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Europa
14 Marzo 2024 - 21:42
In pochi anni tra 5,5 e 7,6 milioni di edifici tra privati pubblici che sono in condizioni energetiche scadenti dovranno essere riqualificati in Italia.
Oscillano le stime fornite da Fillea Cgil e Unimpresa per gli immobili nelle classi più basse (F e G), all'indomani del via libera alla Direttiva europea sulle case green che punta a ridurre le emissioni di gas serra e il consumo di energia per portare il settore a zero emissioni al 2050.
Unimpresa valuta che la spesa per ristrutturare tre abitazioni su cinque è di 270 miliardi. E' un intervento che "va valutato con molta cautela - avverte il ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto - perché alcuni step di vincolo al 2030 e al 2040 sono di difficile raggiungimento per il nostro paese, con immobili datati e per la proprietà diffusa".
Bisognerà quindi fare "una scala di priorità degli interventi che vanno dalle pompe di calore al doppio vetro e con una programmazione" ha aggiunto il ministro sottolineando che la direttiva "è un vincolo di Stato, non per i singoli".
E lo Stato avrà due anni di tempo. La direttiva "non pone obblighi diretti per i proprietari", rivendica Confedilizia chiedendo al governo che nella prossima legislatura europea si migliori il testo. Il Codacons calcola che gli interventi di riqualificazione energetica hanno un costo medio tra 35mila e 60mila euro ad abitazione; solo per la sostituzione della caldaia con una di nuova generazione la spesa può arrivare a 16mila euro.
Il sindacato degli inquilini Sunia osserva che "non sarà un'operazione indolore per migliaia di famiglie, in gran parte con redditi non adeguati. Per questo chiede di "attivare vere politiche di sostegno soprattutto per le famiglie meno abbienti e verso gli Enti che gestiscono i patrimoni di edilizia residenziale in locazione".
Il dg dell'Abi Giovanni Sabatini ritiene "fondamentale che la regolamentazione agevoli la tipologia di mutui verdi", finalizzati all'acquisto di abitazioni con elevate prestazioni energetiche o alla riqualificazione energetica degli immobili di proprietà e chiede che siano resi pubblici i dati sulla classe degli edifici.
Critiche alla direttiva sono arrivate, tra le altre, dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana secondo cui "è una follia inaccettabile, soprattutto che non si tenga conto della realtà dei diversi Paesi e della realtà sociale" visto che "una gran parte della nostra società non può rispettare questi termini".
La Regione Lombardia nel 2023 "ha investito 12 milioni di euro per consentire a oltre 3.000 famiglie di sostituire gli impianti termici più inquinanti" ha spiegato l'assessore all'Ambiente Giorgio Maione rilevando che alla luce del successo "nel 2024 raddoppiano la cifra".
Il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti, assicura l'impegno per "non impattare sulle tasche degli italiani", criticando la direttiva come un "testo che ricalca le follie estreme d'impronta ambientalista, regalo di addio del commissario olandese, Frans Timmermans".
Per il leader di Azione Carlo Calenda è "l'ennesima direttiva impraticabile che comporterebbe una spesa di quasi 600 miliardi da qui al 2030 (circa 86 miliardi all'anno). Quasi fosse un Superbonus mascherato". A proposito di Superbonus, supera i 114,43 miliardi la spesa complessiva a carico dello Stato per le detrazioni maturate per i lavori conclusi a febbraio con gli incentivi.
A fine febbraio erano stati ammessi a detrazione lavori per 104,455 miliardi circa; in totale hanno riguardato 480.815 edifici. Plaude invece alla direttiva Patrizia Toia, europarlamentare del Pd, secondo cui i vantaggi saranno su bollette, salute e sul conto che paghiamo importando gas oltre al rilancio per l'edilizia e tutto l'artigianato.
Per la co-portavoce dei giovani Verdi europei Benedetta Scuderi, la direttiva avvia "una stagione di transizione ecologica giusta a partire dalle case".
