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Cronaca
15 Novembre 2024 - 22:35
Venerdì bollente in 30 città italiane, dove migliaia di studenti hanno invaso le strade per il “No Meloni Day”. Tra slogan, cartelli provocatori, manichini bruciati e foto di ministri imbrattate di rosso, la protesta si è trasformata in guerriglia urbana a Torino, con un bilancio di venti poliziotti feriti e un blitz simbolico alla Mole Antonelliana.
La premier Giorgia Meloni è insorta, definendo gli episodi “inaccettabili” e invocando una presa di posizione chiara da parte dell’intero panorama politico: “Mi auguro che certa politica smetta di proteggere o giustificare queste violenze e si unisca, senza ambiguità, nella condanna di episodi così gravi e indegni”. Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, non ha esitato a evocare un passato inquietante, parlando di “anni di piombo”.
Le tensioni non accennano a diminuire. Solo pochi giorni fa, Bologna era stata teatro di violenti scontri durante il corteo di CasaPound. Ora, le piazze ribollono di un malcontento che sembra sfuggire al controllo.
Il fronte più caldo è stato a Torino, dove un corteo partito da Porta Susa ha radunato una folla eterogenea, con una presenza marcata di antagonisti legati al centro sociale Askatasuna e di sostenitori della causa palestinese. Tra i gesti simbolici più eclatanti, l’incendio di un fantoccio raffigurante il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, il vandalismo contro bus e monumenti e l’oltraggio al Museo del Cinema, dove la bandiera italiana è stata sostituita con quella palestinese.
A peggiorare il clima, il recupero di simboli degli anni ’70, come il gesto delle tre dita in alto a richiamare la P38. La tensione è esplosa definitivamente in Piazza San Carlo, con uova, petardi e un ordigno rudimentale contenente gas urticante lanciato contro le forze dell’ordine. In Piazza Castello, davanti alla Prefettura, la situazione è degenerata ulteriormente: venti agenti sono rimasti intossicati da una sostanza al cloro, riportando ferite e sintomi di avvelenamento.
Anche Roma è stata teatro di forti tensioni. Il corteo degli studenti ha raggiunto il Ministero dell’Istruzione e del Merito, dove uno striscione recitava: “Contro un governo di fascisti e sionisti”. La protesta si è fatta esplicita con cartelli raffiguranti Meloni, Valditara e Bernini imbrattati di vernice rossa, definita dai manifestanti come simbolo delle “mani sporche di sangue per il genocidio del popolo palestinese”. Non è mancato l’atto provocatorio di scrivere sull’asfalto “Ministero della guerra” e incollare bandiere palestinesi sui muri.
A Milano, un corteo simile ha sfilato con lo striscione “Studenti in rivolta contro repressione, genocidio e merito”. Tra le immagini più forti, quella della premier con il volto macchiato di rosso e una pioggia di bandiere palestinesi che dominava la scena. A Napoli, gli studenti hanno scelto il Maschio Angioino come sfondo per il loro messaggio: “Soldi alla scuola e non alla guerra”. Fumogeni e striscioni hanno accompagnato il passaggio del corteo, rendendo il clima incandescente.
Le reazioni del governo non si sono fatte attendere. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha puntato il dito contro la natura mirata delle aggressioni: “Stavolta non c’era il pretesto di altre iniziative in corso né soggetti cui contrapporsi, ma ad essere presi di mira sono stati i palazzi delle Istituzioni e gli operatori delle Forze di polizia. Confido che possa giungere unanime la ferma condanna per quanto accaduto”.
Il vicepremier Matteo Salvini, fedele al suo stile diretto, ha rincarato la dose: “Non ci faremo intimidire, ma è desolante pensare che qualche parlamentare o opinionista radical chic si scandalizzerà perché definisco i facinorosi comunisti ‘zecche rosse’ anziché preoccuparsi dell’aggressione sistematica alle forze dell’ordine”.
Parole dure anche dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, direttamente colpito dalla protesta: “Urlavano ‘Valditara a testa in giù’ sotto il ministero. E sarebbero questi gli interlocutori democratici? La scuola italiana non ha bisogno di replicanti degli estremisti degli anni ’70”.
La ministra dell’Università Anna Maria Bernini ha aggiunto una riflessione preoccupata: “Questi scontri sono l’apice di un clima di odio che andava stroncato subito e stigmatizzato da tutti. Senza alcun distinguo”.
