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Dal Parlamento

Il Giacosa di Ivrea e il teatrino civico di Chivasso adesso sono "monumenti nazionali"

La proposta di legge, approvata ieri alla Camera, dovrà ora passare all'esame del Senato

Teatro Giacosa e Palazzo Santa Chiara

Teatro Giacosa e Palazzo Santa Chiara

Sono 17, oltre al Regio di Torino e al Municipale di Casale Monferrato, i teatri del Piemonte che potranno considerarsi monumento nazionale, secondo la proposta di legge, approvata ieri alla Camera e che dovrà passare all'esame del Senato. Sono lo Juvarra di Torino, il Marenco di Ceva, il Milanollo di Savigliano, il Magda Oliveri di Saluzzo, l'Alfieri di Asti, il Sociale di Omegna, il Sociale di Biella, il Romualdo Marenco di Novi Ligure, il Toselli di Cuneo, il Civico di Tortona, il Coccia di Novara, il Faraggiana di Novara, il Sociale di Pinerolo, il Civico di Vercelli, il Civico di Trino, il Teatrino Civico di Chivasso e il Giacosa di Ivrea.

L'aula di Montecitorio ha approvato il testo, indicando un unico lungo elenco di teatri che da 46 passano a quota 408.

Superata l'impasse che si era creata in Aula quando, prima di Pasqua, dopo un braccio di ferro con le opposizioni si era stabilito di tornare in Comitato dei nove per cercare una sintesi per l'introduzione di una serie di criteri per la definizione dei teatri che potevano rientrare nell'elenco.

Il provvedimento, sostanzialmente riscritto con due emendamenti presentati dalla commissione Cultura presieduta da Federico Mollicone, passa ora al Senato.

Oltre al nuovo elenco che allarga enormemente il numero di teatri inclusi, prevede anche che possano essere dichiarati monumento nazionale "i teatri la cui edificazione risalga ad almeno 100 anni", quelli "la cui programmazione sia rivolta ad attività di spettacolo dal vivo con il concorso finanziario pubblico" e quelli "il cui edificio" sia stato riconosciuto di "interesse culturale".

"Vuoti riconoscimenti", protesta però l'opposizione che parla anche di misure ispirate ad un vero e proprio "marchettificio".

"Un'occasione perduta, un modo per svilire la cultura del nostro Paese" si indigna la deputata di Avs Francesca Ghirra.

"Oggi questa maggioranza sta scrivendo una pagina indegna del Parlamento italiano" protesta il 5 stelle Riccardo Ricciardi e il suo collega, attore, Gaetano Amato è quello che lancia l'accusa più grave: "Non riescono a concepire le istituzioni culturali come qualcosa di diverso da strumenti per fare marchette territoriali o per sistemare parenti e amici" dice.

Un'accusa irricevibile per il presidente FdI della Commissione, Mollicone: "Questo orribile vocabolo dovrebbe uscire dall'Aula" dice stigmatizzando l'atteggiamento dell'opposizione fatta di "maestri di tetrapiloctomia, che altro non è che l'arte di tagliare il capello in quattro, come diceva Eco".

Mollicone annuncia invece che "con il ministro Sangiuliano e il sottosegretario Mazzi" si lavora "per l'esercizio della delega sul Codice dello Spettacolo in cui il Parlamento sarà centrale. E stiamo lavorando per i progetti multidisciplinari: portando lo spettacolo dal vivo nelle aree archeologiche e nei musei, o rendendo i teatri luoghi di formazione. Non accettiamo lezioni da nessuno. Siamo la maggioranza ma siamo aperti e disponibili ad accettare il confronto e le proposte che non siano ostruzionistiche e pretenziose dell'opposizione".

Ma proprio sul fronte delle risorse per lo spettacolo, e in particolare per il cinema, il clima si fa sempre più rovente.

Il Pd accusa il governo di avere un atteggiamento "ostile" all'industria cinematografica e imputa ai ministri Giorgetti e Sangiuliano di volergli assestare "un doppio colpo mortale".

Spiega la capogruppo dem in commissione Cultura della Camera, Irene Manzi: "Nello stesso giorno in cui la sottosegretaria Borgonzoni ha anticipato il novo meccanismo di finanziamento dell'industria cinematografica del ministero che taglia i fondi, limiterà gli automatismi nel finanziamento, aumenterà i contributi selettivi e introdurrà norme a tutela dell'italianità delle produzioni, il ministro Giorgetti ha anticipato di voler limitare al massimo i crediti di imposta per sostituirli con contributi a singoli progetti di investimento. Siamo davanti a un doppio colpo mortale" per il settore. 

