore e guerrafondaio”. Il messaggio, duro e senza compromessi, è stato accompagnato da slogan scanditi a gran voce dai manifestanti, tra cui il controverso “Intifada fino alla vittoria”. Secondo gli organizzatori, circa cinquemila persone hanno preso parte alla manifestazione, anche se non ci sono conferme ufficiali sui numeri.
Una delle speaker ha dichiarato al microfono: “Ancora una volta Torino sa da che parte stare. E dimostra che le persone non si fanno prendere in giro dalla politica e dai giornali”. Parole che mettono in luce una critica generalizzata verso il mainstream mediatico e politico, accusato di parzialità e di non rappresentare adeguatamente il dramma vissuto dai civili in Palestina e Libano.
La partecipazione di sigle così diverse, dai movimenti di sinistra radicale come Rifondazione Comunista e Partito Comunista dei Lavoratori, alle realtà associative e ai collettivi universitari, testimonia la capacità del tema palestinese di catalizzare sensibilità politiche differenti. In corteo si è notata anche la presenza di Cub, unione sindacale di base, e di attivisti No Tav, in un ideale intreccio di battaglie contro le politiche ritenute imperialiste e oppressive.
Tra i cartelli esibiti durante il corteo, molti accusavano l’Occidente di complicità nelle violenze subite dai civili palestinesi. “Non basta condannare a parole, bisogna agire”, si leggeva su un manifesto che sintetizzava la richiesta principale dei manifestanti: interrompere immediatamente il supporto militare ed economico a Israele.
Gli esponenti dell’Associazione Palestinesi in Italia hanno sottolineato come la mobilitazione non sia solo una dimostrazione di solidarietà, ma anche un atto di denuncia verso una comunità internazionale accusata di ignorare deliberatamente le violazioni dei diritti umani in Palestina. “Non possiamo accettare che il nostro popolo venga annientato nel silenzio o peggio con la complicità delle nazioni che si definiscono democratiche”, ha dichiarato un portavoce.
Il corteo di Torino si inserisce in un momento di crescente attenzione internazionale sul conflitto israelo-palestinese. Gli organizzatori hanno ribadito la necessità di un cambio radicale di approccio da parte del governo italiano, con l’immediata sospensione di ogni accordo che preveda forniture di armi a Israele. “Se continuiamo a sostenere questa guerra, ne siamo complici”, ha concluso uno degli oratori.
Nonostante il clima acceso, la manifestazione si è svolta senza incidenti, con una forte presenza delle forze dell’ordine a presidiare il percorso. Torino, ancora una volta, si è dimostrata una piazza in grado di aggregare diverse anime della protesta, offrendo una piattaforma per esprimere dissenso contro le politiche internazionali dell’Italia e dell’Unione Europea.
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