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Verso le elezioni comunali
26 Maggio 2024 - 07:45
Andrea Corsaro e Roberto Scheda, candidati a sindaco di Vercelli
VERCELLI. L'instabile primavera del 2024 segna la fine della “pax destrorsa”, il consolidato sistema di potere che in questo primo quarto di secolo grazie al consenso degli elettori e agli accordi tra i maggiorenti ha permesso ai partiti del centrodestra - nelle loro varie denominazioni e formulazioni - di amministrare sia la Provincia che (salvo una parentesi Pd, a Palazzo Civico, tra il 2014 e il 2019) il Comune di Vercelli.
Nel Vercellese, infatti, la “seconda repubblica” è stata costantemente caratterizzata dalla prevalenza delle forze politiche che, avvicendandosi surfando sulle onde più o meno alte del favore popolare, ruotavano intorno al berlusconismo. Nella prima fase si distinse proprio Forza Italia, organizzata dai grandi rastrellatori di preferenze Roberto Rosso, Luca Pedrale e Lorenzo Piccioni; poi con il declinare del miliardario di Arcore i voti si sono spostati sulla Lega, che ha avuto il suo momento di maggior gloria con i valsesiani Gianluca Buonanno e Paolo Tiramani; infine con la destra post-missina, da Alleanza Nazionale a Fratelli d'Italia, che ha messo prima Renzo Masoero e poi Davide Gilardino a presiedere la Provincia, ha mandato Alberto Cortopassi in Regione e infine ha lanciato Emanuele Pozzolo a Montecitorio.
Molti di loro sono poi - come dire - “inciampati” in vicende giudiziarie che li hanno messi fuori gioco per qualche tempo, ma la panchina era comunque lunga: ad ogni svolazzar di avvisi di garanzia (o di arresti, in alcuni casi) la grande pancia della destra vercellese sfornava sempre qualcuno smanioso di sostituire chi veniva beccato con le mazzette nel cassetto della scrivania, o a comprar voti dagli 'ndranghetisti.
Il borgomastro. A Vercelli città, in ambito municipale, l'uomo della destra è stato, da vent'anni a questa parte, Andrea Corsaro. Avvocato che non ha mai manifestato ambizioni extracittadine: ha fatto il sindaco per quindici anni degli ultimi venti: tre mandati, e ambisce al quarto. Non ha mai voluto prendere tessere di partito, e questo suo ruolo “super partes” tra i litigiosi capataz della destra vercellese (a cui comunque, essendo uomo di mondo sensibile alle pressanti richieste, da capo dell'Amministrazione comunale ha sempre riservato posti forieri di cospicue prebende) è quello che gli ha permesso di galleggiare.
Fino a sei mesi fa sembrava non esserci alcun dubbio sulla sua quarta ricandidatura: anche perché in questa fase il partito più forte è Fratelli d'Italia, e a Vercelli fino al dicembre scorso dire Fratelli d'Italia significava dire Emanuele Pozzolo, segretario provinciale del partito, “figlioccio” di Corsaro, già suo assessore prima di assurgere agli scranni di Montecitorio, e soprattutto convinto assertore dell'inevitabilità della riproposizione del primo cittadino uscente; per tutto il 2023 Pozzolo è andato dichiarando che «non ci sono alternative: il candidato è Corsaro, è un ottimo sindaco, proseguirà il lavoro avviato».
