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Torino
17 Febbraio 2024 - 18:13
"Avevo un giorno e mezzo di vita davanti, quindi sono passato dalla certezza di morire a essere qui a parlare".Sono le prime parole con cui un uomo di 56 anni di Torino racconta di essere sopravvissuto grazie a un trapianto sequenziale all'ospedale Molinette della Città della salute di Torino, in collaborazione con il Gemelli di Roma.
Prima ha ricevuto quello di microbiota fecale, poi quello di fegato. Affetto dalla nascita da malattia policistica con interessamento epatico e ai reni, è ora in convalescenza a casa ed è in corso il suo recupero nutrizionale e motorio dopo 120 giorni di percorso.
Un iter che ha già ricevuto un riconoscimento dalla letteratura scientifica internazionale, essendo stato pubblicato sulla rivista Transplant Infectious Disease.
"Ho sempre avuto problemi di policistica a reni e fegato e sono sempre stato sotto cura e sovrappeso, oltre i 100 chilogrammi - spiega Roberto (nome di fantasia) - poi ho dovuto fare un intervento a un ginocchio e sembrava essere andato tutto bene, ma dopo tre settimane sono iniziati i problemi: ittero, infezioni intestinali. Sono rimasto a letto quattro mesi e sono finito in ospedale, ma non riuscivano a farmi migliorare, finché non mi hanno mandato in terapia intensiva alle Molinette".
Il paziente era all'ospedale Martini di Torino, perché costretto alla dialisi e il fegato era completamente avvolto da cisti e questo comportava una denutrizione e la colonizzazione intestinale da parte di batteri resistenti a qualunque terapia antibiotica.
Lo scorso agosto l'aggravarsi delle condizioni ha costretto al trasferimento nella Terapia intensiva epatologica dell'ospedale Molinette, dove gli è stato proposto il trapianto del fegato. Il successo però era condizionato dal riuscire a contrastare i batteri fecali resistenti agli antibiotici che avevano colonizzato l'intestino.
È stato fatto attraverso il trapianto fecale, cento giorni esatti dall'arrivo alle Molinette, e ciò ha consentito di inserire il paziente nella lista trapianti in elevata priorità.
"Le 50 pastiglie di materiale fecale trattato da prendere per poter fare il trapianto di fegato, non sono state una passeggiata ma hanno fatto in modo che non mi pesasse e sono sopravvissuto" sottolinea Roberto, riferendosi al trapianto di microbiota. "Il trapianto di microbiota - ha spiegato Renato Romagnoli, direttore del Centro Trapianto Fegato di Torino dell'ospedale Molinette della Città della salute di Torino - è stato possibile grazie al lavoro e ai risultati tecnici in questo campo del Policlinico Gemelli di Roma, perché per questo paziente sarebbe stata impossibile la somministrazione con colonscopia, troppo a rischio sepsi. L'unica via era quindi un donatore di microbiota, sano, in modo che tutto l'insieme di organismi di questa persona sana potesse sostituire quello del paziente. E il donatore è arrivato attraverso il Gemelli".
"Adesso sono anche dimagrito - racconta il paziente - sono sui 70 chilogrammi e praticamente i miei vestiti e le mie scarpe sembrano di un altro. Riesco già ad alzarmi da solo, nonostante il ginocchio, a cui dovrò rifare l'operazione, perché la protesi si è sganciata. Dal trapianto sono venuto a casa prima di Natale e ogni giorno sento la differenza in meglio. Ho moglie e figlia che mi coccolano e mi portano ovunque, sono sempre state vicino a me, sono venute ogni giorno in ospedale".
"Al di là dell'uso compassionevole in deroga fatto in questo caso, con tutto l'iter di autorizzazioni che è stato necessario richiedere - sottolinea Romagnoli - dovrebbe essere organizzato uno studio clinico per poterla far diventare una prassi ordinaria."
"Farne una prassi, dal momento che grazie al Gemelli la tecnologia per preparare il microbiota sano c'è - conclude - può cambiare il futuro di tanti trapianti".
Per la prima volta al mondo una strategia di trapianto sequenziale, prima di microbiota fecale e poi di fegato, ha consentito di salvare la vita ad un uomo di 56 anni, affetto dalla nascita da malattia policistica con interessamento epatico e renale.
Una maratona lunga 120 giorni, gestita dai medici dell'ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, in collaborazione con i colleghi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma.
Nell'agosto scorso il paziente era stato trasferito dalla Nefrologia dell’ospedale Martini di Torino presso la Terapia Intensiva Epatologica dell'ospedale Molinette (diretta dal dottor Antonio Ottobrelli) a seguito di scompenso ascitico e stato settico. La malattia policistica negli anni aveva gravemente danneggiato la funzionalità renale fino alla necessità di dialisi,ed il notevole ingombro addominale, determinato da un fegato completamente sostituito da cisti ed arrivato a pesare circa 15 Kg, condizionava un grave stato di denutrizione, lo sviluppo di versamento liquido in addome e la colonizzazione intestinale da parte di batteri resistenti a qualunque terapia antibiotica ad oggi disponibile.
