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Torino

Anni di piombo, riaperto il caso della Cascina Spiotta: quattro ex brigatisti accusati di omicidio

Dovranno rispondere della morte di un carabiniere e del sequestro di Vittorio Vittorino Gancia nel 1975

Anni di piombo, riaperto il caso della Cascina Spiotta: quattro ex brigatisti accusati di omicidio

Un’ombra inquietante si allunga sul passato e riapre le ferite di una delle pagine più drammatiche della storia d’Italia. Quella degli anni di piombo, quando le Brigate Rosse seminavano morte e terrore con le loro azioni armate.

A quasi mezzo secolo di distanza, quattro ex brigatisti, tra cui due dei fondatori e capi storici dell’organizzazione terroristica, dovranno rispondere di uno dei primi e più sanguinosi episodi di quella stagione di violenza: lo scontro a fuoco del 1975 alla Cascina Spiotta, nell’Alessandrino, dove persero la vita la brigatista Margherita “Mara” Cagol, moglie di Renato Curcio, e l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, che partecipava al blitz per liberare l’imprenditore vinicolo Vittorio Vittorino Gancia, sequestrato il giorno prima.

La procura di Torino, guidata da Paolo Borgna, ha chiuso le indagini e notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a Renato Curcio, 83 anni, Mario Moretti, 78 anni, Lauro Azzolini, 81 anni, e Pierluigi Zuffada, 78 anni.

A sinistra la Cascina Spiotta teatro della morte di Mara Cagol e del carabiniere D’Alfonso; a destra Lauro Azzolini

A sinistra la Cascina Spiotta teatro della morte di Mara Cagol e del carabiniere D’Alfonso; a destra Lauro Azzolini

Sono tutti accusati di concorso in omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e dalla finalità di terrorismo per la morte del carabiniere D’Alfonso, mentre solo Azzolini è accusato anche di tentato omicidio per le gravi ferite riportate da altri due militari dell’Arma, il tenente Umberto Rocca, che perse un braccio e un occhio, e il maresciallo Rosario Cattafi.

Secondo la ricostruzione della Dda, coordinata dal procuratore aggiunto Emilio Gatti e dai pm Giancarlo Novelli e Marco Gianoglio, Curcio e Moretti furono i mandanti e gli organizzatori del sequestro di Gancia, che aveva lo scopo di ottenere un riscatto di un miliardo di lire per autofinanziare le Brigate Rosse.

Azzolini e Zuffada, invece, furono tra i militanti che parteciparono all’azione, insieme alla Cagol e a Massimo Maraschi, che fu l’unico condannato per il caso nel 1987. Azzolini, in particolare, sarebbe stato il brigatista che riuscì a fuggire dopo aver lanciato una bomba a mano contro i carabinieri, mentre la Cagol fu uccisa da una raffica di mitra.

Né Curcio né Moretti erano presenti alla cascina Spiotta, ma secondo la procura furono loro a pianificare il rapimento e a dare le direttive ai militanti, come risulterebbe da un opuscolo ritrovato a Milano nel 1975, in cui si leggeva: “Se avvistate il nemico sganciatevi, se siete colti di sorpresa ingaggiate un conflitto”.

Entrambi hanno sempre negato il loro coinvolgimento nel caso e hanno respinto le accuse. Curcio, quando fu interrogato, sostenne di essere stato tagliato fuori da qualsiasi progetto, in quanto era da poco evaso di prigione e doveva restare nascosto. Moretti, invece, non si è mai presentato davanti ai magistrati e ha fatto sapere di non voler collaborare con la giustizia.

L’indagine, svolta dai carabinieri del Ros, è stata riaperta nel 2021 dopo un esposto presentato da Bruno D’Alfonso, il figlio dell’appuntato ucciso, che chiedeva di fare luce sull’identità del brigatista fuggitivo.

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Torino, Giuseppe Marasco, ha accolto la richiesta e ha revocato la sentenza di proscioglimento di Azzolini, emessa nel 1987 dal tribunale di Alessandria e poi andata distrutta durante l’alluvione del 1994. Il gip ha ritenuto che ci fossero nuovi elementi di prova, tra cui le impronte digitali di Azzolini e Zuffada su una relazione interna alle Br che descriveva gli sviluppi del sequestro e dello scontro a fuoco.

L’avvocato di Azzolini, Davide Stecanella, ha contestato la decisione del gip e ha sottolineato che il suo assistito ha sempre proclamato la sua estraneità ai fatti. “Non abbiamo niente da temere - ha dichiarato - ma vogliamo sapere se in Italia è possibile revocare una sentenza di proscioglimento senza averla letta: questo è il grande mistero”. Il legale di Bruno D’Alfonso, Sergio Favretto, ha invece elogiato il “lavoro molto puntuale” da parte di magistrati e carabinieri, ma ha anche fatto presente che “la vulnerabilità di questa indagine è il tempo”. Il figlio del carabiniere, che ha seguito le orme del padre diventando luogotenente dell’Arma, ha detto di voler “portare avanti la battaglia per la verità e la giustizia” e di sperare in un processo “rapido ed equo”.

Il caso di cascina Spiotta ha avuto profonde ripercussioni per la storia delle Brigate Rosse e per il clima politico e sociale dell’epoca. Fu il primo sequestro di persona compiuto dall’organizzazione terroristica, che inaugurò la pratica dell’estorsione per finanziarsi. Fu anche il primo scontro a fuoco con le forze dell’ordine, che segnò il passaggio a una fase più cruenta della lotta armata. E fu infine la morte della Cagol, una delle figure più carismatiche e influenti delle Br, che esacerbò il risentimento e la violenza del gruppo e che diede il via alla cosiddetta “offensiva di primavera”, una serie di attentati contro magistrati, giornalisti e politici, culminata nel rapimento e nell’uccisione di Aldo Moro nel 1978.

Dopo la sparatoria alla Cascina Spiotta, che avvenne il 5 giugno 1975, si verificarono i seguenti fatti:

Brigate Rosse e Anni di piombo

Le Brigate Rosse erano un’organizzazione terroristica italiana di estrema sinistra, attiva tra il 1970 e il 1988, che voleva instaurare il comunismo in Italia attraverso la lotta armata. Furono responsabili di numerosi attentati, sequestri, omicidi e rapine, tra cui il rapimento e l’uccisione del leader democristiano Aldo Moro nel 1978. I loro capi storici erano Renato Curcio, Mario Moretti, Alberto Franceschini e altri. Molti di loro furono arrestati o pentiti, mentre alcuni sono ancora latitanti.

Gli anni di piombo sono stati caratterizzati da numerosi episodi di violenza politica, sia di matrice di destra che di sinistra, che hanno causato centinaia di morti e feriti tra civili, forze dell’ordine, terroristi e manifestanti. Tra gli episodi più gravi si possono ricordare:

Questi sono solo alcuni degli episodi più noti e tragici degli anni di piombo, che hanno segnato la storia e la memoria dell’Italia.

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