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Caso sociale

Non riesce a farsi una doccia! Il calvario di Ilaria continua...

Abita ancora lì, in quel monolocale di 30 metri del condominio Saudino

Ilaria Aragona

Ilaria Aragona

Chiede un aiuto. Chiede assistenza. Non ce la fa più. Ce lo dice. Si dispera. Ci invia foto impubblicabili sulle piaghe che nel frattempo il caldo e il sudore le stanno provocando. Soprattutto chiede di potersi fare una doccia. 

Avete capito bene: una doccia. E una doccia, con il caldo che fa, dovrebbe essere alla portata di tutti. Una doccia è il minimo sindacale, non la si dovrebbe neanche mettere in discussione.

“Voglio ritornare a vivere…” ci dice oggi Ilaria.

E vivere significa anche una doccia fatta bene e tutti i santi giorni. Possibile che non si riesca ad accontentarla? Possibile che da quest'orecchio l'amministrazione comunale non ci senta? Possibile che le assistenti del Consorzio In.rete non abbiano segnalato questa necessità ai propri referenti? In quale parte del mondo civilizzato si abbandona una donna in queste condizioni?

La scorsa settimana alcuni medici dell'ospedale di Ivrea, su segnalazione dell'Amministrazione comunale, si sono "recati" da Ilaria e l'hanno trasferita di peso al Pronto Soccorso per alcuni controlli.

Poteva essere l'occasione per una doccia, forse, ma così non è stato.

La situazione è grave. Molto grave. La domanda è: ci sarà qualcuno in grado di aiutarla? Staremo a vedere...

Ebbene sì, torniamo a parlare di Ilaria Aragona. Manco a dirlo abita ancora lì, in quel monolocale di 30 metri del condominio Saudino di proprietà del Comune di Ivrea ma gestito da Atc, con un bagno troppo piccolo per le sue esigenze e nessuna finestra, salvo le vasistas, per poter dare uno sguardo al mondo o, se vogliamo,  tali da rendere quel monolocale più simile ad un carcere o a un ghetto che ad una casa di civile abitazione.

Eravamo rimasti ad una risposta dell’assessora Patrizia Dal Santo. Si era concentrata sugli affitti non pagati e su un piano di rateazione, senza del quale sarebbe stato per lei impossibile avviare con Atc una pratica per il cambio di alloggio. Né più e né meno di quel che avrebbe potuto rispondere un impiegato del Comune o della vecchia SIP. 

Era seguita una raccolta fondi (poi andata a buon fine) organizzata su Gofundme.

“Ciao - aveva scritto - sono una donna di 47 anni, invalida al 100%, da tre anni inabile al lavoro. Sono in ossigenoterapia h24 perché non respiro più bene a causa di mille fattori: obesità, COVID, depressione... Il Comune,” scrive sempre Ilaria, “tre anni fa mi ha dato una casa popolare di 30 mq senza finestre, senza infissi esterni. Mi faccio la doccia in un bagno stretto seduta su una sedia da giardino di plastica bianca, dove rischio di cadere o scivolare... Da anni sto chiedendo al Comune una casa adatta alle mie esigenze in cui riesca a muovermi con un bombolone di mille litri di ossigeno. Mi hanno chiesto 500 euro per fare il cambio ma non li ho. Vivo con una pensione di invalidità e non riesco a trovare più di 100 euro...”.

Da lì in avanti tutto è finito sui tavoli dell’Atc che ha i suoi tempi.

Dicono di aver ricevuto la richiesta di cambio alloggio a metà giugno (per l’esattezza il 17), quindi non molto tempo fa. Poi la scorsa settimana si è riunita la  “commissione utenza”, organo autonomo previsto dalla legge regionale (composto da 2 rappresentanti di Atc e 3 tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli assegnatari più rappresentative in ambito provinciale), che ha disposto un sopralluogo tecnico… Fine della puntata. Se ne riparla a settembre, nell’ambito della stessa commissione, sempre che nel frattempo sia avvenuto il sopralluogo.

E quindi ti guardi intorno, cerchi di capire che cosa devi fare, che cosa puoi fare, e non ti viene in mente nulla. 

Nulla che abbia un senso dopo le tante cose già dette e scritte. 

Ricapitolando. C’è una ragazza che, ammalatasi di Covid, dopo mesi e mesi di cure oggi vive attaccata ad una bombola di ossigeno in un appartamento al secondo piano di un condominio situato alla periferia della città, completamente scollegato dal centro e dalla civiltà.

In una posizione talmente scomoda che gli “abili” non ci vogliono andare. È obesa. Non ce la fa a staccarsi dal letto. Non ce la fa a farsi una doccia. Non ce la fa a muoversi.

Il Consorzio In.Rete le ha dato una Oss (Operatrice socio sanitaria) per quattro ore alla settimana, di cui due impiegate per andare a fare la spesa in qualche supermercato della zona, ma non s’è mai chiesto se ce ne volessero di più e, per quel che ci è dato sapere, non s’è mai sottolineata l’esistenza di un problema serio, anche di igiene.

Da anni, inascoltata, Ilaria chiede di essere assistita di più, ma soprattutto una casa in cui poter affacciarsi da una finestra o fare due passi in un cortile. Insomma il minimo sindacale per un’esistenza dignitosa.

Fino a giugno la risposta, a senso unico, era sempre stata  “paga e poi si vedrà!” ed era inutile chiedersi come fosse possibile che di fronte alla stessa fotografia a noi venisse in mente una persona in cerca di aiuto e a chi amministra null’altro che le bollette dell’affitto

Ma quella è già acqua passata. Oggi il problema è la doccia! Il problema è etico e morale: occuparsi di chi ci chiede aiuto o, se si preferisce, di chi ha bisogno di aiuto.