In considerazione delle gravi condizioni cliniche, il Direttore del Centro Trapianto Fegato di Torino, professor Renato Romagnoli, ed il Direttore del Centro Trapianto Rene, professor Luigi Biancone, avevano concordato di dare priorità di trapianto all’organo salvavita, ossia al fegato, posponendo il trapianto di rene in un secondo momento.
La colonizzazione intestinale da batteri resistenti alle terapie antibiotiche, in considerazione delle comorbidità da cui era affetto il paziente, rischiava tuttavia di rendere futile anche il trapianto di fegato, stante l’alto rischio di infezioni incurabili nell’immediato post-trapianto.
La dottoressa Silvia Martini della Terapia Intensiva Epatologica ed il professor Renato Romagnoli hanno pertanto contattato il Direttore della Medicina Interna e Gastroenterologia e del Centro Malattie dell’Apparato Digerente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, professor Antonio Gasbarrini, pioniere in Italia, con i professori Gianluca Ianiro e Giovanni Cammarota, del trapianto di microbiota fecale ed autore delle Linee guida internazionali sul trapianto di feci. I colleghi hanno prontamente offerto la loro disponibilità a procedere con il trapianto di feci in capsule, con una possibilità di successo in circa 2 casi su 3 nella decolonizzazione dell’intestino da batteri altrimenti ad oggi intrattabili.
Con la preliminare autorizzazione del Direttore Sanitario dell'ospedale Molinette, dottor Antonio Scarmozzino, il Centro Regionale Trapianti del Piemonte (diretto dal dottor Federico Genzano Besso) ha ottenuto parere favorevole dal Direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT) di Roma, dottor Massimo Cardillo, al trapianto di feci in deroga mediante l’assunzione di capsule per via orale, unica via di somministrazione possibile considerato il notevole ingombro addominale che controindicava la classica somministrazione per via colonscopica.
Il Comitato etico della Fondazione Policlinico Gemelli ha espresso a sua volta parere favorevole. Interpellata favorevolmente la Commissione Farmaceutica interna della Città della Salute, con firma del Direttore sanitario dottor Lorenzo Angelone, nel novembre scorso il professor Gianluca Ianiro, organizzata in poche ore la trasferta da Roma, ha somministrato al paziente degente alle Molinette 50 capsule di microbiota intestinale, preparate presso la Microbiologia della Fondazione Policlinico Gemelli.
La riduzione della carica batterica colonizzante l’intestino, documentata dai colleghi della Microbiologia dell'ospedale Molinette (diretta dalla professoressa Cristina Costa) ha consentito di attivare in lista trapianto fegato il paziente esattamente 12 giorni dopo il trapianto di microbiota fecale. Da sottolineare l'elevata priorità in lista fegato concessa dal CNT, al fine di sfruttare la finestra trapiantologica apertasi con la riduzione della carica batterica intestinale.
A fine novembre, grazie alla generosità di una famiglia italiana che ha donato il fegato del caro congiunto defunto, il paziente, esattamente a 100 giorni dall’inizio del ricovero alle Molinette, è entrato in sala operatoria.
Il trapianto di fegato ad elevatissima complessità tecnica è stato effettuato dal Direttore del Centro Trapianto Fegato di Torino, professor Renato Romagnoli, insieme con il suo staff medico, chirurgico ed infermieristico, in circolazione extracorporea con la collaborazione della Cardiochirurgia (diretta dal professor Mauro Rinaldi) e degli anestesisti della Anestesia e Rianimazione 2 (diretti dal dottor Roberto Balagna).
Durante il trapianto è stata necessaria la trasfusione di 18 unità di globuli rossi e di altrettante di plasma fresco provenienti dalla Banca del sangue e Immunoematologia della Città della Salute di Torino (diretta dal dottor Marco Lorenzi). E' doveroso ricordare come la donazione di sangue sia indispensabile per l'attività trapianto. Per consentire gli oltre 4000 trapianti di fegato sinora effettuati a Torino si è reso infatti necessario un pool di oltre 150.000 persone che in silenzio e con grande generosità hanno donato il loro sangue.
Il decorso post-operatorio del trapianto di fegato è stato scevro da complicanze maggiori, in particolare non si sono verificate infezioni di sorta. Dopo solo 20 giorni dal trapianto di fegato (e ben 120 giorni dal suo ingresso alle Molinette), il paziente è rientrato a casa, avendo anche ripreso una funzione renale tale da non necessitare per ora di dialisi. Il paziente, supportato con amore dalle straordinarie moglie e figlia, è adesso in piena fase di recupero nutrizionale e motorio ed è stato scongiurato il rischio di infezione da batteri intrattabili nel post-trapianto fegato.
Il caso clinico ha già ricevuto il primo riconoscimento nella letteratura scientifica internazionale, essendo stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Transplant Infectious Disease.
"Ancora una volta siamo orgogliosi di rendere pubblica una collaborazione tra Policlinici italiani su un gravissimo caso clinico risolto con una soluzione sanitaria all'avanguardia e senza precedenti" dichiara il dottor Giovanni La Valle (Direttore generale Città della Salute di Torino).
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