Quel colpo nella notte. La granitica certezza di un Corsaro-quater è svanita tra la notte di Capodanno e la fine di gennaio. Il colpo di pistola partito dall'arma di Pozzolo nel salone della Pro Loco di Rosazza, e la successiva presa di distanza di Andrea Delmastro e dell'intero partito dall'onorevole col porto d'armi, ha escluso Pozzolo dalle manovre per le elezioni comunali. La trattativa si è spostata più in alto, a livello regionale e romano; l'accordo fra i tre partiti su una spartizione dei sindaci nei tre capoluoghi del Piemonte orientale che quest'anno vanno alle urne (a Biella un candidato di Fratelli d’Italia, a Verbania uno di Forza Italia e a Vercelli uno indicato dalla Lega) ha messo fuori gioco Corsaro, mai troppo amato dai salviniani vercellesi, soprattutto dopo la diaspora del gruppo consiliare di maggioranza migrato in gran parte verso il partito di Meloni. L'assunzione della difesa legale di Pozzolo, nell'indagine sui fatti di Capodanno, da parte dello stesso Corsaro ha poi indotto anche Fratelli d'Italia a mollare il sindaco uscente, mentre Forza Italia si guardava intorno mirando in primo luogo a mantenere l'unità della coalizione.
Il papa straniero. La Lega, a quel punto, si è trovata senza carte da giocare nella mano decisiva. Con un gruppo consiliare dimezzato dalla gestione di Gian Carlo Locarni, con il vicesindaco Massimo Simion nel frattempo transitato (meglio: tornato) in Forza Italia, con Alessandro Stecco - l'unico, tra i leghisti vercellesi, in grado di fare il sindaco - che ha anteposto la carriera professionale a quella politica, la Lega non aveva nessun credibile nome interno da proporre. E allora ha cercato il candidato fuori, all'opposizione, trovandolo nell'ottuagenario Roberto Scheda: che non faceva mistero del suo desiderio di coronare cinquant'anni di carriera politica sedendosi finalmente sulla poltrona di sindaco; l'operazione non gli era riuscita cinque anni fa con le liste civiche, né gli abboccamenti degli ultimi mesi con il Pd gli avevano dato il risultato sperato. Ecco quindi che, quando la Lega gli ha offerto la candidatura - con il sostegno di tutta la destra - su un piatto d'argento, non ha avuto remore nell'accettarla, ben sapendo che il suo nome avrebbe definitivamente fatto accantonare quello dell'«amico» Corsaro.
Quasi amici. Ufficializzata la candidatura Scheda, in città si è cominciato a sentire il fastidioso rumore delle unghie di chi cerca di arrampicarsi sui vetri. A chi gli rinfaccia d'esser nato socialista e finito col diventare l'alfiere della destra, Scheda risponde di sentirsi «un uomo libero e indipendente»; dimenticando di aggiungere che però, da indipendente, con le sole liste civiche non avrebbe mai preso più del 15%, e che quindi ora deve prestarsi alle photo opportunity con Salvini, Zangrillo e tutti i capoccioni della destra che passano da Vercelli. Parigi val bene una messa.
Impareggiabile, poi, la supercazzola della «continuità nella discontinuità», che ha fatto imbestialire i corsariani di stretta osservanza: l'unica continuità che interessa ai segretari vercellesi dei tre partiti è quella dei bonifici che arriveranno sui loro conti correnti quali indennità da assessore comunale o da consigliere d'amministrazione di Asm. Tengono tutti famiglia.
Lo stesso Corsaro, poi, di fronte alle rassicurazioni di Scheda sulla tenuta della loro «grande amicizia umana e professionale» («Andrea è un amico e una persona che stimo»), non s'è tenuto più, e ha replicato: «Anche chi in queste ore si manifesta come “amico” in realtà non lo è. Per me il sentimento dell'amicizia e della lealtà è un'altra cosa. Posso comprendere che ognuno mantenga la propria posizione, ma poi non si manifesti pubblicamente come “grande amico”».
