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03 Ottobre 2024 - 22:03
Tavares, Stellantis
Lasciare nel 2026 la guida di Stellantis è "un'opzione". Carlos Tavares, in visita allo storico stabilimento Peugeot di Sochaux, parla per la prima volta del suo futuro come amministratore delegato del gruppo, mentre liquida come "pura speculazione" i rumors sulla fusione con Renault, sui quali non commenta il CEO di Renault, Luca De Meo. A Piazza Affari il titolo continua a essere sotto pressione: perde ancora e chiude con un calo pesante del 4%. "Tra due anni avrò 68 anni, un'età ragionevole per andare in pensione. Per questo è un'opzione", spiega Tavares, che ricorda di aver firmato un contratto. Poi aggiunge: "Se chiedete a mia moglie, vi dirà che è una sua esigenza. Sono un buon marito".
Nei prossimi giorni, presso la sede USA di Stellantis ad Auburn Hills, si terrà un incontro programmato da diverso tempo che avrà fra gli ordini del giorno proprio i ragionamenti sul futuro di Stellantis nel dopo Tavares. Quando parla delle difficoltà del gruppo, il manager assicura che i quindici mesi che ha ancora davanti, qualora scegliesse l'opzione di lasciare nel 2026, "sono più che sufficienti" per cambiare la situazione. Le difficoltà, spiega Tavares, "non mettono in discussione la strategia della società. Non è solo Stellantis a essere in difficoltà nel settore: ci sono anche Volkswagen, BMW, Mercedes e probabilmente non è finita. Incidono la regolamentazione e l'ambizione dei produttori asiatici".
Tavares è con il presidente dei Stellantis John Elkann
Tavares l'11 ottobre sarà sentito in Parlamento, ma i sindacati, che preparano lo sciopero di Stellantis e dell'automotive per il 18 ottobre, non lo considerano un passaggio fondamentale. "Noi non chiediamo né al governo né alla commissione, con tutto il rispetto verso il suo presidente, di ascoltare Stellantis o Tavares: noi chiediamo al governo di condizionare Stellantis e Tavares al rispetto di alcuni accordi. Non ci interessa sentirli, il governo deve costringerli a venire a discutere, a spiegare che cosa fanno. Quando in Germania Volkswagen ha detto che chiudeva due stabilimenti, il cancelliere ha detto 'Fermi tutti, tu non chiudi nulla: vieni da me'", spiega Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil.
Le opposizioni, intanto, hanno creato un tavolo politico comune sull'automotive. Domani l'Unione Europea sarà chiamata a votare sull'introduzione di dazi aggiuntivi definitivi, fino al 36,3%, sulle auto elettriche cinesi. Un piano su cui ribadisce il voto contrario l'Ungheria. "Dazi o non dazi, io credo che la vera questione sia riuscire ad organizzarsi come industria automobilistica, come ecosistema in generale, al di là dell'industria dell'auto, per essere tra qualche anno al livello dei cinesi", osserva De Meo.
Il segretario generale della Cisl, Antonio Sbarra, chiede di rivedere i tempi UE sullo stop ai motori diesel e benzina. "Siamo assolutamente d'accordo e condividiamo questo grido di allarme del presidente di Confindustria, Orsini, quando giustamente segnala che abbiamo davanti a noi scadenze molto ravvicinate. Bisogna allontanare questo stop ai motori endotermici fissato al 2035. Pensiamo che questo orientamento di affrontare nel 2026 la discussione vada anticipato, proprio per allontanare il rischio che intere filiere industriali e produttive cadano a pezzi".
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