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 “A Ciriè non c’è spazio per le nuove generazioni” la nuova vita di un giovane ciriacese in Australia

Dallo storico Cafè Hemingway di Ciriè a Senior Facilities Manager in Australia. “Ecco perché ho cambiato vita”, la storia di Davide Cappati

Davide Cappati con i suoi figli

Davide Cappati con i suoi figli

C’è un senso di profonda frustrazione quando realizzi che tutti gli sforzi intrapresi per realizzarti non possono trovare spazio nel tuo paese. Così, mentre le cose continuano ad accadere tu rimani immobile, un pesce fuor d’acqua abbandonato nei meandri di una città.

Si è trovato così Davide Cappati, il giovane ciriacese classe ’83 che ormai da diversi anni ha trasferito tutta la sua vita e i suoi più stretti affetti in Australia, a Perth. Eppure ci aveva provato a realizzare quel sogno che custodiva da un po', aveva aperto una caffetteria che era anche un punto di incontro per tutti i ciriacesi.

"Si chiamava Cafè Hemingway, ma ora non c’è più".

Nelle sue parole si coglie un pizzico di delusione, la consapevolezza di non essere riuscito a fare qualcosa di importante a casa sua. Ma in fondo ora si è realizzato, è un Senior Facilities Manager a Perth e non cambierebbe mai la sua nuova vita.

Da Ciriè in Australia, il passo è grande. Da dove è partito tutto?

Ho fatto il liceo Galileo Galilei lo scientifico di Ciriè, una scuola incredibile. Finito nel 2002 mi sono iscritto al Politecnico, ma a 6 esami prima della laurea in Ingegneria Elettronica ho mollato. Ho completato gli studi universitari successivamente qui in Australia dove ho conseguito in seguito un master in Gestione Aziendale (MBA)”.

Sei tornato a Ciriè quando hai lasciato il Politecnico?

Sì. Fino al 2008 ho lavorato per una ditta che faceva impianti di aspirazione industriale, nell’ufficio commerciale. Dopo, per ragioni di vicinanza, ho lavorato due anni come responsabile ricambi alla Peugeot, non era un lavoro che mi dava grosse soddisfazioni ma ero ad un chilometro da casa. Poi nel 2010 insieme al mio ex cognato abbiamo colto al volo l’opportunità di ristrutturare un locale in Via Vittorio Emanuele a Ciriè, così abbiamo aperto lo storico Cafè Hemingway che posso dire con orgoglio è stato il primo punto di ritrovo dal 2011 sino al 2015. Ora quel cafè non esiste più, è stato venduto qualche anno fa ed ha cambiato nome. Però quell’esperienza è stata utile anche per emigrare in Australia”.

Il Cafè Hemingway

Hai avuto difficoltà nel costruirti un futuro a Ciriè?

Ciriè è una bellissima cittadina, purtroppo incastrata nelle varie difficoltà che qualsiasi paese in Italia trova. Burocrazia e cattiva gestione sono purtroppo fattori non controllabili dai giovani. Forse in un futuro, se la situazione in Italia troverà una via d’uscita si potrà lavorare per creare più spazio per le nuove generazioni”.

Quindi quando sei andato via da Ciriè?

Nel 2013. A quel tempo ero sposato e con due bambini piccoli. Entrambi non sopportavamo più di vivere in Italia, abbiamo iniziato a progettare di andarcene. Abbiamo provato prima a trovare lavoro in Svizzera realizzando subito che sarebbe stato più veloce venire qua in Australia, con meno “gabule! E complicazioni burocratiche e con molte più opportunità di lavoro”.

Quando sei arrivato in Australia hai avuto paura? Come hai iniziato?

No, nessuna paura. È stata proprio l’esperienza come proprietario del Cafè Hemingway a darmi la chance di presentare la mia esperienza nel settore della ristorazione qua in Australia, trovando il mio primo impegno a tempo pieno come manager di una location per matrimoni e varie funzioni. Quel lavoro è stato necessario per poter poi applicare e ottenere la residenza permanente”.

Di cosa ti occupi adesso?

Avevo deciso di non continuare nella ristorazione perché non era più il lavoro per me, ad un certo punto inizia a non sopportare più i clienti, quindi a piccoli passi ho cominciato a lavorare sempre come manager prima nella ristorazione in edifici come aeroporti e ospedali poi spostandomi in gestione immobiliare di edifici come case di riposo ed ora di edifici aziendali, i grattaceli in pratica. Sono un Senior Facilities Manager”.

È stato difficile arrivare a ricoprire il ruolo che hai oggi?

Decisamente sì, ci vuole pazienza. Ho dovuto lavorare step by step. In pratica non si può pensare di passare da un lavoro ad un altro totalmente diverso. Però qui l’esperienza conta più di qualsiasi altro criterio. Quindi ho dovuto costruirmi la mia figura professionale nel corso degli ultimi 8 anni”.

Com’è la città in cui vivi oggi?

Perth è una città a misura di famiglia, piccola ma non troppo tutto a portata di macchina. Insomma tutto ciò di cui io e i miei figli abbiamo bisogno. Ed essendo in Australia, tutto funziona dieci volte più velocemente e meglio che in Italia, purtroppo devo ammetterlo”.

Sei mai tornato a Ciriè?

Sì, sono tornato già tre o quattro volte. L’ultima è stata ad ottobre 2023 dopo quattro anni di assenza a causa del Covid. Ogni volta che vado a Ciriè non vedo l’ora di rivedere gli amici e la famiglia. Dopo qualche giorno però ricordo sempre perché me ne sono andato. Una cosa che mi impressiona è vedere come i miei figli, ora teenager, a volte mi guardano e non capiscono certe “filosofie di vita”. Per loro che hanno vissuto in Italia giusto 3 o 5 anni della loro vita, certi modus operandi o certi livelli di stress qua non esistono proprio”.

Ora che hai visto come funziona il mondo del lavoro dall’altra parte del mondo, puoi dirci cosa non funziona qua?

"In Italia esistono persone fantastiche, altre meno. Vivendo in Australia ho realizzato, così come tanti altri che vivono qua, che le cose funzionando quando si hanno valori di base come rispetto ed uguaglianza che, mi secca ammetterlo, in italia non esistono. O per lo meno, le persone che questi valori li portano avanti non possono fare molto per cambiare le cose. Fin quando questa visione culturale, di voler essere avanti in tante cose ma indietro per la maggior parte, non cambierà, l’Italia rimarrà nella medesima situazione. Tanti dei miei cari amici sanno che nel 2013 dissi la frase 'Tra 5 anni l’Italia sarà messa peggio'. Oggi dopo oltre dieci anni purtroppo mi sono reso conto che avevo ragione. Sono stato fortunato ad aver scelto un’altra vita”.

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