Il tratto umano. Quel che è evidente è che la non appartenenza di Corsaro ad alcuno dei partiti di destra era un atout ed è divenuto un handicap. Corsaro per anni ha saputo tenere a bada gli appetiti dei leader dei partiti affidando loro ruoli ben retribuiti («mangiate e zitti»), ma la sua mancanza di condivisione di progetti e obiettivi - se non con la cerchia dei fedelissimi - e il suo carattere accentratore hanno fatto sì che, alla prima occasione, i partiti lo abbandonassero. Quando Antonio Prencipe, segretario provinciale di Forza Italia, dice di Scheda che «la sua capacità di saper interpretare con attenzione le reali necessità dei cittadini, il suo tratto umano, fanno di lui il sindaco ideale che Vercelli merita di avere», più che i pregi di Scheda descrive i difetti che a suo avviso ha avuto Corsaro, e i motivi per i quali lo salutano senza rimpianto: non è più lui «il sindaco ideale».
Buona la prima? Ora che anche Corsaro, scaricato dai partiti, si presenta a capo di una lista civica, la domanda principale di questa campagna elettorale per il Comune di Vercelli è: la lista Corsaro sarà in grado di impedire a Scheda - in una città in cui la destra parte indubbiamente in vantaggio - di diventare sindaco al primo turno? Questo è il punto: Scheda vince subito («Uniti si vince!» è il suo slogan) oppure Corsaro riesce a "rosicchiargli" una sufficiente quantità di voti per costringerlo al ballottaggio? E, in questa seconda ipotesi, i candidati rimasti fuori faranno convergere i loro voti sull'avversario di Scheda (che potrebbe essere il Pd Gabriele Bagnasco, o lo stesso Corsaro)? La partita si gioca qui, il resto è fuffa. Ne è perfettamente consapevole Scheda stesso, che nei vari incontri esorta i candidati delle sue liste: «con il nostro impegno possiamo vincere al primo turno». Anche perché, se si va al secondo, tutto può succedere.
Pietà l'è morta. Corsaro sorride sornione dai manifesti con lo slogan “La persona oltre la politica”, ma è chiaro che - dopo quel che è accaduto - intende “oltre i partiti”. Non lo dice esplicitamente perché sa che la vendetta è un piatto che va gustato freddo, ma a spiegarlo in camera caritatis sono i suoi, con il dente avvelenato: se riesce nel miracolo di non far indossare la fascia tricolore a Scheda, o addirittura di batterlo al ballottaggio, è evidente che poi per le segreterie vercellesi dei partiti di destra non avrà pietà: saranno asfaltate, per i prossimi cinque anni non toccheranno più la palla. Fine della reciproca sopportazione, fine delle prebende: parecchia gente che finora ha «vissuto di politica» dovrà cercarsi un lavoro.
Qui si parrà la tua nobilitate. Ecco quindi che, in forza di questa scissione - la fine della “pax destrorsa” - le comunali 2024 a Vercelli diventano un'ottima cartina al tornasole per saggiare chi davvero ha la capacità di eleggere il sindaco: i partiti di destra oppure i “poteri forti”? Finora - per convenienza reciproca - erano andati a braccetto, tanto da apparire sovente indistinguibili, ma ora si apre un bivio.
Da una parte Scheda che, oltre al carisma personale, ha alle spalle i suoi sostenitori di cinque anni fa (in buona parte finiti a rimpinguare l'esangue lista della Lega) le forze politiche “ufficiali”. Dall'altra Corsaro che - in maniera più esplicita che in passato: è sufficiente scorrere i nomi della sua lista - ha radunato il “sistema”: l'establishment, i corpi intermedi, i fuoriusciti (i clan di Tiramani e Pozzolo, anch'essi animati dalla voglia di rivalsa), l'ambientin da cui - più che dai partiti - il sindaco uscente ha avuto sostegno e con cui si trova a suo agio: l'Ascom, la Fondazione Crv, le associazioni e le istituzioni culturali (basta vedere quanto si sta agitando in queste settimane l'assessora Gianna Baucero), il mondo del "sociale", gli studi professionali, molti medici, avvocati e sedicenti intellettuali; la Vercelli che conta, insomma, la rete di comunanze e interessi tessuta in questi anni da Corsaro fuori dal Consiglio comunale. La domanda - a cui avremo risposta il 10 giugno - è: basterà?
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