Per Assoimmobiliare "la transizione green del patrimonio immobiliare è un percorso ineludibile che va affrontato con soluzioni di lungo periodo e una politica industriale organica per tutta la filiera".
L’efficientamento energetico degli edifici, attraverso la ristrutturazione degli stabili meno performanti, rappresenta uno degli strumenti più efficienti per ridurre le immissioni nocive da idrocarburi.
Nel nostro Paese, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (meglio conosciuto come “PNIEC”) in attuazione di quanto stabilito nella Componente 3 della Missione 2 del PNRR, “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”, si pone obiettivi ambiziosi proprio in termini di riqualificazione edilizia, al fine di contenere le dispersioni di calore, ridurre i consumi ed ottimizzare l’uso delle fonti rinnovabili.
Nell’ambito delle iniziative che compongono la Missione 2, oltre alla riduzione dei consumi, da cui consegue l’abbattimento delle emissioni di CO2, sono rilevanti anche le misure per contenere il rischio sismico (che nel nostro Paese particolarmente elevato) e migliorare le condizioni dei centri abitati, contrastando, in maniera incidente, la povertà energetica.
In quest’ottica, la citata Componente 3, si pone alcuni obiettivi specifici:
In quest’ottica, ben si inserisce la Direttiva casa green, più correttamente Direttiva “Energy Performance of Buildings Directive”, approvata nella seduta plenaria del Parlamento Europeo del 12 marzo, che tanto spazio ha dedicato alla ristrutturazione, a fini energetici, del patrimonio edilizio italiano.
Di seguito, le misure adottate in attuazione dei dettami provenienti dalle politiche energetiche di matrice europeista, che trovano la loro origine nel più ampio programma denominato “Fit For 55”.
Si tratta di quel pacchetto di riforme che è stato adottato dalla Commissione europea nel 2021 e che fa parte, a sua volta, del piano europeo del “Green Deal”, che impone il raggiungimento della neutralità energetica sul territorio europeo entro il 2050:
Sussiste, inoltre, un vincolo ulteriore, in quanto la maggior parte delle ristrutturazioni dovrà avere ad oggetto esclusivamente il 43% del totale degli immobili meno performanti, al fine di evitare il ricorso indiscriminato, e non mirato, alla ristrutturazione degli immobili nuovi, già in buono stato manutentivo.
Infine, due ultime prescrizioni degne di nota:
In ogni caso, infine, entro il 2050 l’intero patrimonio edilizio esistente dovrà essere a emissioni zero.
Tra le aziende che più si stanno distinguendo nel settore green, troviamo Freisa Alluminio. Il percorso è iniziato più di 10 anni fa con l’ottenimento della Certificazione Ambientale di Prodotto EPD® e la nascita della Gamma Neo e si proietta adesso, dopo un lungo e complesso iter, verso l’imminente conseguimento dell’ambita Certificazione di Prodotto Cradle to Cradle, anche in questo caso per primi, come azienda italiana del settore, che definisce lo standard globale per prodotti sicuri, circolari e realizzati in modo responsabile.
Ma la sostenibilità per Fresia Alluminio si compone di molteplici tasselli tra cui anche quello della carbon footprint (impronta di carbonio), di cui sentiamo parlare sempre più spesso in quanto è uno degli indicatori principali per comprendere come raggiungere la neutralità climatica richiesta dall’Europa entro il 2050. La carbon footprint indica infatti la quantità totale di gas ad effetto serra, espressa generalmente in tonnellate di CO2 emessa nell’atmosfera, sia direttamente che indirettamente, da un prodotto, un servizio o un’organizzazione, in tutto il ciclo di vita.
Il settore delle costruzioni, secondo le recenti analisi della Commissione Europea, è responsabile del 40% della domanda dell’energia primaria nell’Unione Europea e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra. Nello specifico in Italia queste percentuali sono del 27,9% e del 24,2%.
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