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Quando a Ivrea tutti ascoltavano la radio nata in una soffitta

Sergio Gavioli e i pionieri dell’etere: storia di Radio Ivrea, la voce del Canavese

Sergio Gavioli

Sergio Gavioli

Correva il 1976, più o meno 50 anni fa, quando alcuni pionieri, o se vogliamo “pirati”, Aldo Benedino, Sergio Gavioli, Alberto Coda, Claudia Giacchero, e l’allora direttore de La Sentinella, Francesco Brizzolara, fondavano Radio Ivrea Canavese TV.

All’inizio, in maniera del tutto sperimentale, trasmettevano da corso Vercelli, in un locale situato nella soffitta dell’abitazione di  Aldo Benedino, tecnico radioamatore, con attrezzature in parte da lui costruite.

Le trasmissioni avvenivano dalle 18 alle 21, con un’ora di musica e un breve lancio di notizie locali.

Da lì, ad una cooperativa con presidente Dante Volpe e con tantissimi soci, soprattutto commercianti, tra i più noti Pitetti, Prina, Cossavella, Strobbia, ecc., il passaggio fu breve.

Da corso Vercelli, a una nuova sede in Montestella.

Carla Vairetto

Carla Vairetto

Paolo Garda

Paolo Garda

Francesco Brizzolare

Francesco Brizzolara

Maurizio Di Maggio

Maurizio Di Maggio

Da un Revox, un giradischi e un microfono, a tutto ciò che serve per definire una radio.

Da musica e informazione solo per le orecchie degli eporediesi, a tutta la provincia di Torino.

All’inizio, un po’ per divertimento e passione, in seguito a livello professionale, come lavoro.

“Ufficialmente la radio inizia a trasmettere nel 1976 con il terremoto in Friuli. La città era in ansia, tutti si sentivano impotenti ma volevano contribuire con donazioni”, ricorda Gavioli. “Abbiamo raccolto vestiti, roulotte... La radio diventò il cuore pulsante di una solidarietà che nessuno avrebbe mai immaginato. Io facevo musica ed ero direttore della produzione giornaliera, Francesco Brizzolara, tramite un accordo con La Sentinella, ne curava i Giornali Radio. L’informazione locale era molto importante. C’era anche la redazione sportiva, con i corrispondenti sempre in collaborazione con La Sentinella...”.

A Montestella, piano piano, la cosa diventò seria, con trasmissioni che cominciavano alle 8 e finivano a mezzanotte e anche oltre.

Fu l’inizio di un’avventura straordinaria, che vide ai microfoni personalità destinate a diventare celebri: Tiziano Marchetti, Stefano Barro, Ezio Cannata, Claudia Giacchero, Carla Vairetto e Maurizio Di Maggio, oggi a Radio Montecarlo, Bruno Cossano, Maurizio Destefani, Mauro Marinello, regista a Canale 5, Riccardo Bertoli, manager al Teatro La Scala di Milano, Bepe Zoia e tanti altri.

Sergio Gavioli

Sergio Gavioli

“Maurizio Di Maggio? È venuto da me in radio quando aveva 15 anni e mi disse che voleva provare a condurre una trasmissione musicale”, ricorda Gavioli. “Io per prima cosa (lo facevo con tutti i ragazzi all’inizio) lo misi a rispondere ai telefoni che a quel tempo suonavano in continuazione per le dediche. Dopo un po’ di tempo iniziò anche lui una trasmissione al sabato mattina...”.

“Bei tempi...”, sospira Gavioli con lo sguardo che si perde nei ricordi di una gioventù segnata dalla passione per la radio, una passione che lo ha accompagnato per tutta la vita.

La radio, e poi proprio lì accanto anche la televisione, Teleivrea.

Terminata l’esperienza con Radio Ivrea, Gavioli, un bel giorno, incontra Giuliano Bettarello e Paolo Brusa, che a Strambino avevano iniziato le trasmissioni di Radio Antenna Centrale.

“Mi chiesero una mano, e lo feci con entusiasmo”, ci racconta. 

“Diventammo soci e spostammo gli studi e gli uffici al Centro Congressi La Serra a Ivrea...”.

Era il 1982.

“Installammo ripetitori sulle colline e sulle montagne del Canavese e la radio divenne una vera impresa, con segretarie, telefoniste, dj, tecnici e giornalisti...”.

Si raggiunsero, pensate un po’, trentamila ascoltatori al giorno, trasmettendo 24 ore su 24.

Oggi, a 76 anni, Gavioli si guarda indietro con orgoglio.

Quegli anni di radio e tv sembrano distanti, eppure sono vivi nella sua memoria.

Il suono della sua voce al microfono e il ritmo della chitarra non hanno mai smesso di echeggiare, perché la passione, quella vera, non si spegne mai. Di radio e di musica, considerando che nel 1969 era tra i fondatori di un gruppo musicale rock, The Smoog.

