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Chirurgia d’avanguardia all’ospedale di Chivasso: introdotte nuove soluzioni per la protesi d’anca

La tecnica mininvasiva AMIS (Anterior Minimally Invasive Surgery) riduce il dolore e accelera il recupero, trasformando l’esperienza dei pazienti operati

Chirurgia d’avanguardia all’ospedale di Chivasso: introdotte nuove soluzioni per la protesi d’anca

All'ospedale di Chivasso, la tecnica mininvasiva AMIS per la protesi d'anca riduce il dolore post-operatorio e accelera il recupero.

All’ospedale di Chivasso, è stata implementata con successo la tecnica chirurgica mininvasiva di accesso anteriore per la protesi d’anca, AMIS (Anterior Minimally Invasive Surgery), una procedura già sperimentata in altre strutture avanzate ma recentemente introdotta anche qui, con risultati eccellenti. Questa tecnica rappresenta un importante passo avanti nel campo della chirurgia ortopedica, grazie alla sua capacità di ridurre i tempi di recupero e migliorare la qualità della vita post-operatoria dei pazienti.

Una testimonianza rilevante arriva da una paziente settantenne, che ha recentemente subito un intervento di protesi d’anca utilizzando la tecnica AMIS. La donna ha condiviso la sua esperienza, raccontando come, già poche ore dopo l’operazione, sia riuscita a camminare con l’aiuto di un deambulatore, iniziando subito il suo percorso riabilitativo. Le sue parole sono particolarmente toccanti: “Nonostante i miei 70 anni e le preoccupazioni legate al recupero, sono rimasta stupita dalla rapidità con cui ho potuto camminare dopo l’intervento. Il dolore è gestibile, e già dal primo giorno mi sono mossa autonomamente grazie alla ridotta invasività della procedura. Sono estremamente sollevata che il chirurgo abbia optato per questa tecnica”.

Il dottor Marco Corgiat Loia, chirurgo ortopedico.

L’approccio mininvasivo, come dimostra il caso della paziente, consente di ridurre significativamente il dolore e il sanguinamento post-operatorio, garantendo una ripresa più veloce rispetto alla chirurgia tradizionale. Interpellato sull’argomento, il dottor Marco Corgiat Loia, uno dei tre ortopedici coinvolti, ha infatti sottolineato: “La tecnica permette di eseguire l’intervento senza tagliare muscoli o tendini, operando attraverso spazi naturali tra i muscoli. Ciò consente al paziente di alzarsi e camminare già poche ore dopo l’intervento, con un dolore significativamente ridotto rispetto alle tecniche tradizionali”. Questo approccio mininvasivo permette di preservare il tessuto muscolare, riducendo così le complicanze e accelerando il recupero funzionale.

Uno degli elementi chiave che differenzia questa tecnica è l’utilizzo di un lettino operatorio speciale. Questo strumento consente una visione ottimale dell’articolazione e facilita l’operazione, soprattutto per prevenire complicazioni come la frattura del femore, problema che in passato si presentava con maggiore frequenza a causa della difficoltà nel visualizzare correttamente l’osso. “Con il lettino specifico riusciamo a mantenere un controllo preciso dei movimenti, riducendo al minimo il rischio di frattura femorale”, ha aggiunto Corgiat.

L’adozione della tecnica è stata progressiva, con una curva di apprendimento che ha portato a un miglioramento significativo dei tempi operatori. “All'inizio impiegavamo circa tre ore per completare l’intervento, ma con l’esperienza e l’uso del lettino apposito, siamo arrivati a ridurre il tempo a circa un’ora, quasi come per l’accesso laterale”, ha spiegato l’ortopedico.

Il dottor Giorgio Iannacchero, chirurgo ortopedico.

Questo risultato dimostra la crescente efficienza dell’equipe, composta oltre che da Corgiat, dai chirurghi Giorgio Iannacchero e dal primario del reparto, il dottor Marino Caresio.

A fronte dei numerosi vantaggi dell’accesso anteriore, la tecnica non è comunque adatta a tutti i pazienti. Il dottor Corgiat ha specificato che “ci sono casi in cui l’accesso laterale resta la scelta migliore, come nei pazienti con conformazioni muscolari particolari o in quelli con fragilità ossea significativa, soprattutto negli anziani”. In effetti, i rischi associati al femore, in particolare per i pazienti con ossa fragili a causa di importanti patologie metaboliche, costituiscono ancora un limite all’adozione diffusa di questa tecnica.

Nonostante queste limitazioni, la tecnica è estremamente promettente per pazienti più giovani e quelli affetti da artrosi, con un'età media compresa tra i 50 e 70 anni. Inoltre, può essere impiegata con successo anche in casi selezionati di revisioni protesiche. “L’obiettivo principale è garantire una ripresa il più rapida possibile, permettendo ai pazienti di tornare alle loro attività quotidiane nel giro di poche settimane”, ha aggiunto Corgiat.

Il dottor Marino Caresio, primario del reparto di ortopedia dell'ospedale di Chivasso.

Il reparto di ortopedia dell’ospedale di Chivasso ha consolidato la sua reputazione di eccellenza grazie alla regolare esecuzione di circa 4-5 interventi di protesi d’anca a settimana, utilizzando principalmente la tecnica tradizionale con accesso laterale. A questa prassi consolidata si è ora aggiunta la tecnica mininvasiva con accesso anteriore, che rappresenta un’importante evoluzione per il reparto.

L’introduzione di questa nuova metodica ha ampliato le opzioni chirurgiche, offrendo ai pazienti un’alternativa che riduce il dolore post-operatorio e accelera il recupero. La scelta dell’accesso chirurgico per la protesi all’anca dipende comunque da una valutazione attenta del chirurgo, che considera l’anatomia del paziente, le condizioni dell'articolazione e i possibili rischi di complicazioni. Questo approccio innovativo, utilizzato in casi selezionati, ha migliorato l’efficienza del reparto, incrementando la qualità delle cure e l’esperienza del paziente, senza compromettere sicurezza ed efficacia.

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