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Torna l'incubo Asa per 51 Comuni del Canavese: bisogna rifare il processo d'Appello

C'è un buco da 35 milioni di euro e in primo grado le amministrazioni comunali erano state chiamate a ripianare il debito

Torna l'incubo Asa per 51 Comuni del Canavese: bisogna rifare il processo d'Appello

Ritornerà in Corte d'Appello la lunga vicenda del fallimento Asa, l'azienda pubblica multiservizi della quale erano soci oltre cinquanta Comuni del Canavese occidentale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso presentato dal commissario straordinario dell'azienda.

Cassata la sentenza di secondo grado che aveva escluso dal pagamento dei debiti gli enti pubblici.

Complessivamente si parla di un buco da sanare di oltre 35 milioni di euro. 

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Era del novembre 2019 la sentenza della Corte d'Appello di Torino che aveva stabilito che i Comuni non avrebbero dovuto tirar fuori un centesimo.

Erano state, così, rigettate le richieste risarcitorie formulate dal consorzio Asa in amministrazione straordinaria nei confronti dei Comuni soci dell'alto Canavese confermando la nullità del lodo arbitrale del 2016.

Per i giudici dell'Appello, le amministrazioni della zona non dovevano ripianare i debiti che avevano affossato il consorzio pubblico che, fino a qualche anno fa, si era occupato di raccolta rifiuti, acquedotto e opere stradali in 51 Comuni del Canavese.

Inizialmente, l'arbitrato tra i Comuni e il curatore fallimentare prevedeva che i primi dovessero rifondere il passivo accumulato dall'azienda nel periodo dal 2009 al 2013, ammontante a un considerevole totale di 74 milioni di euro. Una somma che avrebbe gravato pesantemente sui bilanci degli enti locali, rischiando di portare molti di essi al default finanziario.

Un gruppo di comuni aveva impugnato il Lodo, rifiutandosi di accettare passivamente il gravoso onere finanziario imposto loro. Grazie al pronunciamento del collegio arbitrale nel 2016, la somma dovuta è stata ridotta a 36 milioni di euro, ma ancora insostenibile per le casse comunali.

Gli amministratori locali hanno tentato invano di ottenere deroghe sia dal governo regionale che dallo Stato, cercando di evitare un debito che avrebbe messo a repentaglio la stabilità finanziaria dei loro territori.

Il ricorso in Appello presentato nel marzo del 2017 ha portato a una parziale vittoria per i comuni, che hanno ottenuto che la quantificazione del debito fosse affidata ai periti, limitatamente alle annate 2009 e 2010, portando così il debito attuale a 16 milioni di euro.

Tuttavia, con la recente sentenza della Corte di Cassazione, tutto potrebbe essere rimesso in discussione. Il pagamento di questa somma, qualunque sia l'esito dell'iter giudiziario, avrà sicuramente un impatto significativo sui bilanci dei comuni canavesani.

Ora, gli occhi sono puntati con speranza alla Corte d'Appello di Torino, dove si spera che verrà fatta luce su questa intricata vicenda, garantendo un futuro finanziario più stabile per le comunità coinvolte.

Nel 2013, i lavoratori Asa si erano barricati nel Comune di Castellamonte, nell'ufficio del vicesindaco, con taniche di benzina.

Chiedevano un incontro urgente con il Prefetto, il commissario straordinario, la Regione e la Provincia per sollecitare i pagamenti da parte dei comuni consorziati e valutare lo stato di avanzamento dell'approvazione dei piani finanziari con la nuova proprietà. Erano arrivati i carabinieri sequestrando immediatamente le taniche. 

Erano anni in cui ai 230 dipendenti di Asa era stato dimezzato lo stipendio. Poco dopo era stata depositata l'istanza di fallimento e da lì era iniziato un braccio di ferro tra l'azienda e i Comuni che tutt'ora non è terminato.  

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