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03 Novembre 2024 - 14:26
Prima e dopo: a destra come si presenta la scalinata oggi
La scalinata che da Piazza Craveri sale verso il viale è tornata al suo assetto originale e presto verrà tolto ogni segno lasciato dagli interventi effettuati durante il breve mandato di Bruno Riva. Parliamo di Pont e di quella che in loco è sempre stata chiamata "la Lea": denominazione all’apparenza oscura, dovuta alla deformazione di allea, termine poco utilizzato nel linguaggio comune e derivante dal francese allée.
Nell’estate di tre anni fa, su iniziativa del fantasioso consigliere delegato Stefano Pegoraro, la scalinata, i pilastrini del parapetto e le panchine erano stati dipinti in tinte vistose per vivacizzare il centro del paese lanciando allo stesso tempo messaggi di inclusione, non violenza, solidarietà fra individui e gruppi sociali. Le alzate dei gradini avevano i colori della bandiera arcobaleno, che negli ultimi anni è stata identificata come propria del movimento LGBT ma che in realtà era nata e si era diffusa come stendardo delle organizzazioni pacifiste. I colori delle panchine e dei pilastrini richiamavano ciascuno un tema al centro delle battaglie civili: il rosso è diventato il simbolo delle donne vittime di violenza; il rosa quello delle battaglie contro il tumore al seno; il verde quello della difesa dell’ambiente. Altri simbolismi sono meno noti ma altrettanto importanti: il viola è associato all’Alzheimer, il giallo ai suicidi, il blu al bullismo, l’arancione alla fame nel mondo. Il bianco è da sempre simbolo di purezza e di innocenza e quindi dell’infanzia. A completare il messaggio, su ciascuna panchina era stata riportata una frase legata al tema che la riguardava.
Le intenzioni erano ottime, il risultato estetico un po’ meno. I colori della bandiera arcobaleno, così leggeri e luminosi sopra i tessuti, sulla pietra risultavano molto cupi e densi e, a differenza di quanto avvenuto con le installazioni natalizie degli anni di Pegoraro – davvero vivaci, rallegranti e comunque temporanee - l’effetto d’insieme appariva piuttosto pesante.
Ecco come si presentava la piazza
Coppo lo ha definito "uno scempio, stridente con il contesto", e ha annunciato che dopo aver riportato la scala al suo stato originario (il costo è modesto: 700 euro) anche le panchine verranno presto sostituite e così le fioriere. Il tutto nell’ambito di un progetto più ampio, del valore di 150.000 euro, messo a punto insieme all’Unione Montana Valli Orco e Soana e che comprenderà anche la ristrutturazione dei bagni pubblici.
A pochi mesi dall’inizio del suo nuovo mandato, Coppo si è dunque prodigato per cancellare quel che era stato fatto sotto il governo del predecessore. È cosa frequente in molti comuni, ed anche un po’ triste, che un sindaco – si tratti di una prima volta o di un ritorno dopo breve interruzione – punti innanzitutto a smantellare opere o iniziative messe in atto dagli avversari. Nel caso odierno si tratta di poca cosa ma esistono a Pont precedenti rilevanti come quello dell’Ecofilm Festival, abolito nel 2005 dalla giunta Balagna e mai sostituito da nulla che avesse capacità di attrazione anche solo lontanamente paragonabili.
Fa piacere che il sindaco sia attento all’aspetto estetico del paese ed all’armonia delle sue componenti architettoniche e decorative. È inevitabile però rilevare come in altre circostanze ed in altre aree del comune i criteri cui si è ispirata la sua amministrazione siano stati differenti. Basti pensare all’edificio annesso alla Torre Tellaria (che dopo la ristrutturazione offre l’impressione di un corpo estraneo) o allo scatolone bianco e grigio della nuova scuola.
Il fabbricato, fortemente voluto proprio da Coppo, ha un impatto visivo molto pesante sia da vicino che da lontano e in quel caso non si tratta di tinteggiature – per loro natura rimuovibili – ma di un’opera destinata a rimanere nel tempo. Forse, prima di cancellare gli eccessi di colore in centro-paese, l’amministrazione avrebbe potuto ispirarvisi per realizzare qualcosa di simile – un bel “trompe-l’oeil” con sfumature più dolci – sui muri dello scatolone scolastico. La stessa cosa che si dovrebbe fare, se fosse di proprietà pubblica, con un altro orrendo scatolone bianco: il magazzino costruito a fine Anni Novanta dalla Liri Industriale in Borgata Doblazio, in quel caso con il benestare di un’amministrazione di centro-sinistra.
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