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La cupola che pressava e minacciava la Juventus: "Vi portiamo a Report"

Sentenza a Torino: riconosciuta l'associazione a delinquere alla struttura dei Drughi

Juventus

Una struttura a piramide, con capi e "colonnelli" che esercitavano sul resto degli aderenti "un'autorità indiscutibile e in effetti mai messa in discussione"

Una "cupola" alla guida di una "base". Sono queste le parole che usano i giudici della Corte d'appello di Torino per raccontare la struttura dei Drughi, storico gruppo di ultrà della Juventus, nelle motivazioni di una sentenza che per la prima volta incolla a una tifoseria organizzata l'etichetta di associazione per delinquere. Una struttura a piramide, con capi e "colonnelli" che esercitavano sul resto degli aderenti "un'autorità indiscutibile e in effetti mai messa in discussione". Espressioni forti, quelle dei magistrati, capaci di evocare suggestioni e scenari più facilmente collegabili, in apparenza, ad altre forme di criminalità.

Delle cinque condanne, pronunciate in secondo grado lo scorso aprile e ora in attesa del vaglio della Cassazione, la più alta è stata riservata all'imputato Dino Mocciola: otto anni di carcere. Il processo, chiamato Last Banner, non riguarda le infiltrazioni della 'ndrangheta nella curva bianconera (argomento preso in esame nel corso di un'inchiesta giudiziaria di qualche anno prima) ma lo spirito di iniziativa di certi ultrà che, fra il 2018 e il 2019, avrebbero ingaggiato un "braccio di ferro" con la Juventus per piegarla ai propri voleri: quelle che sembravano comuni intemperanze da stadio, come lo sciopero del tifo, le contestazioni, le scritte oltraggiose o i cori discriminatori, secondo l'accusa servivano a "tenere sotto scacco la società e costringerla, nella persona dello Slo, a concedere agevolazioni non dovute", tra cui la concessione di biglietti gratis per gli striscionisti o qualche tagliando in più per le trasferte in Champions League.

Un crescendo di pressioni in cui la procura ha fatto rientrare anche la minaccia di spifferare a Report presunti retroscena sulla vecchia vicenda degli 'ndranghetisti: "Così vi rompiamo il c...". Alla fine la Juventus (che nel processo si è costituita parte civile) presentò una denuncia e la Digos avviò un'indagine. Inutilmente gli imputati hanno sostenuto che si trattava di una semplice protesta contro il caro biglietti.

Per gli inquirenti le ragioni erano altre. E a farne le spese erano anche i tifosi "ordinari", costretti a non cantare, a non esultare, a non sedersi nel posto assegnato. Con la forza dell'intimidazione che può esercitare solo "una cupola". I giudici d'appello, con malizia, riportano una intercettazione dove un supporter si lamenta perché i capi "fanno i prepotenti" e trattano i membri della base "come dipendenti".

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