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Made in Italy

La moda italiana in svendita: chiudiamo bottega o la salviamo?

Il made in Italy perde 9,7 milioni al giorno: tra crisi, marchi svenduti ai francesi e griffe storiche che arrancano. Il governo dormirà ancora?

Donatella Versace

Donatella Versace

Il sistema della moda italiana, da sempre fiore all’occhiello del made in Italy, sta affrontando una crisi profonda, come confermato dai recenti dati rilasciati da Confartigianato Moda. Nei primi sei mesi del 2024, l’export del comparto moda ha subito un calo del 5,3%, traducendosi in una perdita giornaliera di 9,7 milioni di euro. Un dato allarmante, che rappresenta un arretramento significativo per un settore cruciale non solo per l’immagine del Paese, ma anche per il tessuto economico italiano.

Le perdite principali si sono registrate in mercati strategici come la Svizzera, che ha visto un crollo del 54,9%, e in paesi tradizionalmente solidi come Regno Unito (-9%) e Germania (-7,1%). Queste cifre, che parlano di un calo complessivo delle esportazioni di circa 1,8 miliardi di euro tra gennaio e giugno, disegnano un quadro preoccupante per il sistema della moda italiana, un settore che ha costruito la sua reputazione su marchi iconici come Armani, Versace, Valentino, Gucci, Prada e Dolce & Gabbana.

A livello provinciale, i dati mostrano un impatto particolarmente pesante in alcune aree chiave della produzione. Vareseha subito una perdita di 199 milioni di euro, pari a un calo del 28,7%, mentre Firenze, uno dei centri nevralgici della moda di lusso, ha visto scendere l'export del 16,5% per una perdita totale di 778 milioni. A seguire, altre province importanti come Treviso (-15,7%) e Biella (-15,6%), altrettanto fondamentali per la filiera tessile, si trovano ad affrontare riduzioni significative.

Il made in Italy della moda, storicamente legato a marchi familiari e a una forte tradizione manifatturiera, ha vissuto negli ultimi anni un processo di acquisizioni da parte di gruppi stranieri, soprattutto francesi. Gucci, per esempio, fa parte del colosso del lusso Kering, un gruppo francese che controlla anche altri grandi nomi come Bottega Veneta e Saint Laurent. Anche Versace ha ceduto il controllo a capitale straniero, essendo stata acquisita nel 2018 dalla multinazionale americana Capri Holdings, già proprietaria di Michael Kors. Valentino, dal canto suo, è ormai parte del fondo d’investimento del Qatar Mayhoola dal 2012.

In questo scenario, uno dei pochi grandi nomi della moda a mantenere la sua indipendenza e proprietà italiana è Armani, che ha scelto di rimanere sotto il controllo della famiglia, nonostante le numerose offerte ricevute da gruppi internazionali. Lo stesso vale per Dolce & Gabbana, che rimane un’azienda a controllo italiano, con un’impronta fortemente legata alla creatività e all'artigianato nazionale.

La situazione non è migliore sul fronte della produzione interna. Nel mese di luglio 2024, il comparto moda ha registrato un calo del 18,3% rispetto allo stesso mese del 2023, con una flessione cumulativa del 10,8% nei primi sette mesi dell'anno. Questi dati non solo riflettono un declino nelle vendite, ma anche un crollo della fiducia degli imprenditori del settore. Confartigianato avverte che le aspettative sugli ordini per il prossimo trimestre sono altrettanto negative, con un calo del 5,6% nelle previsioni di assunzione per il periodo settembre-novembre 2024.

In questo contesto, Confartigianato Moda ha sollecitato il governo italiano a intervenire con urgenza, richiedendo misure straordinarie per sostenere le imprese in crisi. In una lettera inviata al ministro delle Imprese Adolfo Urso, il presidente di Confartigianato Marco Granelli ha chiesto una sospensione immediata dei versamenti tributari per le aziende più colpite, oltre a un’estensione della Cassa integrazione in deroga e una moratoria sul rientro dei prestiti garantiti, attraverso una revisione delle norme del Fondo Centrale di Garanzia. Queste misure si rivelano essenziali per evitare un tracollo definitivo.

Il richiamo alla salvaguardia del patrimonio manifatturiero italiano non è solo economico ma anche culturale. I marchi italiani, molti dei quali nascono dalle piccole e medie imprese (PMI), sono il cuore pulsante del made in Italy nel mondo. Nomi come Valentino, Prada e Dolce & Gabbana, insieme ai già citati Armani e Versace, rappresentano non solo un valore economico, ma anche un simbolo della qualità e della tradizione italiana.

Dolce e Gabbana

Dolce e Gabbana

Giorgio Armani

Giorgio Armani

Confartigianato ha inoltre proposto di rafforzare le misure di sostegno all'export, semplificando le procedure di accesso ai prestiti Simest per la partecipazione a fiere internazionali e la patrimonializzazione delle imprese. Inoltre, viene richiesta una spinta verso la sostenibilità, incentivando l’acquisto di capi rigenerati provenienti da filiere certificate, una mossa che potrebbe non solo favorire la transizione ecologica del settore, ma anche aprire nuove nicchie di mercato.

L’intervento pubblico appare quindi quanto mai necessario per scongiurare un declino che potrebbe cancellare uno dei simboli più riconoscibili e apprezzati del made in Italy. L’impegno del governo, già ventilato dal ministro Urso, dovrà tradursi in azioni concrete, affinché le eccellenze italiane possano non solo superare questo momento difficile, ma anche riposizionarsi con maggiore forza nei mercati internazionali.

Il futuro della moda italiana dipende dalla capacità di affrontare le sfide attuali con visione e pragmatismo, riconoscendo il valore di un settore che ha sempre saputo coniugare tradizione e innovazione. Un patrimonio che non possiamo permetterci di perdere.

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