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Il Capodanno dei Fratelli d'Italia
13 Aprile 2024 - 17:48
Il parlamentare vercellese Emanuele Pozzolo
VERCELLI. La Procura della Repubblica di Biella ha annunciato di aver chiuso, dopo poco più di tre mesi, le indagini sul colpo di pistola che la notte di Capodanno a Rosazza, nel Biellese, al termine di una festa nella sede della Pro Loco a cui partecipava anche il sottosegretario Andrea Delmastro (Fratelli d'Italia), ha ferito Luca Campana, genero del caposcorta del membro del Governo.
Il procuratore capo di Biella, Teresa Angela Camelio, ha chiesto il rinvio a giudizio di Emanuele Pozzolo, vercellese, deputato di Fratelli d'Italia (ora sospeso dal partito), per «lesioni colpose, porto illegale di arma da fuoco e di munizionamento in luogo pubblico o aperto al pubblico, omessa custodia di armi e accensioni/esplosioni pericolose».
Pistola da collezione. Innanzitutto, secondo la Procura, la North American Arms calibro 22 che ha sparato - pistola di proprietà di Pozzolo - «non poteva essere portata in luogo pubblico e aperto al pubblico, poiché detenuta esclusivamente in regime di collezione». Quindi Pozzolo quell'arma doveva tenerla a casa non portarla a una festa di Capodanno.
Proiettili da guerra. In secondo luogo, scrivono ancora gli inquirenti, nemmeno i proiettili inseriti nell'arma - marca Winchester calibro 22 “Hollow Point”, di tipo espansivo - erano regolari. La consulente della Procura, Raffaella Sorropago, nella sua perizia ha scritto “secondo la normativa vigente le munizioni con proiettile espansivo non possono essere usate per la difesa personale”. «Il munizionamento detenuto dall’onorevole al momento dello sparo - aggiunge la procuratrice Camelio - non poteva essere portato in luogo pubblico e/o aperto al pubblico poiché “espansivo” e, pertanto, rientrante nel munizionamento da guerra».
«Non sono stato io». E le «lesioni colpose»? Questo è il punto principale che l'inchiesta doveva chiarire. Chi le ha determinate? Cioè: chi ha sparato, ferendo Campana?
Pozzolo su questo punto è reticente. Quando è stato interrogato dai magistrati si è avvalso della facoltà di non rispondere; intanto continua a rilasciare interviste in cui critica il modo con cui la Procura ha svolto le indagini («in un'unica direzione, per dimostrare la mia colpevolezza») e si limita a dire «non sono stato io a sparare» e «la pistola non era in mano mia». Ma non dice mai - mai: né ai giornalisti che lo intervistano, né soprattutto agli inquirenti - chi è che aveva in mano la sua pistola quando è partito il colpo. Ed è per questo che rimane l'unico indagato: se non fa il nome, le indagini si concentrano su di lui, proprietario e detentore dell'arma che non doveva essere portata a quella festa.
Il deputato motiva il suo silenzio su questo punto fondamentale come reazione alle «continue fuoriuscite di notizie nell'ambito della Procura di Biella»: rileva infatti di aver letto estratti delle carte di indagine prima sui giornali che nei documenti messi a disposizione del suo avvocato.
Ora: su come la Procura abbia gestito la comunicazione in questi tre mesi (le “manine” che in corso d'indagine fanno avere notizie e documenti ai giornalisti) Pozzolo può avere anche qualche motivo di doglianza, ma deve ricordare che lui è un parlamentare della Repubblica, e che il fatto è accaduto in un contesto in cui c'era anche un sottosegretario con la scorta: la rilevanza pubblica dell'accaduto è fuori discussione. Se però, per qualche motivo ancora oscuro, Pozzolo continua non voler dire agli inquirenti chi è la persona che aveva in mano la sua pistola quando è partito lo sparo, deve rendersi conto che una parte della responsabilità sulle «indagini a senso unico» è anche sua. Anziché continuare a fare il “piangina” nelle interviste («ce l'hanno tutti con me»), perché non si presenta ai magistrati accompagnato dal suo avvocato Andrea Corsaro e non racconta come davvero sono andate le cose? Chi sta “coprendo”, e perché?
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