Lui, chitarrista e cantante, insieme a Camillo Valcante, ai gemelli Adriano e Mario Totaro, e al bassista Stefano Villa.

“Abbiamo girato tutta l’Italia”, ci racconta. “Facevamo in parte musica nostra e qualche brano di gruppi americani. Spesso accompagnavamo gruppi in tour che venivano in Italia... Nel 1978, ho fatto una scelta definitiva. Ho appeso la chitarra al chiodo e mi sono messo ai microfoni della radio...”.

Quei giorni sembrano lontani, ma per Gavioli la radio è ancora una scintilla viva nel cuore. Il suono della sua voce, il ritmo delle sue note non sono mai davvero scomparsi.

Oggi, in un mondo fatto di post e like, l’intimità e la vicinanza delle radio locali, come Radio Ivrea e Radio Antenna Centrale, sembrano un ricordo lontano. Ma per chi ha vissuto quegli anni, non c’è social network che possa sostituire quel legame fatto di voci, note e dediche.

Momenti magici, quando la musica diventava un filo diretto tra i cuori, con i dischi a richiesta che risuonavano da una casa all’altra, creando un senso di comunità che solo la radio sapeva dare.

Mi ricordo quella volta che i sacerdoti urlarono in diretta

Andrea Benedino

“Vuoi parlare di Radio Ivrea? Io c’ero. Te lo hanno mai detto che trasmettevamo dalla mia soffitta?”.

Aldo Benedino, 82 anni, si illumina appena sente la parola “radio”. 

È come se un interruttore si accendesse, portandolo indietro nel tempo, a quegli anni fatti di voci, musica e passione condivisa.

“Poi il Vescovo ci ha dato il permesso di andare a Montestella con i frati oblati...”.

Un sospiro profondo, lo sguardo che vaga altrove, perso tra i ricordi.

“Mi ricordo di Giovanni Torra, il padre di Barbara. Ogni giovedì, puntuale come un orologio, veniva a fare le foto. Era il migliore, davvero. E pensa, non usava nemmeno il flash, ma le sue foto erano perfette...”.

E poi?

Benedino ride. Una risata calda e contagiosa che solo chi ha vissuto intensamente può avere.

 “Mi è venuta in mente una cosa... una in particolare.”

Su, diccela...

“Ricordo un trio che a quei tempi andava per la maggiore, Paulin Palasot Tajanda. Suonavano d’estate davanti al bar dello sport di Porta Vercelli. In radio erano ospiti graditi. A un certo punto Paulin inizia a suonare il sassofono e contemporaneamente a smontarlo fino ad arrivare al solo fischietto. Uno sketch bellissimo. Era mezzanotte e arriva una telefonata dei Pifferi. <<Vogliamo venire anche noi>>: ci dicono. Ricordo che aveva risposto Brizzolara. Ci guarda e ci dice: <<Ci sono i Pifferi che vogliono venire a tutti i costi e stanno venendo>>. Bene! A mezzanotte iniziano a suonare con la grancassa, incuranti dei sacerdoti che sotto di noi, al primo piano, dormivano. Ad un certo punto sentiamo il rettore che urla: <<Vergognatevi, vergognatevi!>> E tutto viene trasmesso in diretta...”.”.

Una radio che non era solo un luogo, ma uno spirito di comunità. Una radio “cooperativa”, una radio “condivisa”.

“Più o meno - sorride Benedino, ancora con quel lampo negli occhi - decidemmo di fare la cooperativa su consiglio del commercialista, il dottor De Bernardi. Stavamo trasmettendo senza licenza, nessuno di noi aveva la minima autorizzazione. Lui ci disse di coinvolgere i pezzi grossi della città, e così facemmo. Arrivammo a 300 soci... e nessuno di noi lo avrebbe mai immaginato.”

Benedino, il cuore pulsante della radio, era il supertecnico. Un radioamatore per passione, che non si fermava mai, nemmeno per un momento.

In città qualcuno lo chiama “professore”.

“È perché ho insegnato qualche anno all’Olivetti, sai? Era l’epoca della conversione: i meccanici diventavano elettronici. Tempi incredibili, quelli...”

“La mia licenza risale al 1° settembre 1964. Il ripetitore di Andrate? L’ho costruito io, con le mie mani. Ho chiuso la partita IVA nel 2023, ma non ho mai smesso davvero. Sono presidente dell’ARI di Ivrea e continuo a fare qualcosa... è impossibile smettere del tutto.”

E quest’anno, come a chiudere un cerchio, l’ARI festeggia i suoi primi 60 anni di vita.

“Siamo circa 53 soci, e ci ritroveremo con le gambe sotto il tavolo a Bollengo...”

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