L’appartamento in cui abita Ilaria è uno dei 12 monolocali ricavati nel condominio Saudino situati nello stesso edificio in cui trova spazio una RSA.  

Solo oggi si è capito che Ilaria, nel “ghetto” Saudino, ci poteva “morire” all’insaputa del mondo che la circonda. Anzi no, di un mondo che si era girato dall’altra parte. 

Una vita che cambia…

Ex ballerina. Ex professoressa di spagnolo. Mai fumato in vita sua, ha tante foto attaccate alle pareti a testimonianza, di una bella gioventù e della sua prestanza fisica.

E poi? Poi la catastrofe. Nel 2020 Ilaria è stata una delle prime a “beccarsi” il famigerato Covid.  Si è ammalata. E’ stata ricoverata per parecchi mesi negli ospedali di Ivrea e Cuorgnè ed è cominciato un lento calvario. Non si è più rimessa. E’ ingrassata. Pesava poco meno di 50 kg, oggi più del doppio, con l’aggravante di stare attaccata ad una bombola di ossigeno. 

Per questo piange, si dispera. Per questo vuole parlare. Urlare al mondo che non è così che ci si comporta con chi è messo male come lei, dichiarata inabile al lavoro al 100 per cento.

“Mi trovo in questa situazione per colpa del Covid -  ci aveva raccontato - Non sono stata curata bene. Devo viaggiare con l’ossigeno 24 ore su 24. E’ vero che i Comune mi ha dato una casa popolare ma non riesco a farmi una doccia, non riesco a passare con il girello, non riesco a camminare bene. Sono tre anni che sto chiedendo aiuto e sono tre anni che il Comune mi ride in faccia... Sto vivendo una situazione da incubo. ..”.

Il condominio Saudino

L’appartamento in cui abita non è stato evidentemente costruito  per essere abitazione permanente, al massimo temporaneo. 

Per lei che deambula a fatica, peraltro si aggiunge il problema delle scale. 

Dovesse star male sarebbe quasi impossibile portarla fuori in barella utilizzando quella esterna. Ce n’è una interna ma è stata “murata”  per non disturbare chi lavora nei locali del piano terreno utilizzati dalla “neuropsichiatria” dell’Asl To4 e nel seminterrato, dove han trovato spazio la camera mortuaria e gli spogliatoi della RSA Saudino. E poi c’è un ascensore che quando si rompe trasforma l’intero edificio in una vera e propria prigione.

“Cosa faccio? Sto chiusa in casa... - aveva aggiunto -   E’ già successo e non mi sono mossa per 15 giorni. Quando sono stata male hanno dovuto portarmi via avvolta in un lenzuolo. Un’altra volta mi hanno portato giù in braccio. ..”.

Ilaria, manco a dirlo, pur vivendo nel nostro mondo, fa parte di quell’altro mondo, quello che non si vuole vedere. Eppure sta lì, alla periferia di una città che si considera moderna, turistica, solidale e non v’è dubbio che lo sia...

A guardarlo da vicino l’alloggio è qualcosa che si presterebbe bene per un film dell’horror, ai limiti dell’agibilità, con finestre vasistas che si aprono solo dalla parte superiore, nessun balcone, nessuna persiana o tapparella. In ogni caso troppo piccolo per consentire a Ilaria di muoversi da un punto all’altro.

La verità su quei 12 alloggi di via Saudino, perlopiù monolocali e bilocali di proprietà del Comune ma gestiti da Atc...?

Non sono fatti per viverci stabilmente. Sarebbe il caso di venderli o di darli in gestione alla Caritas o alla Casa delle donne limitatamente alle emergenze di due giorni, dieci giorni, un mese.

La buonanima che li ha “regalati” solo una cosa si era preoccupata di far scrivere nero su bianco: che si sarebbero potuti locare  esclusivamente a cittadini di età superiore ai 65. 

“Questo ha sempre creato numerosi problemi nell’assegnazione curata dall’Atc in base alle graduatorie - spiegò  nel 2013, in consiglio comunale, l’assessore Augusto Vino - Gli anziani preferiscono vivere in città. Nel 2008 abbiamo registrato più di 23 rinunce. Nel 2009 ben 7 e 9 nel 2010...” 

Stessa cosa capita oggi e qui, manco a dirlo, ci vengono a vivere solo i figli di un Dio minore o chi si trova in una condizione che non gli consente di dire “no” e, infatti, di alloggi sfitti ce ne sono addirittura quattro. Un inquilino è morto. Altri due sono finiti in una casa di riposo, infine  un ragazzo è stato arrestato e nessuno lo ha più visto.

Quattro alloggi vuoti da mesi in un condominio di due piani, situato in una zona che possiamo definire residenziale, ma ha il limite di essere troppo lontana dal centro abitato.

Da qui a far diventare il condominio di via Saudino un vero e proprio ghetto, il passo è stato breve. 

Cosa si chiede all’ATC?

Di guardare le cose per quello che sono, con la verità in faccia, e di risolvere questo dramma prima che si può e con tutte le armi a disposizione.

Perchè non si può tenere in un condominio in queste condizioni una donna che ha bisogno dell’ossigeno 24 ore al giorno e se l’ascensore non funziona rischia di morire.

Perchè non si può permettere di far vivere le persone in alloggi che al posto delle finestre hanno dei lucernari.

Perchè la galera è una cosa meritata, la civile abitazione è “civile” non per niente.

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