Si è aperto un acceso dibattito tra gli studiosi del Museo Egizio del Cairo riguardo alla teoria secondo la quale i faraoni dell'antico Egitto avrebbero avuto origine dalla Nubia e sarebbero stati di pelle nera. Questa teoria è fortemente contestata dall'egittologo Zahi Hawass, una delle figure più eminenti nel campo dell'egittologia, attualmente al centro dell'attenzione anche per la sua candidatura alla presidenza del Museo Egizio di Torino.
Hawass è noto per la sua posizione critica nei confronti delle teorie afrocentriche che sostengono che la civiltà egiziana sia stata profondamente influenzata o addirittura fondata da popolazioni di origine africana sub-sahariana. In una dichiarazione diffusa dall'ufficio stampa statale egiziano, Hawass ha affermato che "le affermazioni delle campagne afrocentriche sulla civiltà dell'antico Egitto sono bugie e informazioni fuorvianti". Ha voluto chiarire che la sua posizione non è in alcun modo razzista, sottolineando che "non siamo affatto contro i neri, ma siamo contro questo gruppo che è entrato nel Museo Egizio di piazza Tahrir per diffondere idee che non hanno alcun fondamento di verità".

Hawass ha spiegato che il Regno Nero di Kush, corrispondente all'odierna Nubia nel nord del Sudan, governò l'Egitto nel 500 avanti Cristo, ma questo dominio segnò la fine della civiltà faraonica piuttosto che il suo inizio. Secondo Hawass, il periodo di dominazione kushita non lasciò un impatto significativo sulla civiltà egiziana; al contrario, fu la cultura egiziana ad avere un'influenza duratura su quella kushita. Le raffigurazioni sui templi egiziani, risalenti dall'Antico Regno fino alla fine del Periodo Tardo, mostrano prigionieri e schiavi provenienti da varie parti dell'Africa, tra cui Libia, Siria e Palestina, davanti al re egiziano. "Osservandole," dice Hawass, "appare chiaro che i lineamenti del re egiziano sono completamente diversi e non mostrano alcuna caratteristica che suggerisca che avesse la pelle scura".
Il dibattito sulla teoria dei faraoni neri si inserisce in un contesto più ampio di discussioni sulle origini e le influenzedella civiltà egiziana. Il movimento afrocentrico, che sostiene l'importanza delle popolazioni africane nella storia mondiale, mira a riconoscere e valorizzare il contributo dei popoli africani alla civilizzazione. Tuttavia, le posizioni di Hawass e di altri studiosi dell'egittologia tradizionale tendono a respingere queste teorie, sostenendo che esse mancano di prove concrete e si basano su interpretazioni fuorvianti dei dati storici e archeologici.
Il confronto tra queste due visioni del passato egiziano non è solo una questione accademica, ma riflette anche una più ampia disputa culturale e identitaria. Da un lato, vi è il desiderio di alcuni gruppi afrocentrici di rivedere e riscrivere la storia per includere più pienamente le realizzazioni delle popolazioni africane. Dall'altro, c'è la resistenza di studiosi come Hawass, che vedono queste teorie come una distorsione della realtà storica consolidata.
La discussione ha anche implicazioni politiche e sociali, poiché tocca temi di identità nazionale e di orgoglio culturale. L'Egitto moderno, infatti, vede nella sua antica civiltà un elemento fondante della propria identità e del proprio prestigio internazionale. Per molti egiziani, l'idea che la civiltà dei faraoni possa essere attribuita a popolazioni esterne rappresenta una minaccia alla loro eredità culturale e storica.
La controversia continua a suscitare dibattiti appassionati e accesi in ambito accademico e oltre, con implicazioniche vanno ben oltre il semplice studio della storia antica. Come spesso accade, la ricerca della verità storica è influenzata non solo dai dati e dalle prove, ma anche dalle interpretazioni, dalle convinzioni personali e dalle dinamiche culturali e politiche del presente.
In conclusione, la questione dei faraoni neri e della loro possibile origine nubiana rimane un argomento di grande interesse e controversia. Mentre Zahi Hawass e altri studiosi dell'egittologia tradizionale continuano a respingere le teorie afrocentriche come infondate, il dibattito prosegue, alimentato da nuove scoperte e da una crescente attenzione verso la storia e la cultura delle popolazioni africane.
Lettera di 350 egittologi, 'Christillin resti all'Egizio'
"Chiediamo che la presidente venga confermata almeno fino alla fine dei lavori per il Bicentenario e che venga permesso al museo di continuare a lavorare al servizio dell'intera società, come ha fatto negli ultimi dieci anni".
Più di 350 egittologi si schierano a sostegno della permanenza di Evelina Christillin alla presidenza del Museo, in una lettera anticipata oggi dalla Stampa. Tra le firme ci sono quelle di Maurizio Harari, Gianluca Cuniberti, Stefano De Martino e autorità internazionali come John Baines, Salima Ikram, Tine Bagh e Dietrich Raue. Gli egittologi ricordano di essere già scesi in campo in difesa dell'Egizio un anno fa, quando l'assessore regionale di Fratelli d'Italia Maurizio Marrone aveva osservato che ci sono direttori più preparati di Christian Greco e la Lega ne aveva chiesto le dimissioni.
"Chiediamo con forza - affermano gli egittologi - che il Museo possa continuare a rappresentare un punto di riferimento nazionale e internazionale per egittologi, archeologi, ricercatori, scienziati, professori universitari e studenti. L'eccellente lavoro svolto dalla presidente Evelina Christillin, che coordina una squadra affiatata ed efficiente, ha reso il Museo Egizio un esempio per altre istituzioni, facendo in modo che divenisse un ponte e un canale di comunicazione importante tra l'Italia e quindi l'Europa, e l'Egitto". I
l Museo Egizio è chiuso al pubblico dal 17 giugno fino al 12 luglio per i lavori di ristrutturazione per il Bicentenario. Il 20 novembre si terrà l'inaugurazione con il presidente della Repubnblica Sergio Mattarella.

Zahi Hawass