Il Teatro Giacosa di Ivrea

Teatro Giacosa

Nel 1829 l'amministrazione comunale di Ivrea affida all’architetto Maurizio Storero l’incarico di progettare un nuovo teatro cittadino. Storero sceglie di attinersi al modello, all'epoca di prassi, del cosiddetto "teatro all'italiana", consistente in una sala a ferro di cavallo con palchi sovrapposti distribuiti in tre ordini e sovrastati da un loggione. I lavori si svolgono tra il 1833 e il 1834 e portano alla luce un edificio dalla facciata in stile neoclassico presentante un ampio frontone rettangolare in cui viene dipinto lo stemma cittadino. Gli affreschi del soffitto, parzialmente conservatisi sino a oggi, ritraenti le Muse e Giove sul carro trionfale, vengono realizzati da Giuseppe Borra mentre il sipario principale e alcuni scenari da Luigi Vacca e Franco Sevesi, entrambe pittori legati alla corte sabauda.

Il Teatro Civico viene quindi inaugurato il 5 luglio 1834, in concomitanza della festa patronale di San Savino, con tre rappresentazioni liriche: Romeo e Giulietta, La gioventù di Enrico IV di Nicola Vaccaj e Il Nuovo Figaro di Luigi Ricci.

Da allora il teatro ha ospitato diverse compagnie di prosa, opera lirica, danza e operetta, accogliendo numerosi grandi personaggi del teatro italiano a cavallo tra Otto e Novecento, tra i quali Gustavo Modena, Eleonora Duse ed Ermete Novelli.

Su proposta di Salvator Gotta, nel 1922 il Teatro Civico viene intitolato a Giuseppe Giacosa con uno spettacolo rappresentato il 30 novembre.

Negli anni 30 il teatro viene sottoposto a diverse ristrutturazioni e viene addirittura chiuso nel periodo 1896-1897, cadendo così in una fase di declino sia dal punto di vista delle condizioni degli ambienti sia dal punto di vista artistico. L'edificio versa in condizioni tanto irrecuperabili da venire dichiarato inagibile nel 1942 ed essere addirittura adibito a magazzino militare, rimanendo quindi chiuso fino al 1958; in quest'anno Adriano Olivetti, all'epoca anche sindaco di Ivrea, lo riconsegna alla cittadinanza in seguito ad un rapidissimo intervento di restauro, inaugurandolo nuovamente il 13 dicembre di quell'anno con un concerto dell’Orchestra Sinfonica di Torino della RAI.

Per circa 25 anni il teatro conosce un’intensa attività artistica e vede il passaggio di artisti di prim'ordine come Tino Buazzelli, Aroldo Tieri, Valeria Moriconi, Valentina Cortese, Dario Fo, Raf Vallone, Adriana Asti, Salvo Randone, Franco Parenti, Corrado Pani, Giorgio Albertazzi, Anna Proclemer e Franco Branciaroli. Nel 1967 ospitò invece il convegno della neoavanguardia teatrale italiana.

L'introduzione di nuove norme in materia di sicurezza degli ambienti pubblici portano nuovamente alla chiusura del teatro, stato che si protrae sino al 1998 per motivi legati all'aumento dei costi dei lavori e a difficoltà di ordine politico e amministrativo.

Il teatro riapre quindi i battenti nella stagione 1999-2000, imponendosi nuovamente come uno dei teatri civici più attivi e innovativi di tutto il Piemonte.

Il Teatrino civico di Chivasso

Teatrino civico di Chivasso

L'accesso al Teatrino civico si trova al piano terreno di palazzo Santa Chiara, l'accesso è dalla porta al centro della facciata sotto il portico che entra in  un locale di passaggio che collega il chiostro incompiuto dell’ex convento con il cortile retrostante. 
Alla sinistra si trova il Teatrino Civico, fu ricavato dalla cappella interna dell’ex convento e fu inaugurato il 16 ottobre 1864 dalla compagnia chivassese dei Dilettanti Filodrammatici. 

Nel 1739 viene costruito, su progetto del Padre Gesuita architetto Antonio Falletti dei Marchesi di Barolo, il palazzo che avrebbe ospitato il convento delle Clarisse. Al piano terra, di fianco all’ingresso principale, sorgeva una cappella consacrata a Santa Chiara.

Nel 1834 il palazzo passa dalle Clarisse al Comune e subisce interventi di ristrutturazione ad opera del IX Reggimento di Fanteria: la cappella viene sconsacrata e, nel 1864, seguendo l’esempio di tantissime città di provincia, Chivasso ne decide la trasformazione in teatro su progetto dell’ingegner Fausto Gozzano, padre del poeta Guido.

Palazzo Santa Chiara, pur essendo nato come convento, per proporzioni ed eleganza ricorda una delle tante dimore sabaude sparse sul territorio piemontese, caratterizzate dalla presenza al loro interno del proprio teatrino di corte.

Proprio per questo motivo, durante le fasi di restauro del 2003 coordinate dall'arch. Donatella D'Angelo, a seguito di accurate ricerche storiche e d’archivioe di rilievi tecnici  sui paramenti lignei dei palchi e dei pilastrini che hanno rilevato delicate decorazioni a losanghe di varie tonalità cromatiche blu, oro e ocra, si è optato per la ripresa totale dei colori originali.

Questo ambiente è utilizzato per le stagioni teatrali,  spettacoli, concerti, riunioni e conferenze e matrimoni civili

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