Dal fronte dell’opposizione, la segretaria del PD Elly Schlein ha condannato fermamente la violenza ma non ha mancato di lanciare una frecciata al governo: “Solidarietà agli agenti delle forze dell’ordine feriti. Il diritto alla protesta non può essere confuso con l’aggressione violenta, ma è altrettanto inaccettabile la strumentalizzazione politica della violenza da parte di chi governa”.
L’Italia si ritrova dunque a fare i conti con un clima di scontro sociale che appare destinato a crescere. Le piazze restano un terreno di battaglia, dove il malcontento giovanile si intreccia con una politica sempre più polarizzata. I prossimi giorni saranno decisivi per capire se il dialogo potrà prevalere o se la tensione è destinata a esplodere in nuove, pericolose manifestazioni.
Torino: La piazza che ricorda il '77: spunta il gesto della P38
Fa un certo effetto, nel 2024, rivedere un gesto che richiama uno dei simboli più inquietanti del '77 e degli Anni di Piombo. Durante il corteo studentesco di Torino, tra fumogeni e bandiere palestinesi, alcuni manifestanti hanno alzato tre dita in cielo, riproponendo il gesto che simboleggiava la P38, l’arma usata dai militanti dell’Autonomia Operaia. Un’immagine che ha riportato alla memoria uno dei periodi più bui della storia italiana. Non c’erano passamontagna a coprire i volti dei giovani, ma l’atmosfera pesante e le tensioni che si sono registrate lungo il percorso del corteo hanno fatto pensare al capoluogo piemontese di quegli anni.
La manifestazione, indetta contro le politiche del governo di centrodestra e in solidarietà con la Palestina, è degenerata in scontri violenti, culminati in Piazza Castello. Qui, sotto la Prefettura e a pochi passi dalla Cupola Geodetica di Casa Tennis, allestita per le ATP Finals, è stato lanciato un ordigno rudimentale contro le forze dell’ordine, generando una nube di gas urticante. Una ventina di agenti sono rimasti intossicati e hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso.
E dire che, almeno inizialmente, tutto sembrava procedere senza incidenti. Il corteo, composto da circa 400 persone, era partito dalla stazione di Porta Susa. Tra i manifestanti, oltre agli studenti, c’erano esponenti di centri sociali e membri dell’ala antagonista. Tuttavia, lungo il tragitto, si sono registrati diversi episodi di vandalismo: imbrattamenti su mezzi pubblici e monumenti, tra cui la statua dedicata a Vittorio Emanuele II, sulla quale qualcuno ha scritto con spray nero “Free Palestine”.
Davanti all’Ufficio Scolastico Regionale, il corteo si è fermato per mettere in scena un atto simbolico: un fantoccio con la fotografia del ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Valditara è stato dato alle fiamme, un gesto che ha segnato una svolta radicale nella protesta. Da quel momento, gli slogan si sono fatti più estremi e sono iniziate le prime tensioni con le forze dell’ordine.
Uova sono state lanciate contro gli agenti, dapprima davanti all’Ufficio Scolastico, poi in prossimità della sede di Intesa Sanpaolo e delle Gallerie d’Italia. Gli slogan, inizialmente concentrati sulla questione palestinese, si sono trasformati in cori contro la polizia: “Tout le monde déteste la police” (Tutto il mondo odia la polizia), riecheggiava tra le fila degli antagonisti.
Piazza Castello è diventata il punto di massima tensione. Gli antagonisti hanno tentato di sfondare i cancelli della Prefettura, ma sono stati fermati dai reparti schierati della polizia. Ne è nato uno scontro diretto, con calci, pugni e qualche manganellata. È stato qui che è avvenuta l’esplosione dell’ordigno rudimentale, causando panico e feriti tra le forze dell’ordine.
Non contenti, i manifestanti si sono diretti verso la sede della RAI, dove alcuni mezzi delle forze dell’ordine sono stati presi d’assalto e danneggiati. Un’altra immagine simbolica ha segnato la protesta davanti alla Mole Antonelliana: dal pennone è stata sfilata la bandiera italiana per issare al suo posto quella palestinese, in un gesto di aperta provocazione.
Il corteo ha proseguito verso Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino, imbrattando e danneggiando un fast food lungo il percorso. Il richiamo al passato si è fatto ancora più forte: proprio da Palazzo Nuovo, nel 1977, partivano i cortei degli autonomi “di un tempo”, quelli che, a differenza di oggi, agivano con una strategia militante precisa e strutturata.
La giornata si è chiusa con un bilancio pesante: tensioni, feriti e un ritorno a simboli che sembravano relegati alla memoria storica. Una ferita aperta per Torino, che si ritrova nuovamente al centro di una cronaca che sembra riecheggiare un passato mai del tutto archiviato.
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